Dopo una stagione invernale piuttosto povera a livello concertistico, in un freddo giovedì di marzo l’Underworld di Camden Town torna ad ospitare un tour ed un pubblico metal. Londra è l’unica tappa britannica del tour europeo dei Secrets Of The Moon, on the road per promuovere il convincente “Sun”. Il pacchetto allestito dal gruppo tedesco, con Dodheimsgard, Thulcandra e Our Survival Depends On Us, è – almeno sulla carta – di quelli da non perdere, visto che ognuna delle support band convocate per questa serie di concerti possiede un pedigree di un certo valore, ma il pubblico questa sera purtroppo non risponde secondo le previsioni. Il locale, già freddo di per sè in questo periodo dell’anno, anche durante lo show degli headliner non sarà pieno nemmeno per metà, mentre per gli opener la serata sarà poco più che una strimpellata in sala prove…
OUR SURVIVAL DEPENDS ON US
Vi sono all’incirca una dozzina di persone in sala quando il gruppo austriaco apre ufficialmente il concerto. Non crediamo che di norma il quintetto sia solito esibirsi di fronte a chissà quali folle sterminate, ma il colpo d’occhio fa comunque effettivamente un po’ pena. Gli incensi e i profumi spruzzati dai Nostri, così come il loro look da “hippie montanaro”, tuttavia incuriosiscono, tanto che i pochi presenti tendono ad avvicinarsi al palco anzichè allontanarsi verso il bar in preda all’imbarazzo come a volte avviene in tali circostanze. Va inoltre detto che il doom metal “bucolico” della formazione questa sera gode di ottimi suoni: la sala viene riempita da quella proposta eccentrica ed avvolgente che in tanti hanno avuto modo di conoscere con l’ultimo “Scouts…” e il gruppo procede con passo sicuro, incurante della scarsa risposta a livello di pubblico, apparendo anzi quasi rapito dalle sue stesse composizioni. In effetti, va davvero dato atto agli Our Survival Depends On Us di essere degli assoluti professionisti, sia a livello esecutivo che di attitudine. Il loro set dura solo mezzora, ma il loro suono imprevedibile e sfuggente irretisce e incuriosisce gli astanti come abbiamo avuto modo di notare poche altre volte. Per questi ragazzi, un ruolo da apripista sfruttato al meglio, nonostante tutto.
THULCANDRA
Il cambio palco dura pochissimo. Dopo poco meno di un quarto d’ora è già il turno dei Thulcandra di Steffen Kummerer. La platea ora è lievemente più numerosa, con la prima fila composta quasi del tutto da giovani ragazzi che indossano t-shirt dei Dissection. L’abbigliamento dei fan è indubbiamente a tema, visto che la band, come noto, è nata come tributo alla storica formazione black-death svedese capitanata da Jon Nödtveidt. Abbiamo già espresso la nostra opinione sulla proposta dei Thulcandra recensendo i loro dischi: qua ci limiteremo a dire che il quartetto dal vivo non è affatto sprovveduto; i brani vengono interpretati con estrema fedeltà e sicurezza, mentre appare rivedibile la presenza scenica, che in genere risulta un po’ fredda. Kummerer è evidentemente l’unico nella line-up ad avere dimestichezza con il palco, mentre gli altri ragazzi appaiono vagamente timidi, anche di fronte ai continui incitamenti dei succitati fan. Lo show in ogni caso non può essere definito disprezzabile: dal vivo il materiale acquista una marcia in più e sulle note di una “Spirit of the Night” anche noi ci ritroviamo a battere il piede e ad applaudire un gruppo che evidentemente sta facendo del suo meglio.
DODHEIMSGARD
La serata sale però di livello con i Dodheimsgard, che in pochi minuti gettano un abisso tra loro e chi li ha preceduti. Non sono solo i suoni, più compatti, e la risposta del pubblico, che ora si aggira sul centinaio scarso di unità; la caratura del gruppo è superiore anche e soprattutto a livello di tiro e di peculiarità della proposta. Vi è una foga alla base dello show dei norvegesi che sinora questa sera nessuno aveva ancora sperimentato. La sezione ritmica non perde un colpo, mentre Aldrahn sembra appena uscito da un rave: le sue pose e il suo modo di ballare e agitarsi sul palco sono veramente vicine a quelle di un raver “in botta”, tanto che presto arriviamo ad immaginarcelo truccato con colori fluorescenti, ora esaltato, ora caracollante, su una durissima base di digital hardcore, completamente avvolto da luci stroboscopiche. Non siamo però in una discoteca o in un magazzino abbandonato; siamo all’Underworld e la musica che stiamo ascoltando è quel black metal tecnico e deviato che il chitarrista Vicotnik è sapientemente stato in grado di creare con pietre miliari come “666 International”, “Supervillain Outcast” o il più recente “A Umbra Omega”. L’interazione e l’affiatamento fra i vari musicisti sono davvero ragguardevoli, così come l’impatto generale, che poco risente dell’utilizzo di qualche base per le parti elettroniche. In effetti, il grosso dei brani viene ri-arrangiato in una chiave più metal e asciutta, in modo da non lasciare troppi elementi nelle mani di agenti esterni alla band. Alla fine, pur concedendo qualcosa all’eccentricità (vedi appunto Aldrahn), porsi in maniera sobria e concreta dal vivo paga sempre. In una quarantina di minuti i Dodheimsgard riescono ad irretire tutti i presenti con la loro adrenalina e con “Vendetta Assassin” portano a casa la palma di pezzo più riuscito dell’intera serata.
SECRETS OF THE MOON
Agli headliner spetta il compito di non fare perdere tono ad una serata partita in modo incerto e poi notevolmente ravvivata dai supporter norvegesi. Le atmosfere che i Secrets Of The Moon sono soliti dipingere hanno poco a che fare con quelle marchiate Dodheimsgard, ma il pubblico è pur sempre qui (anche) per loro e subito dà prova di nutrire ampio interesse per le gesta del quartetto originario della Sassonia. Le file si compattano come mai prima d’ora e il colpo d’occhio generale assume finalmente toni confortanti. Il cantante/chitarrista sG, biondo e corpulento, attira subito su di sè ogni attenzione, comandando band e pubblico con fare sicuro ma senza eccedere in presunzione. Evidentemente, i Secrets Of The Moon sanno che il Regno Unito – a differenza della Germania, nella quale sono ormai un nome popolare – è per loro un territorio ancora tutto da esplorare, quindi l’attitudine è quasi quella di una formazione agli esordi: sicura, ma umile e attenta ai dettagli. La qualità dei pezzi scelti per la scaletta fa poi il resto: il recente “Sun”, con la sua vena più agile e gli influssi gothic alla Fields Of The Nephilim, si presta bene ad essere presentato dal vivo, ma una “Miasma” e una “Lucifer Speaks”, con i loro riff maggiormente quadrati e il loro incedere anthemico, restano due affidabilissimi cavalli di battaglia, capaci di smuovere anche l’ascoltatore con meno familiarità con la proposta. È uno spettacolo più controllato, romantico e armonioso, quello del quartetto, ma nell’ora in cui i Nostri restano sul palco la mente non va una sola volta ai Dodheimsgard: le sonorità sono diverse, ma ugualmente affascinanti, peraltro sorrette da un buon gioco di luci e da un mixaggio più che competente. Nel finale avremmo magari preferito un episodio più vivace della semi-ballad “Man Behind the Sun”, ma si può dire che i Secrets Of The Moon siano riusciti a distinguersi anche grazie a questa scelta curiosa. Il ruolo di headliner, alla fine dei conti, se lo sono ampiamente meritato.