A cura di Claudio Giuliani
Il tour dei Satyricon per la promozione del nuovo album “The Age Of Nero” tocca anche Roma, la città più amata da Satyr nel mondo. Orfani dei thrasher Evile, che hanno abbandonato a metà tour per via dell’infortunio di uno dei chitarristi, la band norvegese ha fornito il solito, granitico show, presentando dal loro ultimo CD ben cinque nuovi brani che hanno riscosso grande successo. La loro miscela di riff ipnotici, mista ad un drumming potente come pochi al mondo e guarnita con una delle voci migliori del black metal, ha scosso Roma. E poi Satyr si è dimostrato molto compiaciuto del concerto, abbandonandosi persino ad un “ma che suoniamo a fare in Germania? Dobbiamo sempre suonare qui in Italia!”, seguito da un “il mio mestiere è viaggiare per suonare, quindi quando sono libero voglio stare a casa. L’unico posto che mi spinge a viaggiare quando sono a riposo è Roma, la città più bella del mondo e con la quale la band ha un forte legame”. Frasi che hanno mandato in visibilio la folla che si è accalcata all’Alpheus di Roma. Bravini anche gli Zonaria, giovani svedesi cui è toccato il gravoso compito di aprire il concerto organizzato dalla Live e dalla Kick Agency. A voi il reportage!
ZONARIA
La giovanissima band svedese (età media sui vent’anni, ad un primo sguardo) ha il gravoso compito di aprire per gli headliner, per di più il quartetto non è famosissimo anche se il nuovo album “The Cancer Empire” è risultato valido su diversi fronti. Però, come da facile previsione, la bontà qualitativa del nuovo CD non è resa in sede live come ci si aspetterebbe: i suoni non sono eccelsi e oltretutto la band è confinata in pochi metri quadri visto che la batteria di Frost dei Satyricon è protetta come un monumento. Il death/black melodico dei nostri (che si avvalgono delle partiture di tastiere in sede live eseguite dal computer) è comunque abbastanza d’impatto. Una velocissima “Praise The Eradication” apre il concerto scatenando l’headbanging dei musicisti e anche di qualche fan, di seguito vengono eseguite “Crowning King Cancer”, “Contra Mundum” e “At War With The Inferior” (per la quale è stato girato anche un video), tutte estratte dal recente “The Cancer Empire” edito da Century Media. Un paio di pezzi dal primo album completano la setlist per una quarantina di minuti di concerto, il locale ora è pieno e gli Zonaria vengono dimenticati in fretta. Un “olè” prolungato accoglie lo smantellamento del telo di protezione che copre la batteria di Frost, grande quasi come l’Altare della Patria di Piazza Venezia. E’ già tempo di Satyricon.
SATYRICON
L’entrata sul palco del gruppo è accompagnata dall’ovazione della folla. Satyr è sicuramente il black metaller più elegante della scena e Frost nella sua band fa la figura dell’ultimo dei mohicani, unico a resistere dietro le pelli con il face-painting. Una breve introduzione lancia “Rapined Bastard Nation” ed è subito caos, specie con i giochi di luci sapientemente dosati. L’attesa per le canzoni del nuovo album viene subito spezzata: “The Wolfpack”, una delle migliori di “The Age Of Nero”, compare subito e si dimostra compatta come uno dei classici degli ultimi anni dei norvegesi. Satyr ricorda che mancavano a Roma da otto anni, fin dal tour di “Rebel Extravaganza”, e così “Havoc Vulture” si materializza nella sua possanza a rinverdire gli anni più estremi del quintetto. Dal nuovo album vengono estratte anche la canzone di guerra “Commando”, “The Sign Of The Trident” e “Die By My Hand”. Queste composizioni dal vivo assumono maggior potenza che sull’album, merito del drumming di Frost, assolutamente avvolgente, e dei riff ipnotici (trademark degli ultimi anni dei Satyricon) che catturano inevitabilmente la folla. Viene ripescata una velocissima “Forhekset” mentre il gran finale è per la punk rock song “Fuel For Hatred”, che viene eseguita dopo “K.I.N.G.”. Viene riproposta addirittura una “Walk The Path Of Sorrow” datata 1993 che permette ai presenti di constatare i progressi tecnici compiuti dalla band (Satyr la scrisse quando aveva sedici anni). Questo il bis, i Satyricon vanno via ma tornano subito per il tris, ovvero per proporre una “Mother North” da brividi invocata praticamente per tutto il concerto. Satyr si inginocchia di fronte al pubblico romano e saluta commosso, la sua band cresce sempre di più, il suo look non sarà ortodosso per gli oltranzisti del genere ma la musica alla fine mette d’accordo tutti.
Scaletta:
Rapined Bastard Nation
The Wolpack
Now Diabolical
Havoc Vulture
Black Crow On A Tombstone
Forhekset
Commando
Walk The Path Of Sorrow
The Sign Of The Trident
Die By My Hand
The Pentagram Burns
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K.I.N.G.
Fuel For Hatred
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Mother North