26/02/2025 - SAXON + GIRLSCHOOL + GRAND SLAM @ Live Music Club - Trezzo Sull'Adda (MI)

Pubblicato il 01/03/2025 da

Report di Andrea Intacchi e Roberto Guerra
Fotografie di Simona Luchini

Pubblico – Live Music Club – 26 febbraio 2025 – foto Simona Luchini

Per i più nostalgici, come chi scrive, il concerto di mercoledì sera in quel del Live Club di Trezzo ci ha portato con la mente a quello che sarebbe dovuto andare in scena nove anni fa, sempre a febbraio, ma che, per il destino avverso, non si realizzò. Quella volta, oltre a Saxon e Girlschool, il cartellone presentava tali Motörhead: una reunion tra amici, cugine e figliastri ad inneggiare la formula più genuina e granitica della NWOBHM e dell’heavy metal in generale.
Sappiamo tutti come sono andate le cose; il tempo è trascorso inesorabile, ed anche è per questo che un pizzico di malinconia, mista a soddisfazione, è sorta nel vedere la fiumana di gente riversarsi copiosamente nel locale milanese per omaggiare ancora una volta quei nomi che, inutile nascondersi, hanno fatto la storia del metallo targato ‘denim and leather’.
In prima linea, nelle vesti di headliner, i Saxon, guidati dall’inossidabile Biff Byford (settantaquattro anni e non sentirne nemmeno uno, come leggerete), alle prese con l'”Hell, Fire and Steel Tour”. Con loro le Girlschool, storiche compagne di viaggio dei Motörhead, coi quali nel 1981 unirono insieme le forze nel celebre split “St. Valentine’s Day Massacre”.
Ad aprire la serata, chiudendo così un perfetto anello incastonato di metallo e griffato rock, i Grand Slam (la seconda band di Phil Lynott dopo lo scioglimento dei Thin Lizzy dell’83), riunitisi nel 2016 per volere del chitarrista Laurence Archer ed autori, lo scorso anno, del secondo disco in carriera “Wheel Of Fortune”.

Sono circa le 18.00 quando raggiungiamo il Live Club e di gente in coda all’ingresso ve ne è già parecchia (a fine serata, come testimoniato dalla pagina facebook degli stessi Saxon, verrà registrato il sold-out), tra metallari per lo più brizzolati o con i ricordi dei capelli che furono, spesso accompagnati dalla prole per quello che, speriamo, si prospetta come una passaggio di testimone del metallo pesante.
Con una nota di rammarico, dobbiamo però notare come, lungo tutto il corso della serata, il coinvolgimento del pubblico sia stato fiacco, e non riteniamo c’entri qualcosa la natura ‘vintage’ delle band coinvolte: avevamo già visto le suddette in tantissime occasioni (Saxon in primis) ma mai con una penuria simile di fomento visibile, con tanto di figure intente a lamentarsi di chi si stava semplicemente divertendo, eccezion fatta per l’area frontale rispetto al palco, dove non è mancato di formarsi l’immancabile area di pogo ed headbanging scatenato.

E’ un Live Club già pieno per metà quello che ha accolto on stage i GRAND SLAM: con il loro sound roccioso ed armonico hanno dato una prima stoccata di NWOBHM, riuscendo a coinvolgere i presenti sin dalle prime battute.
Merito di una resa sonora più che buona (lo sarà con tutte le band) e di un Mike Dyer davvero su di giri e voglioso di sfruttare al meglio i trenta minuti a disposizione. Il cantante britannico, con tanto di bandana, occhiali scuri e t-shirt di verde sgargiante si è reso protagonista di una prova gagliarda, supportato da una prestazione altrettanto efficace dei suoi compagni di avventura.
Tra gli altri, giusto sottolinearlo, il lavoro dello stesso Archer alla sei corde: delizioso e graffiante, l’ex chitarrista degli UFO, ha creato il mood perfetto per un breve tuffo nel sound firmato dal mitico Phil Lynott. E proprio dalla discografia del bassista irlandese sono state proposte “Nineteen”, “Crazy” e “Sisters Of Mercy”, mentre una superba “Military Man” ha voluto omaggiare il connubio che lo stesso Lynott ebbe nel 1984 insieme ad un altro simbolo della musica delle terra d’Irlanda, Gay Moore.
E mentre anche la balconate del locale iniziavano a riempirsi in ogni ordine di posto, è stato proprio Dyer a salutare con affetto il pubblico italiano: “I love your country, my favourite place when I was child was Florence“, prima di presentare uno dei pezzi estratti dall’ultimo lavoro rilasciato (“Wheel Of Fortune”) e cioè “Spitfire”.
Battute finali di un set breve ma intenso, come si suol dire: “This song is from 1971 and if you don’t know it…“, questo il monito di Dyer mentre annuncia la classica “Whiskey In The Jar”.
Messaggio recepito? Ni, qualche mano alzata, qualche coro al seguito ma in pochini hanno risposto all’invito del cantante irlandese, primo segnale di un pubblico restìo nei movimenti ma che comunque rilancia il giusto e meritato ringraziamento ai Grand Slam, dignitosa band di apertura per una serata che aveva appena iniziato a scaldare i motori. (Andrea Intacchi)

Al cambio di palco, ci si è buttati nelle zone alte del Live per una breve sosta eno-gastronomica, dando poi un’occhiata alla zona merch: in molti, per quello che abbiamo visto, si sono portati a casa, nonostante il prezzo non così abbordabile, un cimelio commemorativo formato t-shirt, cappellino o patch varie.
Si è tornati quindi in postazione giusto in tempo per accogliere Kim McAuliffe, leader delle GIRLSCHOOL e unico membro originale presente on stage; la storica batterista Denise Dufort, infatti, ha preferito saltare il tour per un problema alle mani, venendo così sostituita dal drummer degli americani Alcatrazz Larry Paterson. Con loro Jackie Chambers e la nuova bassista Olivia Airey, entrata in formazione lo scorso anno al posto di Tracey Lamb.
Pronti via ed è la classica “Demolition Boys” a prenere d’assalto la platea. “Grazieee Milanoooo“, si è presentata così la McAuliffe: maglietta nera con un logo ben visibile e riconoscibilissimo sul petto; l’immagine è quella del Warpig, la scritta recita Motörhead, a siglare ancora una volta l’eterno legame tra le due band inglesi (e, per la cronaca, di magliette simili se ne vedranno in giro davvero parecchie nel corso della serata).
La scaletta proposta dalle Girlschool si è concentrata sui primi due dischi rilasciati, con “Demolition” e “Hit And Run” a dividersi la gran parte dei pezzi suonati. Sorso di birra, sorrisoni e avanti quindi con “C’mon Let’s Go”, “The Hunter” (una delle migliori) ed ovviamente la stessa “Hit And Run”, con ritmi intensi, dinamici – e questo, non ce ne voglia la Dufort, grazie alla maggior intraprendenza mostrata da Paterson dietro alle pelli.
Dopo una rapidissima “Kick It Down” e la recente “It Is What It Is”, si è arrivati alle hit più conosciute (o così avrebbe dovuto essere): prima “Scream Blue Murder”, poi la ballerina “Race With The Devil” hanno scaldato l’ambiente per la doppietta finale, per le quali ci siamo spostati a centro pit così da ‘viverla’ ancor di più insieme alla band e ai presenti. E quì, rifacendoci alla nota riportata nell’intro, abbiamo notato con un velo di tristezza che nemmeno le note di “Bomber” hanno scalfito una situazione di immobilismo quasi totale, dando quasi fastidio ogniqualvolta si è tentato un accenno di headbanging; stessa sorte per “Emergency”, brano ultimo di una prestazione, sopra al palco, grintosa e carica di sano heavy metal. (Andrea Intacchi).

Arrivando finalmente al concerto dei SAXON, non abbiamo potuto non notare una sorta di palpabile attesa e fermento nell’aria, complice anche il fatto che non abbiamo memoria di una sola loro esibizione di livello inferiore al buono, e questo perché sembra proprio che il tempo non riesca a scalfire, se non superficialmente, le capacità di coinvolgimento del mitico Biff Byford e della band che lo accompagna.
Ebbene, in questa sede questo risultato siamo sicuri non cambierà, ma anzi… il fatto che in scaletta siano previste delle autentiche chicche dell’heavy metal britannico non può che incrementare ulteriormente il nostro hype, che finalmente inizia a saziarsi sui primi rintocchi della recente “Hell, Fire And Damnation”, ambasciatrice di una prima parte di spettacolo fortemente incentrata sul loro ultimo album, condita però da qualche gemma come la sottovalutata “Dogs Of War”, le sempre rockeggianti “Dallas 1 PM” e “Soldi Ball Of Rock”, l’immancabile “Strong Arm Of The Law” e, soprattutto, quella “Backs To The Wall” che ci ha riportato alla mente il primissimo album datato 1979.
La resa sonora generale è stata sin da subito impeccabile e nitida come l’abbiamo sempre ricordata, con un Biff in ottima forma, anche se inizialmente meno percepibile all’interno dell’impianto, ma fortunatamente è stato un inconveniente risolto in corso d’opera; non a caso abbiamo notato l’iconico frontman cambiare almeno tre microfoni durante lo show, mantenendo durante lo show un atteggiamento ben più energico ed appassionato di quello di gran parte della sua fanbase. Nulla da eccepire invece sul versante del guitar work e della sezione ritmica, visto che Nigel Glockler ha spinto ancora come un rullo e Brian Tatler alla sei corde non ci ha fatto rimpiangere in alcun modo il simpatico Paul Quinn.
Tuttavia, la parte calda del concerto doveva ancora arrivare, ed è apparso palese il motivo per cui la band non aveva ancora iniziato a picchiare duro con i pezzi: ciò che ci ha atteso è stato infatti la riproposizione del capolavoro “Wheels Of Steel” nella sua interezza,  irrompendoci prontamente nelle ossa sulle note della rombante “Motorcycle Man”, per poi proseguire con “Stand Up And Be Counted” e “747 (Strangers In The Night)”, cui non può che seguire l’immortale title-track; il tutto per culminare in una conclusione devastante e belligerante in concomitanza di quella perla d’acciaio che risponde al nome di “Machine Gun”, dopo aver ovviamente sciorinato una selezione di autentiche perle, tra cui spiccano senz’altro “Sea The Light Shining” e “Suzie Hold On”.
Ovviamente non è finita qui, visto che per l’encore questi attempati metallari hanno ancora un poker di cartucce mortali da sparare, e ci riferiamo naturalmente alla cadenzata “Crusader”, all’esplosiva “Heavy Metal Thunder”, all’inno alla nostra attitudine “Denim And Leather” e, naturalmente, ad un classico della musica in generale come “Princess Of The Night”, ultimo vagito di un concerto lungo e corposo, in cui i Saxon hanno nuovamente messo in chiaro il motivo per cui in tanti li considerano una delle migliori live band di sempre, in grado di suonare senza mezza sbavatura dall’inizio alla fine per la gioia e il fomento di noi tutti. (Roberto Guerra)

Setlist:
Hell, Fire And Damnation
Dogs Of War
Backs To The Wall
Madame Guillotine
And The Bands Played On
Dallas 1 PM
Solid Ball Of Rock
There’s Something In Roswell
Strong Arm Of The Law
1066
Motorcycle Man
Stand Up And Be Counted
747 (Strangers In The Night)
Wheels Of Steel
Freeway Mad
See The Light Shining
Street Fighting Gang
Suzie Hold On
Machine Gun
Crusader
Heavy Metal Thunder
Denim And Leather
Princess Of The Night

 

GRAND SLAM

GIRLSCHOOL

SAXON

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