26/06/2016 - SOILWORK + DESPITE EXILE + LOGICAL TERROR @ Revolver Club - San Donà Di Piave (VE)

Pubblicato il 30/06/2016 da

Report a cura di Chiara Franchi

Mentre le vicissitudini del Deposito di Pordenone e del suo vicinato per niente music-friendly continuano a far accumulare carta sulle scrivanie di Comune, Questura e Tribunale del Riesame, gli eventi organizzati dalla venue friulana traslocano in Veneto, al Revolver Club di San Donà di Piave (VE). Il cambio di location non è sicuramente dei più vantaggiosi, dato che obbliga i titolari di prevendita a rimpiazzare il biglietto e che il nuovo locale, nato come discoteca, presenta evidenti limiti sul piano acustico. Ma come si suol dire: piuttosto che niente, meglio piuttosto. Dunque, con in spalla un po’ di spirito di adattamento e tanta voglia di sostenere la crew del Deposito anche fuori sede, ci apprestiamo ad assistere all’atteso show dei Soilwork. Gli storici rappresentanti di quel death melodico made-in-Sweden fatto di ritornelloni cantabili e muri di chitarre sono supportati per l’occasione da Logical Terror e Despite Exile, due giovani band italiane pronte a darci un piacevole assaggio dell’estremo di casa nostra. Facciamoci quindi largo nell’afa di questa serata di fine giugno ed entriamo senza ulteriori indugi nel vivo dello show.

 

soilwork - san dona di piave 2016

 

LOGICAL TERROR

Microclima da foresta amazzonica, locale ancora semi-deserto, volumi omicidi e un rimbombo che manco nella Cappella Sistina: ecco le condizioni in cui i Logical Terror si trovano a salire sul palco, intorno alle 21:00. Ah, quasi dimenticavamo: il palco a loro disposizione è grande più o meno come il tavolo della nostra cucina.  Ciononostante, i cinque validissimi ragazzi di Modena tengono banco con una grinta invidiabile e un carnet di brani che funzionano dal primo all’ultimo. Tra qualche inserto elettronico (“Nameless”)  e strizzate d’occhio alle ultime tendenze (la titletrack del nuovo album “Ashes Of Fate”), i Logical Terror non possono  non fare presa sui fan dei Soilwork, che infatti cominciano già dopo pochi brani ad avvicinarsi al palco e a supportare la band con espressioni di chiara soddisfazione. Del resto, il tributo del gruppo emiliano verso gli headliner della serata è evidente e culmina nella buona “The World Was Mine”, che nella versione contenuta in “Ashes Of Fate” vede la partecipazione proprio di Björn “Speed” Strid. Nonostante i suoni penalizzanti, dopo la mezzora dei Logical Terror ci rimane un’impressione davvero favorevole di questi ragazzi, forti di una sessione ritmica incalzante e di due frontmen pronti a dare tutti i liquidi che avevano in corpo per scaldare (per fortuna in senso solo figurato) il loro pubblico. Speriamo vivamente di poterli rivedere in condizioni acustiche migliori!

DESPITE EXILE

I Despite Exile sono una nostra vecchia conoscenza, ormai pluritestata in sede live ma soddisfacente ogni volta come se fosse la prima. Fin dalle prime battute di “Act IV: Herald Of Darkness”, singolo estratto dal recente EP “Disperse”, ci troviamo davanti alla consueta fucilata deathcore, potente e precisa. L’intreccio caleidoscopico di riff e cambi di tempo non distrae minimamente la band dal fare tutto il casino possibile nei due metri quadri che ha a disposizione, mentre il pubblico continua a dimostrare attenzione e coinvolgimento. La setlist è come sempre serratissima: “Immanence”, “Act III:Trascendental Observer” e l’aggressiva “Mechanical” non lasciano un attimo di respiro a noi che già, qui sotto, siamo abbastanza a corto di ossigeno. Del resto, neanche i Despite Exile si concedono il lusso di una pausa, proseguendo inarrestabili nella loro sequenza di breakdown e mosse perfettamente coordinate. La performance si chiude sulle note della solenne “Act V: Dissipating Martyrs”, con gli spettatori che cantano. Rispetto ai predecessori Logical Terror (ma anche rispetto agli headliner), la band udinese ha beneficiato di suoni che, seppure lontani dall’essere ottimali, hanno permesso quantomeno di apprezzarne il lavoro. Al di là di questo dettaglio, i Nostri hanno fatto ancora una volta gli onori di casa in grande stile e si riconfermano come una delle realtà da tenere d’occhio nel prossimo futuro.

SOILWORK

I Soilwork attaccano alle 22:45 con la titletrack del loro nuovo album “The Ride Majestic”, seguita a ruota da “Nerve”, “The Chainheart Machine”, “The Crestfallen” e “Death In General”. L’apertura è trascinante e il pubblico comincia subito a saltare incurante del caldo quasi insopportabile. Oltre al caldo, di quasi insopportabile ci sono anche i volumi, esagerati per un locale così piccolo e per di più inadeguato ad ospitare un gruppo che suona dal vivo. Men che meno una band con due chitarristi che vanno di palm-mute come se non ci fosse un domani e un batterista che ci dà giù pesante di doppia cassa. A proposito di batterista: come molti sapranno, Dirk Verbeuren è attualmente impegnato con i Megadeth in sostituzione di Chris Adler. Le date del Tour Majestic sono quindi supportate dal danese Bastian Thusgaard che, seppur privo dell’incisività di Verbeuren, si dimostra un bravo esecutore. Purtroppo, anche e soprattutto nel caso degli headliner, la cassa è stata mantenuta su volumi eccessivi, contribuendo a peggiorare il sound già fortemente compromesso dall’acustica del locale. Quanto agli altri componenti, i Soilwork sono apparsi in forma, con uno “Speed” dalla voce sempre meravigliosa e un Markus Wibom al basso meritevole del titolo di migliore sul palco. La setlist prosegue in un incalzante susseguirsi di successi vecchi e nuovi, che i fan cantano a pieni polmoni. Solo sulla cattivissima “Bastard Chain”, a oltre quaranta minuti dall’inizio, ci sembra che il pubblico cominci a soffrire la temperatura tropicale e i bassi talmente sparati da farci  tremare i molari in bocca. Magari è stata una nostra impressione, ma più o meno dallo stesso momento iniziamo a notare qualche segnale di leggero calo anche on stage: i chitarristi Sylvain Coudret e David Andersson sono madidi, mentre Strid sembra a tratti forzare leggermente sulle note alte. Ciononostante, la performance prosegue senza rallentare il ritmo con “Whirl Of Pain” e “Rejection Role”, in cui “Speed” offre il microfono ad un fan delle prime file che dà prova, per lo meno, di essere intonato. La chiusura è affidata a “Follow The Hollow” e alla maestosa “Stabbing The Drama”, che fanno calare il sipario tra gli applausi. Ci auguriamo di poter riascoltare i Soilwork in uno spazio che renda davvero giustizia al loro sound e su un palco che lasci maggiore libertà di movimento, perché dopo quasi vent’anni di carriera questi signori hanno ancora parecchio da dire!

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