A cura di Fabio Galli
C’erano veramente poche scuse per perdersi questa nuova calata italica degli inossidabili Saxon. La scelta di spostare la location all’Alcatraz nel fine settimana, con il traffico praticamente azzerato, lasciava intendere una massiccia affluenza di pubblico anche se, di fatto, il numero di persone presente è stata decisamente sotto le nostre aspettative. Non deve aver aiutato l’affluenza la scelta di affiancare ai Saxon due band giovanissime e poco conosciute come i Vanderbuyst e i Crimes of Passion. Fortunatamente, chi è intervenuto, ed arrivato in tempo per l’inizio del concerto, ha potuto intrattenersi con un buon antipasto di metal classico che ha reso meno estenuante l’attesa dello show della band inglese. Il nuovo tour dei Saxon annuncia l’arrivo di un nuovo album in carriera, il diciannoversimo per l’esattezza: chi nell’heavy metal si può fregiare di una discografia così sconfinata? Pochi (nessuno?), considerando anche la qualità media dei singoli episodi partoriti dalla band originaria dello South Yorkshire. Entriamo con buon anticipo all’Alcatraz e superate da poco le 19 si spengono le luci, annunciando l’ingresso sul palco dei giovani Vanderbuyst.
VANDERBUYST
Vanderbuyst, ovvero la vera sorpresa della serata: bastano pochi secondi a questi tre giovani ragazzi olandesi per salire sul palco e calamitare a sé l’attenzione di tutti i presenti. Attitudine, sfrontatezza, competenza tecnica e soprattutto un lotto di canzoni validissime rappresentano un poker d’assi a cui davvero è impossibile resistere: le radici del terzetto pescano a piene mani dalla NWOBHM, con una sezione ritmica pulsante e delle melodie che penetrano istantaneamente nella mente. Assoluto protagonista della serata il riccioluto chitarrista della formazione, autentico mattatore del palco tra pose eighties e assoli dal ricercato gusto melodico. Non da meno la tellurica sezione ritmica, diligente nel seguire la lezione impartita da Steve Harris & Co. ma assolutamente perfetta nel suo incedere senza esitazioni. “From Pillar To Post”, “Tiger” e la marziale “Stealing Your Thunder” non concedono attimi di respiro e gli scroscianti applausi dei presenti la dicono lunga sulla bravura di questo giovane ensemble. Stimolati dall’infuocata performance ci ripromettiamo di ascoltare al più presto l’omonimo debutto della band. Promossi a pieni voti!
CRIMES OF PASSION
Dopo l’infuocata prestazione dei Vanderbuyst riponevamo grosse aspettative negli inglesi Crimes Of Passion, visto il posizionamento in scaletta a ridosso degli headliner. Purtroppo siamo rimasti alquanti delusi dalla prova dei cinque ragazzi di Sheffield. E’ ancora l’heavy più classico il protagonista della proposta dei Crimes of Passion, anche se l’irruenza e l’immediatezza dei Vanderbuyst sembrano già un lontano ricordo. I ritmi si fanno più distesi, complici anche una prova sentita e convincente del cantante Dale Radcliffe. Quello che non convince dei Crimes of Passion sono le canzoni: scialbe, eccessivamente dozzinali e perlopiù contornate da una prestazione sul palco eccessivamente statica. Non recriminiamo assolutamente sulla bravura tecnica dei componenti, diligenti nell’esecuzione di ogni brano, ma nell’assoluta banalità del loro repertorio. Pur senza assoluti highlight, la prestazione dei Crimes of Passion riesce ad accalappiare l’attenzione di qualche presente, che non manca di tributare il proprio calore alla band. Si giunge alla fine di una prestazione incolore con il tributo a Ronnie James Dio con l’immortale “Holy Diver”: neanche in questa occasione riusciamo a non storcere il naso per via di un arrangiamento alquanto discutibile che non riesce a rendere onore all’originale. Bocciati.
SAXON
Sono veramente poche le band che, arrivate alla soglia dei sessant’anni, riescono ancora ad essere on the road. Ancora meno sono gli over sixty che riescono a seppellire per energia ed intensità tante giovani formazioni ventenni. Inutile dirvi che i Saxon rientrano in questa seconda categoria. C’è grossa curiosità intorno alla performance dei Sassoni, per via dell’ennesimo posticipo del nuovo album “Call to Arms”: a parte qualche sample – che fa ben sperare – non siamo ancora riusciti a buttare l’orecchio sulle nuove composizioni che, come è lecito sperare, faranno la loro comparsa in questo “Call to Arms World Tour”. Perfettamente in orario con il running order, alle 21.10 i Saxon salgono sul palco tributati da applausi scroscianti: Paul Quinn, unico sopravvissuto insieme a Biff della line-up originale, attacca con la nuova “Hammer of the Gods”, traccia veloce e sferzante, scelta assolutamente perfetta come apripista del concerto. L’incessante headbanging di Nibbs Carter, la tenuta autoritaria del palco della coppia Quinn/Scarratt e l’incedere terremotante di Nigel Glockler alla batteria mettono in chiaro – se ancora ci fosse qualche dubbio – che i Saxon non hanno voglia di risparmiarsi questa sera. Biff, con i suoi sessant’anni suonati, riesce ancora ad essere un esempio per molti frontman: la voce non sembra ancora averlo abbandonato e l’energia di un tempo è ancora perfettamente intatta, come dimostrato dai suoi salti, dai “cinque” dispensati a tutte le prime file e dai segni di intesa scambiati con i membri della band. Le nuove “Call to Arms”, “Chasing the Bullet” e “Back in ’79” non sfigurano dal vivo e lasciano ben sperare per l’arrivo dell’ultimogenito in casa Saxon; ad affiancarle, ovviamente, una serie infinita di classici che pescano in maniera diligente da tutta la carriera della band. Degna di menzione la coreografia scelta per il palco, con batteria rialzata e una serie di pannelli disseminati sul palco illuminati a formare immagini (croci durante l’esecuzione di “Crusader”) o parole chiave degli inni storici della band (“Denim & Leader”). Oltre all’esecuzione dei classici di album con “Wheels of Steel” e “The Strong Arm of the Law”, riescono a trovare posto nella scaletta anche “Demon Sweeney Todd” e “I’ve Got to Rock” tratte dai più recenti “Into the Labyrinth” e “The Inner Sanctum”. Arrivati alla soglia delle due ore, è tempo di bis con le immancabili “Strong Arm of the Law” e “Wheels of Steel” contate all’unisono da tutti i presenti. Con il sorriso sul volto non ci rimane altro che constatare – per l’ennesima volta – che i Saxon continuano ad essere una garanzia assoluta quando si tratta di live show. Immortali.