A cura di William Crippa
Fotografie di Francesco Castaldo
Passa dalla Postepay Arena di Assago il tour di Slash, promuovente il grandissimo nuovo album dell’ex GN’R, “World On Fire”, uscito lo scorso autunno. Ad accompagnare il riccioluto chitarrista la solita squadra di amici composta dall’ex Union Brent Fiz alla batteria, Todd Kerns al basso, Frank Sidoris alla chitarra solista ed ovviamente l’amatissimo cantante degli Alter Bridge, Myles Kennedy, dietro al microfono. A supporto degli headliner una band molto amata dal pubblico italiano ma non solo, i Rival Sons, visti da noi l’ultima volta a dicembre ai Magazzini Generali di Milano. Affluenza non proprio da record, giusto un poco più rispetto ai Judas Priest della sera precedente, ma questo significa che lo spazio vitale individuale di ognuno è assicurato. Moltissime le magliette dei Guns N’Roses presenti, ovviamente, ma ancora maggiori sono quelle dedicate al chitarrista anglo-americano. Anche per questo show si segnalano moltissimi bambini presenti, anche molto piccoli, accompagnati da mamma e papà; ci colpisce particolarmente un gruppo di quattro bambine bionde sulla decina di anni che sembrano ancora più felici dei genitori di essere qui, segno che il futuro per l’hard rock è assicurato. Il tempo scorre veloce e con circa quindici minuti di ritardo ecco i Rival Sons accedere allo stage!
RIVAL SONS
La band di Los Angeles sale sul palco senza neppure guardare il pubblico ed inizia la propria esibizione con “Electric Man”, opener dell’ultimo album “Great Western Valkyrie”, accolta molto bene dalla venue, alla quale segue, dallo stesso lavoro, “Secret”. Dal passato vengono estratte “Pressure And Time” e “Torture”, che i presenti cantano e dimostrano di conoscere bene. Singolare l’atteggiamento della band in sede live, con tutti i membri del gruppo che si disinteressano dei fan, tanto che Mike Miley e Dave Beste passeranno l’intero set girati di fianco a farsi i fatti propri ed a parlare tra loro e solamente Scott Holliday darà qualche sguardo ai suoi piedi; Jay Buchanan, faccia al pavimento per tutto il tempo, addirittura sembra non sapere neppure dove si trova e vaga per il palco senza meta, per una scena a dir poco strana. Ma i suoni sono strepitosi e i Rival Sons suonano alla grande, Jay su tutti, per un grande godimento da parte dell’intera Postepay Arena. Dal debut album autoprodotto ecco “Tell Me Something”, prima di tornare al presente con “Where I’ve Been” e soprattutto con una favolosa versione di “Open My Eyes”, davvero molto intensa. “Keep On Swinging” chiude un’esibizione apprezzatissima, più dal punto di vista strettamente musicale che da quello visivo, abbastanza carente.
SLASH feat. MYLES KENNEDY AND THE CONSPIRATORS
Il leggero ritardo da parte dei supporting act si riversa anche sull’headliner e le luci si spengono poco dopo le 21.15. Dopo l’intro di rito, ecco i Conspirators salire uno alla volta sul palco, con Slash che si presenta ai fan per ultimo dando il via a “You’re A Lie”; le prime note di “Nightrain” scatenano un autentico boato da parte della venue, con il ritornello cantato a squarciagola da tutti i presenti. “Avalon” dal nuovo “World On Fire” e “Halo”, dopo le quali Kennedy e il signor Hudson si radunano a centro palco per dare il via ad una magnifica versione di “Back From Cali”. Myles prende la parola e ringrazia “tutti coloro che sono qui questa sera a cantare”, introducendo una vera ‘motherfucking song’, “Wicked Stone”, che prolungata sull’ultima nota dà il via ad una apprezzatissima “Mr. Brownstone”, bissata da una clamorosa “You Could Be Mine”, durante la quale Slash rompe una corda della sua chitarra ed è costretto a cambiare strumento in corsa. Davvero grandiosi i suoni e il pubblico presente gode di ogni singola nota emessa dall’ex Guns; la band è dannatamente in forma, anche se come sempre si ha l’impressione di guardare due palchi distinti, con Myles Kennedy e gli altri a centro stage a mettercela tutta e ad interagire con i fan, divertendo e divertendosi, mentre Slash se ne sta in solitudine all’estremo lato destro, immobile e monolitico. Todd Kerns si porta al microfono e fa partire “Doctor Alibi”, alla quale segue “Welcome To The Jungle”, al solito cantata anch’essa dal bassista in sede live. Le luci si abbassano e il solo Kennedy rimane davanti al pubblico, per una intensissima “Starlight”; all’Alter Bridge viene passato da una ragazza in transenna un peluche rosa a forma di elefante, che il cantante mostrerà felice per tutta la durata di “Beneath The Savage Sun”, per poi parcheggiarlo ringraziando sopra gli amplificatori di Frank Sidoris. Slash imbraccia una chitarra a doppio manico per “The Dissident”, cantata in coro dai fan, alla quale segue “Rocket Queen”, all’interno della quale il chitarrista piazza un assolo da ben tredici minuti, che ammalia e affascina. “Bent To Fly” e “World On Fire” portano ad “Anastasia”, apprezzatissima, durante la quale Myles prenderà la propria chitarra per l’unica volta della sera, e che virerà in una roboante “Sweet Child O’Mine”, per mandare in estasi tutta la venue. “Slither” dei Velvet Revolver porta alla pausa e la band si ripresenta sul palco per una festosa “Paradise City”, che chiude il concerto tra una pioggia di coriandoli sparati dallo stage. Grandissima esibizione da parte di Slash and The Conspirators, musicalmente perfetta, supportata come già detto da suoni ottimi; al solito, questa combo si è confermata al top ed i fan si sono divertiti un mondo. Grandissimo piacere ha fatto constatare che le bambine viste all’ingresso, che durante il concerto erano posizionate con i genitori a fianco a noi, non solo si divertivano ma anche conoscevano a memoria ogni singola parola delle canzoni dei dischi di Slash, per una passione autentica che lascia ben sperare per il futuro.