Report a cura di Edoardo De Nardi
Fotografie di Federico Rucco
Firenze accoglie Slash in una scura serata di novembre con una pioggia uggiosa ed incessante che sembra parafrasare letteralmente uno dei maggiori successi dei Guns’n’Roses, preparandosi ad ospitare la seconda data italiana del chitarrista americano al capiente Nelson Mandela Forum. L’affetto del pubblico italiano verso il riccioluto guitar-hero è sempre stato caldo e vibrante, come puntualmente ribadito anche questa sera dove la partecipazione è stata davvero eccezionale ed ha visibilmente gasato gli stessi musicisti sul palco. Ad aprire il concerto pare che lo stesso Slash abbia chiamato i Monster Truck, energica rock-band dell’Ontario che ha svolto più che egregiamente il suo compito da opener. Vediamo nei dettagli come sono andate le cose…
MONSTER TRUCK
Benedetti dalla stima e dall’apprezzamento dello stesso Saul Hudson, che li ha scelti personalmente ad aprire tutte le date del tour europeo che stanno intraprendendo, i Monster Truck sono rapidissimi a salire sul palco, attaccare gli strumenti ed iniziare a suonare, confermando un’attitudine per niente vergognosa ed anzi facilmente incline alla festa e alla caciara. Il pubblico naturalmente non è da meno e, non appena le potenti casse dell’impianto iniziano a pompare la musica del quartetto, scoppiano i primi boati di gioia ed il fragore delle mani che all’unisono tengono il tempo della musica. Da questo punto di vista, sembra che il repertorio dei Monster Truck, tratto per intero dal debut album “Furiosity”, uscito l’anno scorso, sia fatto su misura per situazioni di questo tipo: è presente infatti tutta la carica del rock tradizionale, unita a delle ricorrenti cadute in territori blues-stoner e dai continui richiami quasi soul, che la potente voce di Jon ricorda spesso. L’energia di “The Lion”, le melodie azzeccatissime di “Old Train” o di “Boogie” non rappresentano però l’unico approccio musicale degli americani, che hanno il tempo preciso per rallentare il ritmo con i blues dannati di “For The Sun” e “Sweet Mountain River”, prima di tornare a pestare per il finale. Una band insomma competente e capace in quello che fa, certo simile a moltissime realtà d’Oltreoceano ma sempre d’impatto in serate come queste.
SLASH ft. MYLES KENNEDY & THE CONSPIRATORS
La precedente esibizione ha lasciato un’atmosfera calda ed elettrizzante all’interno del Mandela Forum, e tutti iniziano a richiedere l’inizio della band principale, formata – è sempre bene ricordarlo – da Slash alla chitarra, ma anche dal fenomenale Myles Kennedy alla voce, nome noto grazie alle sue gesta del presente con gli Alter Bridge, e dai musicisti dei The Conspirators, corrispondenti ai fidi Todd Kerns al basso e alla seconda voce, Brent Fitz alla batteria, nonché Frank Sidoris come session alla chitarra. L’ingombro enorme che il nome di Hudson porta con sé rischia infatti di coprire il merito di un’intera band affiatata e ormai rodata da più album e anni di concerti, capace in diversi momenti non solo di sostenere, ma anche di esaltare la Gibson Les Paul più famosa del mondo con una prestazione sentita, vissuta in ogni suo momento, certo lontana dall’idea di ‘gregari assoldati’ che il contesto potrebbe portare a pensare. Il carniere di Slash è come sempre riempito dai grandi successi raccolti in oltre venti anni con le band in cui ha suonato, partendo dalla fama smisurata dei Guns, passando per gli Slash’s Snakepit ed i Velvet Revolver, fino alle ultime hit registrate recentemente proprio da solista con Kennedy alla voce. Si parte proprio da qua, con “You’re A Lie” tratta da “Apocalyptic Love”, dove i ragazzi iniziano da subito a scaldarsi ed entrare nel vivo della performance con una canzone energica e tirata al punto giusto. Pochi secondi ed arrivano i primi entusiastici incitamenti su “Nightrain”, indimenticabile terza traccia di “Appetite For Destruction”, prima che i suoni sul palco vengano definitivamente aggiustati sulle successive “Standing In The Sun” e “Avalon”, prima estratta dell’ultimo album appena pubblicato. Un occhio di riguardo viene dedicato anche all’unico ed effettivo album solista davvero rilasciato da Slash, l’omonimo del 2010, omaggiato ben tre volte nel corso della serata. La musica esce potente e diretta verso il pubblico, la confidenza sul palco e con il palco é davvero inattaccabile per i cinque, che non perdono occasione per condire il concerto di sorrisi, saluti al pubblico e ringraziamenti ad un Mandela Forum gremito in praticamente tutti i suoi spazi. Musicalmente, la grande coerenza dimostrata nel corso della carriera porta Slash ad allestire una scaletta compatta, forse poco variegata ma fornita di buone canzoni, senza contare gli assi nella manica corrispondenti ai successi raccolti in tutto il mondo con il nemico/amico Axl Rose. Per stasera, questi ultimi corrispondono a “Mr. Brownstone”, “Outta Get Me”, interpretata magistralmente da Kerns alla voce, “Rocket Queen” e “Sweet Child O’ Mine”, dove è invece Kennedy a zittire definitivamente il confronto inevitabile con il primo cantante della canzone grazie ad un’intensità e ad un’estensione da cavallo di razza pura. Si segnala naturalmente l’interminabile assolo di quindici minuti a metà concerto, grazie al quale il pubblico rimane impietrito dopo un po’, apprezzato veramente forse solo dai musicisti presenti in sala, e l’immancabile encore affidato nientemeno che a “Paradise City”, sulle cui note cadono definitivamente gli indugi e si scatena un pogo generale simpatico e divertente. Si è trattato insomma di una serata distesa e piacevole, organizzata in un locale adatto a questo tipo di manifestazioni ma forse un po’ goffo nella gestione di un così grande numero di persone, comunque capace di confermare sia l’egemonia dell’ex Velvet Revolver, sia l’ormai status di celebrità di primo livello giustamente raggiunta da Myles Kennedy, come anche l’attaccamento che molti fan italiani ancora nutrono nei confronti di una delle più grandi icone della storia del Rock.