10/10/2022 - SAXON + DIAMOND HEAD @ Alcatraz - Milano

Pubblicato il 13/10/2022 da

Introduzione e report di Andrea Intacchi e Simone Vavalà
Fotografie di Monica Ferrari

Come rimediare ad un inizio settimana uggioso ed antipatico, cosi come vogliono i rituali ed ostici lunedi lavorativi? Recandosi all’Alcatraz per trascorrere una serata all’insegno del NWOBHM più sano, roccioso e genuino, in compagnia di un gruppo ormai divenuto un vero e proprio testamento del genere. Stiamo ovviamente parlando dei Saxon, alle prese con il tour celebrativo dei propri quarant’anni (ormai superati a dir la verità) di ‘British heavy metal’ – come recitano le t-shirt (non proprio economiche) presenti in zona merch. La band dello Yorkshire torna quindi in suolo italico dopo nemmeno quattro mesi dalla loro ultima apparizione in quel di Villafranca Veronese in occasione della straripante edizione del Rock The Castle. E se a giugno la setlist si era principalmente incentrata sui grandi classici, per la data di Milano Biff e compagni hanno portato on stage ben sei brani dall’ultimo “Carpe Diem”. Ad accompagnarli i Diamond Head di Brian Tatler, i quali hanno voluto omaggiare un grande classico del loro repertorio, quel “Lightining To The Nations” che proprio nel dannato 2020 andava a spegnere quaranta candeline. Sono le 19 quando i portoni dell’Alcatraz si aprono e un sostanzioso gruppo di defender (dalle tinte più o meno brizzolate) fa il suo ingresso nel locale meneghino.

DIAMOND HEAD
Introdotti dall’evocativa “suite di Marte” di Gustav Holst, i Diamond Head tornano a calcare il palco dell’Alcatraz dopo ben diciassette anni (sic!). Esattamente come allora, il grosso della scaletta è rappresentato da estratti di “Lightning To The Nations” – restano escluse solo “Sucking My Love” e “Sweet And Innocent”: il classico disco larger than life che, inevitabilmente, ha segnato e sempre segnerà la loro carriera… nel bene e nel male, come si nota anche questa sera.
Sono infatti innegabili il valore di quell’album e i brividi che trasmettono certe canzoni, almeno al pubblico di una certa età, ma fin dall’avvio affidato a “The Prince” i limiti dell’operazione nostalgia si notano tutti: Rasmus Andersen, come altri cantanti prima di lui nella storia del metal, purtroppo patirà sempre la sindrome del nuovo arrivato, ed è inevitabile; nonostante ormai otto anni di presenza nella band e nulla da invidiare al predecessore Nick Tart, purtroppo non è Sean Harris, e al di là dell’ottima tecnica la carenza di cuore si sente. È evidente come si trovi più a suo agio sui brani estratti dai dischi di sua pertinenza (“Bones” e “The Messenger”, suonate a ruota, forse per farlo scaldare al meglio), ma di certo i classici risultano un po’ monchi in termine di intensità, come se ci trovassimo, ahinoi, di fronte a un’ottima cover band. Il discorso, infatti, vale anche per il resto dei musicisti, tutti pressoché impeccabili dal punto di vista esecutivo – anche se un paio di errori e di stecche le abbiamo rilevate, a ben vedere – ma ad emozionarci davvero è solamente Brian Tatler in un paio di assoli, sempre eleganti e suadenti come quarant’anni fa. A testimonianza che il valore aggiunto non risiede solo nel fatto di essere l’unico membro originale rimanente, ma proprio per la capacità di trasmettere qualcosa in più, che non si impara nelle scuole di musica.
Un concerto insomma solo più che gradevole, al cui voto contribuisce parecchio la doppietta finale (“Helpless” e “Am I Evil?”, ovviamente), che ci riportano alla mente anni meravigliosi, quando persino Lars Ulrich era appassionato di musica e non di marketing. [Simone Vavalà]

SAXON
Biff, Paul, Doug, Nibbs e Nigel: inossidabili? Già detto. Granitici? Pure. Eterni? Anche. Allora questa volta vogliamo abusare di un termine che può sembrare magari un po’ banale ma che invece, e vale soprattutto per chi era presente lunedì sera in quel dell’Alcatraz, esprime esattamente la sensazione vissuta durante le (quasi) due ore di concerto. Veri! Dalla prima all’ultima nota, dalla prima all’ultima goccia di sudore spesa dallo stesso Byford il quale, alla veneranda età di 71 anni (e reduce da un’operazione al cuore datata 2019), ha portato a termine una prestazione sopra le righe, e con lui il resto della truppa sassone, stampando sorrisoni a trentadue denti sui volti, attempati o meno, dei metallari accorsi all’evento, estasiati da cotanta realtà metallica – compreso un over settanta, i cui figli hanno pensato di portarlo tra le prime file come regalo per il suo compleanno. “Seize The Day” recita il nome del tour (giunto all’ottava data delle trentaquattro previste) pescando la citazione del ‘cogli l’attimo’ dall’ultimo capitolo discografico a firma Saxon; quel “Carpe Diem” che sarà protagonista soprattutto nella prima parte dello show. Telone d’ordinanza e Marshall tappezzati di aquile a sottolineare ancora una volta il detto “eagle has landed”:ed è proprio la titletrack del nuovo album a dare il via alla serata, con Biff in tenuta ufficiale (giacca nera) e Dr. Martens fiorati, intento da subito a chiamare il pubblico con il suo classico gesto del ‘follow me’. A proposito, come sono andati i sei pezzi estratti da “Carpe Diem”? Se il brano d’apertura, come spesso accade, è servito soprattutto a settare i suoni (buoni), scaldare la voce del frontman britannico e stabilire un primo contatto con la folla, diciamo che “Age Of Steam”, “Living On The Limit” (molto simile a “They Played Rock’n’Roll”) e “Pilgrimage” (la “Crusader” del 2022) hanno egregiamente sorpassato l’esame, mentre “Dambusters” ha timbrato il classico bollino del ‘senza infamia e senza lode’. Qualche remora invece la riserviamo per “Black Is The Night”, non così efficace, che ha visto un Byford coinvolto in una sorta test mnemonico, costretto infatti, in più di un’occasione, a buttare l’occhio su alcuni fogli scotchiati opportunamente in zona spia. Dettagli che non hanno comunque scalfito un concerto superbo, durante il quale, in compagnia anche dei Diamond Head, il sound della NWOBHM ha toccato vette altissime, grazie ad inni solenni quali “Wheel Of Steel”, “And The Bands Played On”, “Heavy Metal Thunder”, goduriose e utili a scatenare moshpit e crowdsurfing, o da brani strappalacrime come “The Thin Red Line”. Precisi e puntuali Paul e Doug, martellante Nibbs, perentorio Nigel: i Saxon divertono e si divertono, con tanto di video ai presenti da postare sui social; da parte sua, la risposta del pubblico non si fa attendere, tra cori, corna alzate e svariati oggetti d’abbigliamento lanciati on stage, tra i quali una t-shirt dei Motorhead (“Lemmy ci starà sicuramente guardando da lassù” dice Byff), un berretto di Ace Of Spades e un giubbetto arrivato sul palco in orario svizzero proprio per “Denim And Leather”. Due le pause con tanto ritorno in scena effettuate dalla band, così da celebrare al meglio la data con altri successi firmati “747” ed il medley griffato “Strong Arm Of The Law” e “Solid Ball Of Rock”, visto che la sfida da applausometro è terminata in pareggio (per dovere di cronaca il match precedente tra “Broken Heroes” e “The Eagle Has Landed” è stato vinto dal primo pezzo tra la stupore di Byff e Doug). Il Carpe Diem dei Saxon non sarebbe comunque tale senza il treno finale, quella “Princess Of The Night” che chiude un lunedì sera a tratti nostalgico ma intriso di emozioni forti, regalate da quei simpatici cinque ragazzotti dello Yorkshire.

Setlist
Carpe Diem (Seize The Day)
Sacrifice
Age Of Steam
I’ve Got To Rock (to stay alive)
Dambusters
The Thin Red Line
Living On The Limit
Dallas 1pm
Heavy Metal Thunder
Broken Heroes
Black Is The Night
Metalhead
And The Bands Played On
Wheels Of Steel

encore
The Pilgrimage
747 (Strangers In The Night)
Strong Arm The Law (medley con Solid Ball Of Rock)
encore2
Denim And Leather
Princess Of The Night

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