A cura di Marco Gallarati
Solo settantadue ore di distanza tra il 5 e l’8 maggio 2015, tra il quasi sold-out di Blind Guardian e Orphaned Land al capiente Alcatraz e gli sparuti avventori della serata underground che andiamo a raccontare al Lo-Fi, ormai da un paio d’anni a questa parte rinomato centro nevralgico del (non) metallo alternativo e ‘altro’ che giunge nel milanese e dintorni. Settantadue ore, un tempo relativamente minimo, per passare dalla grandeur roboante dei Bardi di Krefeld all’intimità amichevole e raffinata, ma anche decisamente grezza, di un trittico di compagini italiane che hanno saputo bene mettersi in mostra durante una data che, vista la pochezza degli accorsi, poteva risultare poco stimolante. Si Non Sedes Is e Juggernaut, entrambe da Roma, giungono a Milano nell’ambito di un mini-tour che le ha viste toccare, oltre al capoluogo lombardo, anche Prato (prima), Genova e Bologna (dopo); i Dogs For Breakfast, di Cuneo, sono invece chiamati a presenziare solo per la performance del Lo-Fi. Tempo di veder passare un treno dalla stazione di Rogoredo, entrare e di bersi una Guinness mentre i Juggernaut terminano il soundcheck, e la serata per pochi intimi ha inizio!
JUGGERNAUT
Ci aspettavamo di veder partire per primi i Dogs For Breakfast, invece sono gli strumentali Juggernaut ad aprire, in tutti i sensi, le danze. Il loro nuovo cinematic sludge, messo ottimamente in mostra nel secondo full della loro carriera, “Trama!”, ci aveva già ampiamente convinto, oltre che in sede di recensione, poco meno di un anno fa in quel della Capitale: a Milano invece, in un contesto di audience diametralmente opposto, il quartetto pare meno gasato e leggermente impreciso, ma la sua performance non ci fa minimamente cambiare idea sul loro pot-pourri strumentale carico di ritmi imprevedibili, cambi di tempo e atmosfere improvvisi, ferocia e classe miscelate sapientemente e con innato savoir-faire. I quasi quaranta minuti a disposizione vanno via in un batter d’occhio, segnati dall’esecuzione per intero del succitato “Trama!”, escluse l’introduzione “Via Del Serpente 13, Ore 20” e la conclusiva “Tenet”. “Crapula” e “Ballo Excelsior” avranno certamente rapito qualche astante che non conosceva la formazione, ma anche le più complesse e lunghe “Egregoro” e “V.I.T.R.I.O.L.” hanno fatto la loro ottima figura. Originali, umili e professionali, i Juggernaut restano un gruppo da seguire!
DOGS FOR BREAKFAST
Un tranquillo cambio di palco ed un nostro cambio di birra ci portano rapidi verso il secondo set in programma, quello dei Dogs For Breakfast, terzetto dalle velleità deflagranti in men che non si dica. Li avevamo conosciuti all’epoca dell’EP di debutto “Rose Lane Was Tucker’s Girlfriend” e li ritroviamo ora con fuori un prestigioso split (underground, sia chiaro) con la one-man-band Bologna Violenta. I suoni dei ragazzi piemontesi sono i migliori della serata, possedenti volumi perfetti che spaccano, una ‘pacca’ di batteria davvero potente ed una distorsione di basso e chitarra che ci proietta rapidamente in territorio sludge-hardcore. La band non è personalissima dal vivo, ma chiaramente punta tutto sull’impatto e sul groove imperioso dei propri brani, soltanto a volte preda di rallentamenti più o meno psych: il risultato presso i nostri padiglioni auricolari è positivo e piacevole. La voce di Paolo Oliva, anche bassista e all’occasione chitarrista, dopo i primi attimi di confusione, si mescola ottimamente alla melma musicale procrastinata dagli altri due Dogs For Breakfast, gruppo che riesce a strappare i convinti applausi della trentina di spettatori presenti. Mezzora breve ma intensissima, per i ragazzi, che hanno guadagnato un ‘thumbs up’ senza nessun problema!
SI NON SEDES IS
I Si Non Sedes Is sono colpevolmente passati inosservati presso Metalitalia.com, ma il loro “Father Of All Lies”, produzione indipendente targata 2014, è stato l’anno scorso uno degli highlight hardcore della penisola italiana, forte di un’esperienza decennale della band – i SNSI sono praticamente la nuova incarnazione dei romani Concrete, storici esponenti della scena hardcore laziale – e di sonorità assolutamente al passo coi tempi, evolutesi verso lidi più sperimentali e dissonanti. Il post-hardcore presentato dal quintetto sulle assi del Lo-Fi, in una cornice che, all’una di notte, definire anche solo amatoriale è quasi un eufemismo, si rifà all’hardcore ‘intelligente’ di Converge, Cave In, Gaza, e a riletture apocalittiche e più dilatate che sanno di Neurosis. I vocalizzi di Giorgio Gregorio Luciani, in lingua madre, diventano presto poco comprensibili e li apprezziamo maggiormente nella loro versione più urlata rispetto a quella leggermente più ‘cantata’. La performance è vissuta in modo sentito dai Nostri, nonostante, come già specificato sopra, sia difficile scaldarsi di fronte ad un’audience ai minimi termini: i brani di “Father Of All Lies” si alternano con scioltezza e con un gran sapore ritmico, lasciando sbizzarrire le chitarre con maestria e sorretti da linee vocali personali e a sprazzi disturbanti. Una buona prova, in definitiva, per una formazione che andrebbe rivista di fronte a pubblici più consoni alla sua validissima proposta.