A cura di Maurizio “MorrizZ” Borghi, foto di Barbara Francone
Sabato sera al Transilvania Live per una serata con del buon rock duro made in US… why not? Si vede che di motivazioni ce n’erano parecchie vista l’affluenza di pubblico. Il bill non era sfavillante, questo è chiaro, e da quando i Soil hanno stupito tutto il Gods Of Metal con la loro musica incendiaria sono passate molte stagioni, ma il poter contare distintamente tutti i presenti non lo si augura nemmeno al gruppo più odiato sulla faccia della terra. Vi siete persi una serata piacevole.
MAINLINE
Quando i torinesi attaccano lo show “presentazione” per il lavoro “From Oblivion To Salvation” il locale è più vuoto di quanto lo sia durante il soundcheck, e molti dei pochissimi presenti li ignorano totalmente seduti sulle gradinate del locale, ancora memore della strabordante presenza di persone di appena una settimana prima. Il modern-metal della formazione è sopra la sufficienza ma non impressiona, tantomeno in una cornice così deprimente.
LENNON
Sui poster attaccati al banchetto del merchandise Lennon, ragazza-frontman del trio di Orlando, sembra proprio una gran gnocca: alta, mora, vestita di pelle e con un seno notevole. Quando ci si gira e la si vede sul palco ci si trova davanti una clone truccata di Alanis Morrisette… certo non è una latrina ma c’è qualcosa che non va. Al suo fianco un chitarrista pittoresco conciato da modello di HotTopic cerca di dare dinamica al rock melodico, monocorde e anche un tantino deprimente della formazione. Certo Lennon ha un bel visino, ma con una voce che non è nulla di eccezionale e con un repertorio decisamente monotono ci si chiede come faccia a sopravvivere. Stringe il cuore vederla fuori dal locale a tentare di regalare il suo CD “Damaged Goods”, e quando la gente la evita con un pizzico di imbarazzo non possiamo fare a meno di insegnarle la parola “gratis”, così che almeno i pochi presenti possano accettare il suo dono e ricambiare con un sorriso.
PANIC CELL
Una birra in un bicchiere di plastica, sul quale riflettono le luci del palco, appoggiata sulle transenne. Una barriera che dovrebbe arginare orde di fan entusiasti, ma che a concerto inoltrato è assolutamente fredda e immobile. La fotografia appena descritta è del tutto esplicativa. La proposta degli inglesi è la più simile a quella degli headliner, e sebbene esteticamente l’impressione è quella di quasi quarantenni che hanno perso il treno del successo, va ammesso che l’hard rock di questi sporchi avanzi di galera è moderno, heavy, groovy e catchy, e Bob Rose ha una gran voce, potente e graffiante anche sui melodici. Il tipico gruppo che vedete sempre di supporto ai big dagli States nel tour europeo, grandi lavoratori che difficilmente faranno il salto di qualità.
SOIL
L’addio di Ryan McCombs, ora negli attesissimi Drowning Pool, è stata una dura prova per i Soil, già provati da un comeback scarsino come “Redefine” e dall’abbandono della casa discografica. Assunto Aj Cavalier dai Diesel Machine, la band è di nuovo in pista con “True Self” – un disco onesto e compatto – ed è tornata in Italia, dopo anni dal trionfale Gods Of Metal in cui si erano fatti notare da completi sconosciuti. Problema: le anime all’interno del Transilvania sono meno di cinquanta, che si fa? Si mette in piedi lo stesso uno show divertente ed energico anche per i pochi presenti! Gli occhi all’inizio sono tutti su AJ: il ragazzo ha una gran bella voce, più pulita rispetto a quella dell’ex Ryan, e per questo il cantante sembra che si sforzi continuamente per sporcarla per ottenere una timbrica e uno stile quasi identico a quello del predecessore. Sicuramente è stato scelto per la sua verve comica e il suo lato di puro entertainer: tutto lo spettacolo è stato costellato dal suo discreto umorismo, verbale e non. Dapprima lo spilungone si è divertito appiccicando il foglio con la scaletta sulla schiena del bassista, successivamente ringraziando per la ottima cena ha detto che il suo microfono sapeva di lasagne, infine ha scherzato con il pubblico e ha trovato una spalla eccellente nel piccolo Shaun Glass: quando dall’impianto di areazione è uscito odore di fogna il chitarrista è stato accusato di aerofagia, e il piccoletto appena poteva ha continuato a rimarcare “non ho scoreggiato!”… esilarante. La chitarra di Adam Zadel abbandona il gruppo più volte per problemi tecnici, tanto che è necessario un piccolo break prima di tornare ad allietare i fans, che erano pochi ma assolutamente partecipi. Una scaletta variegata ha trovato il punto più alto nella conclusiva “Halo”, la hit del gruppo, eseguita assieme al frontman dei Panic Cell. Divertentissimi.
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