Live report a cura di Emilio Cortese
Foto a cura di Enrico Dal Boni
Non potevamo proprio mancare al tour di presentazione del nuovo album dell’eclettico Serj Tankian – a proposito, ci sarà ancora bisogno di presentarlo sui volantini come “Il cantante dei System Of A Down”? Accompagnato da una band prodotta da lui stesso, i Viza, il buon Sergio ci ha regalato un concerto che ci ha esaltato per certi versi, ma lasciato con qualche perplessità per altri. A voi il resoconto della serata!
VIZA
I Viza sono una band composta da nove pazzi che scaldano per bene il pubblico in fremente attesa della performance di Serj Tankian. Questo eclettico gruppo deve davvero tanto al musicista armeno, sia perché egli, guarda caso, è il loro produttore, ma anche da un punto di vista strettamente musicale: la proposta dei System Of A Down da un lato, e l’estro vocale del loro vocalist dall’altro, li ha evidentemente ispirati. Le contaminazioni nella loro musica non mancano, si passa da ritmi più groovy ad altri più prettamente folkloristici e anche a qualche passaggio vagamente ska. Sul palco, come se non bastassero nove strumentisti, la band viene raggiunta da un altro gruppo di persone che si dedicano semplicemente a danzare e girare in tondo, quasi a voler accentuare ancor di più l’atmosfera festaiola e danzereccia della musica dei Viza. Sostanzialmente un antipasto divertente, che gli amanti del genere hanno apprezzato, danzando e saltellando in una baldanzosa atmosfera di festa.
SERJ TANKIAN
La folla lo acclama, le ragazze gridano “Serj I love you” (!!!), tutti aspettano che Serj Tankian calchi il palco dell’Estragon quando finalmente, accompagnato da un boato assordante, di bianco vestito ecco che finalmente Serj fa la sua trionfale entrata. Subito dopo “Lie Lie Lie” il carismatico frontman si appresta a presentare l’orchestra filarmonica italiana che incredibilmente si è prestata a suonare ad un concerto del genere. Se in effetti si poteva apprezzare – e molto, anche – l’abbinamento tra la musica dell’eclettico Serj accompagnata da violini, viole, violoncelli e tutta la prestigiosa orchestra, su palchi suggestivi come il Teatro degli Arcimboldi di Milano o la Cavea dell’Auditorium di Roma, si fa un quantomeno un po’ fatica a comprendere il senso di “scomodare” una parte di tale orchestra per costringerla a suonare in uno striminzito angolo del palco, in un ambiente decisamente “rock’n roll” – che per giunta non annoveriamo nemmeno tra i posti dotati di acustica migliore – come l’Estragon. Si apprezza lo sforzo di questa iniziativa ma onestamente i risultati ci lasciano più di qualche dubbio. In effetti se il buon Serj non avesse appunto annunciato la presenza dell’orchestra, probabilmente le persone in fondo non si sarebbero accorte di tale presenza dato che i suoni erano quello che gergalmente viene chiamato come un gran poltiglio sonoro. Il concerto procede con le hit che hanno reso “Elect The Dead” un album apprezzatissimo quali “Sky Is Over”, “Saving Us” e “Baby”. Dopo aver scaldato per bene il pubblico con queste tracce cantate a gran voce da praticamente tutti i presenti, arriva il momento per Serj e la sua band di presentare qualcosa di nuovo di quell’ “Imperfect Harmonies” che si poteva già trovare (in formato download) al banchetto – ufficiale, ovviamente – del merchandise. Di seguito, dopo “The Unthinking Majority” è il turno della sperimentale “Praise The Lord and Pass The Ammunition” dove veramente il caos dei suoni raggiunge il suo apice. E’ il momento introspettivo del concerto ed ecco che Serj rimane solo con l’orchestra e ci intona “Elect The Dead”. Ovviamente nulla da dire sulle sue doti canore, ma anche il suono del microfono stasera non va, essento gracchiante e quasi distorto, tanto da non permetterci di gustare pienamente tutta la valenza del cantante che subito dopo ci propone un altro estratto dall’ultimo disco, unica traccia cantata in armeno. Vengono proposti altri nuovi pezzi come “Deserving” e “Electron”, che sembrano sostanzialmente in linea con quanto espresso dall’artista armeno. Dopodiché è il momento del tripudio, che esplode sulle note di “Empty Walls” che viene urlata a squarciagola da tutta quanta la platea. Dopo una breve pausa – e dopo aver congedato l’orchestra – Serj torna sul palco, ci propone una cover (sconosciuta ai più) e per chiudere “Money” e “The Charade”. A fine concerto dispiace constatare che, se nulla abbiamo da criticare nei confronti del carismatico e tecnicamente preparatissimo Serj che dal punto di vista vocale e del suo innato magnetismo scenico è veramente un maestro, dal punto di vista acustico, ci rincresce ammettere che restiamo con un po’ di amaro in bocca.