- SKILLET + LIKE A STORM + EVA UNDER FIRE @ Alcatraz - Milano

Pubblicato il 15/05/2023 da

Foto e report di Riccardo Plata

La concomitanza con il derby in semifinale di Champions – un evento che non si verificava da vent’anni – avrà messo in difficoltà stasera molti tifosi milanesi, ma anche una calata italica degli Skillet è un evento abbastanza raro, vista che quella di stasera è la quarta puntata nel ventunesimo secolo, a quattro anni di distanza dall’ultima volta al Fabrique.
Per accogliere al meglio i portabandiera del christian rock serve dunque il palco grande dell’Alcatraz, e nonostante la concorrenza calcistica il colpo d’occhio, grazie anche ai teloni che coprono il fondo del locale, non è male: diciamo subito che lo spettacolo offerto dalla band di Memphis non ha fatto rimpiangere quello di San Siro (soprattutto ai milanisti), ma prima degli headliner è il turno dei veterani neozelandesi Like A Storm e delle matricole Eva Under Fire…

Skillet + Like A Storm + Eva Under Fire

EVA UNDER FIRE
Arrivano da Detroit e sono uno dei nomi caldi della scuderia Better Noise, etichetta che lascia già presagire quello cui ci troveremo di fronte per la prossima mezz’ora: un rock moderno secondo i classici crismi da college radio americana, abbastanza inoffensivo in cuffia ma tutto sommato divertente on stage, soprattutto se a guidare le danze c’è una performer di razza come la cantante Eva Marie Lyberg, magnetica nel catturare lo sguardo delle prime file.
Il primo termine di paragone, complice la presenza del fratello Rob alla chitarra solista, è con la versione più tamarra degli Halestorm, anche se il giocoliere di turno in questo caso è il chitarrista ritmico Chris Slapnik, addobbato con una sorta di pigiama di Natale ed intento a girare come una trottola, ma anche autore di una breve parentesi come rapper nonchè ‘primo violino’ in un simpatico siparietto con la bacchetta della batteria usata come archetto.
Nella mezz’ora a loro disposizione la band di Detroit propone i migliori estratti di “Love, Drugs & Misery”, i cui titoli (“Comatose”, “Unstoppable”, “Blow”) dovrebbero suonare familiari ai fan degli Skillet; nel mezzo anche la cover di “Separate Ways (Worlds Apart)” dei Journey, a testimonianza dell’amore per la scena anni Ottanta, e un frammento della celeberrima “We Will Rock You” cantata in mezzo al pubblico, istantanea dell’energia che si è respirata sopra e sotto il palco. Una band ancora all’inizio del proprio percorso, ma che appare destinata a seguire le orme dei propri fratelli e sorelle maggiori.

LIKE A STORM
I Like A Storm sono di casa dalle nostre parti, avendo già avuto modo di accompagnare tra gli altri Alter Bridge e Godsmack, ma quello dell’Alcatraz è probabilmente il loro palco più grande in terra meneghina e i quattro neozelandesi dimostrano di meritarselo appieno, con una performance all’insegna di un hard rock/metal alternativo senza troppi fronzoli ma ricca di energia.
Nel loro caso non c’è un nuovo album da proporre, quindi la scaletta abbraccia un po’ tutta la produzione, aprendo le danze con due estratti, “Chemical Infatuation” e “Just Save Me”, dal debutto “The End Of The Beginning” del 2009, su cui possiamo ammirare l’headbanging ribassato del cantante/chitarrista Chris Brooks con i suoi dread, mentre l’altro chitarrista Matt Brooks si spara pose come un surfista in passerella.
L’ultimo album “Okura”, uscito un po’ in sordina ad inizio 2022, viene rappresentato da “Pull Me From The Edge”, mentre i singoli più famosi (“The Devil Inside” e “Love The Way You Hate Me”, all’epoca in heavy rotation nelle radio rock d’oltreoceano) sono tenuti per il climax finale, con l’inevitabile passaggio al didgeridoo che fa bella di mostra di sé a centro palco.
Il momento clou comunque è rappresentato dalla cover di “TNT” degli AC/DC, con il già citato Chris che raggiunge indisturbato la zona mixer per poi riguadagnare il palco cantando tra due ali di folla. La loro mezz’ora abbondante si chiude tra gli applausi del pubblico, alcuni dei quali addobbati anche con le loro magliette, prima dell’immancabile selfie ricordo.

SKILLET
Dopo un rapido cambio palco alle 21.05 in punto arriva il turno degli headliner, con l’allestimento delle grandi occasioni che prevede la pedana per la batteria e un megaschermo su cui scorrono immagini e frammenti dei brani. La partenza a razzo con “Invincible” non fa prigionieri, ma l’effetto speciale migliore è vedere la chitarrista Korey Cooper, compagna di palco e di vita del frontman John, saltare e dimenarsi come una trottola impazzita, al punto che se non fossimo ad un metro da lei saremmo tentati di pensare stesse suonando in playback. Invece per nostra fortuna è tutto vero, così come l’energia trasmessa da tutta la band che, dopo aver fatto cantare a tutto il pubblico “Rise”, porta in scena la più recente “Dominion” con una cortina di fumo cui contribuisce lo stesso cantante (con uno zainetto in stile Rammstein, solo che spara fumo invece di fuoco), per poi chiudere il pezzo con una coda strumentale in chiave metal che vede coinvolti tutti e cinque i musicisti in un’infuocata performance.
In chiusura ad “Awake And Alive” trova spazio anche un breve solo di batteria e chitarra, prima dell’esplosiva “Back From The Dead”, e tra un break e l’altro c’è tempo per un rapido sondaggio – da cui si evince che buona parte del pubblico è al suo primo concerto con gli Skillet – e per fortuna generale la setlist è incentrata sul trittico più rappresentativi (“Unleashed”, “Comatose” e “Awake”), lasciando in secondo piano i due ultimi lavori.
L’altra protagonista della serata, oltre ai coniugi Cooper, non poteva che essere la batterista Ledger, che oltre all’accompagnamento alle secondi voci (non sempre ottimale come resa, per lo meno dalla nostra posizione alla destra del mixer) si ritaglia un ruolo da coprotagonista anche al microfono su “Hero”, cedendo temporaneamente il sedile dietro alle pelli (così come peraltro lo stesso cantante/bassista John Cooper, in quest’occasione senza il suo strumento).
Oltre ad una bella botta di energia e qualche dedica a Gesù, ad un concerto degli Skillet non possono mancare le power ballad: ecco dunque che stasera in scaletta trovano posto “Not Gonna Die” ed “Anchor”, accompagnate per l’occasione da una viola sul palco in luogo delle classiche parti registrate. Il meglio come da tradizione arriva verso la fine e così, allo scoccare della prima ora, l’effetto karaoke raggiunge l’apice con “Comatose”, “Undefeated” e “Monster”, trittico che fa tremare i pavimenti mentre Mr. Cooper incita la folla e sua moglie si divide tra chitarra e tastiere.
Dopo un’ora e un quarto è già tempo di saluti, ma non prima del bis con “Resistance”: volendo essere pignoli ci sarebbe stato forse spazio per uno o due pezzi in più, ma vista la performance e la reazione del pubblico, tra le cui fila abbiamo contato diversi elementi non ancora in doppia cifra all’anagrafe, possiamo certamente dirci soddisfatti di questa serata, sperando nei prossimi vent’anni di poterci gustare parecchie altre esibiozni degli Skillet (e qualche derby di Champions).

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