26/06/2012 - SOLOMACELLO FEST 2012 @ Magnolia - Segrate (MI)

Pubblicato il 05/07/2012 da

Introduzione a cura di Marco Gallarati
Report a cura di Giacomo Slongo e Marco Gallarati

Era più o meno l’anno scorso, per la precisione il 5 luglio 2011, quando Metalitalia.com presenziò alla riuscitissima edizione del MiOdi Festival, carico di band di nicchia e meno nicchia, formazioni di culto e combo immarcescibili di scene usualmente lontane dalla massa metallara dei grandi giri economici. Il MiOdi, in questa opprimente e canicolare estate 2012, cambia pelle ed etichetta, mutando nel SoloMacello Fest, dal nome del dissacrante ed irriverente blog sulle disavventure del circense movimento metallaro (e non) che passeggia beone e blasfemo accanto alla vita tout-court. Probabilmente, il bill del neonato festival non è stato prestigioso e accattivante, né ricercato, come quello messo in piedi 365 giorni fa circa, ma è chiaro come e quanto Napalm Death ed Unsane, rispettivamente padri (ma anche ormai nonni) del grindcore e del noise, siano entità che si pongono trasversali lungo la circonferenza del nostro universo, occupandola tutta per importanza e storicità. Una valida serie di gruppi di contorno, italiani ed internazionali, si sono inoltre alternati di supporto ai due nomi principali sui tre palchi del Circolo Magnolia: il Main Stage, il Mexican Stage – quest’anno non confinato nella calura interna del locale, ma spostato poco fuori – e l’Outfrog Stage, il palco che accoglie gli astanti appena prima delle porte d’entrata della venue immersa nel parco dell’Idroscalo. Bancarelle con vario materiale, fra cui CD, vestiario e i libri della Tsunami Edizioni, hanno polverizzato la presenza di stand al recente Gods Of Metal, fornendo ai convenuti anche qualche ragione di svago in più che non siano quelle di gozzovigliare e ripararsi dal Sole. Servizio gastronomico adatto alla location e anche di buona qualità e scelta. Molto gradita, infine, la drasticamente diminuita presenza di insetti emofagi, il pericolo numero uno delle estati al Magnolia. Ci congediamo, prima di lasciare spazio ai consueti singoli trafiletti relativi agli show, avvertendo che, pur essendo presente con due reporter, Metalitalia.com non è riuscito a visionare tutto, si voglia per ragioni temporali o semplicemente di interesse musicale. Alle formazioni non reportate va il nostro scusa e un ‘alla prossima occasione!’. Intanto, SoloMacello Fest, ti aspettiamo l’anno prossimo!

 

O
Venticinque minuti di contagiosa negatività. Questa, senza troppi giri di parole, è la performance degli O, prima band della serata a calcare le assi del Mexican Stage. Una formula collaudata, quella del quintetto piemontese, portata in auge dalla premiata ditta Southern Lord/Profound Lore e divenuta fonte di ispirazione per dozzine di epigoni. Parliamo – per chi non avesse dimestichezza con il sound dei Nostri – di un agghiacciante coacervo a base di grindcore e black metal, seguito con attenzione da una discreta cornice di pubblico ed esaltato dai vocalizzi disperati del frontman S, rigorosamente in lingua madre. Nulla da appuntare, una bella mazzata.
(Giacomo Slongo)

BIG BUSINESS
Non facciamo in tempo a rifiatare che siamo subito costretti a spostarci nei pressi del palco principale, dove i Big Business hanno da poco inaugurato il proprio live-set. Al combo di Seattle, portato in Europa dagli Unsane, basta una “Focus Pocus” per infervorare gli animi, tra ritmiche obese e polverose digressioni settantiane. Una miscela vincente la loro, come dimostrato in tempi non sospetti dai Red Fang, che ha finito per essere apprezzata dalla totalità degli astanti. Difficile – a conti fatti – resistere alla colata di sludge vitaminizzato del terzetto statunitense; non resta che lasciarsi andare ad un po’ di sano, vecchio headbanging. Per quanto ci riguarda, tra le formazioni più coinvolgenti del festival.
(Giacomo Slongo)

RISE ABOVE DEAD
Senza sosta alcuna e facilitati dai pochi metri che separano un palco dall’altro, andiamo all’esterno verso l’Outfrog Stage per gustarci i milanesi Rise Above Dead, già apprezzati l’anno scorso su queste stesse coordinate geografiche. Il post-doom-sludge-core metal – sì, l’abbiamo scritto apposta così lungo per intendere che la band è piuttosto indefinibile – dei ragazzi è davvero notevole e si barcamena tra lunghe introspezioni e derive acustiche e psichedeliche e sfuriate laceranti dal groove pesante, fra le quali si innesta la sommersa voce di Andrea Rondanini, che fluttua quasi dispersa nel magma ondeggiante del suono dei suoi compari. Da pochissimo è fuori il debutto “Stellar Filth”, dal quale ci pare aver riconosciuto l’esecuzione dell’ottima “Bury Them In Dust”, ed è limpido come acqua di sorgente che i Rise Above Dead vadano tenuti d’occhio! Bravi e sul pezzo.
(Marco Gallarati)

DEAD NEANDERTHALS / MOMBU
Dopo esserci provvisti a dovere di birra doppio malto e panino con salamella d’ordinanza, e aver visto solo di sfuggita i Gandhi’s Gunn, ripiombiamo sull’Outfrog Stage in tempo per assistere a due allucinanti brani degli olandesi Dead Neanderthals, duo che definire estremo è davvero poco: batteria e sassofono, stop; la prima lanciata a velocità death-black metal e con poche varianti, il secondo in pieno orgasmo rumorista, di quelli belli lunghi da maiale, per intenderci. Nel quarto d’ora di visione, facciamo giusto in tempo a smettere di guardarci attoniti e cominciare ad apprezzare il trance indotto dai suoni unilaterali. Poi la band, sudante in maniera invereconda, se ne va nel silenzio massacrante di un tuono esploso e imploso all’improvviso.
La scelta degli organizzatori, speriamo non casuale, ci ha visto poi dirigerci verso il Mexican Stage, dove i nostrani Mombu si sono presentati all’audience nella stessa line-up degli appena lasciati Dead Neanderthals. Luca T. Mai, pregiato sassofonista degli Zu, e Antonio Zitarelli, batterista dei Neo, rendono decisamente più musicali e accessibili le sonorità emesse dai loro strumenti, coniando un delirante jazz-afro-swing per delimitarne i copulamenti, per una performance che ha dato la paga a quella dei loro predecessori, sotto tutti i punti di vista, escluso quello dell’estremismo. Basiti da questa doppietta di spettacoli assurdi, decidiamo di andare ad ubriacarci con tutti i crismi, prima che arrivino gli Unsane a farci saltare i padiglioni auricolari.
(Marco Gallarati)

UNSANE
Una New York degradata e degradante, teatro di ogni sorta di eccessi. Questa è la storia che gli Unsane – da una ventina d’anni a questa parte – hanno deciso di raccontarci a cavallo di sonorità spigolose ed indigeste. Ed è di fronte ad un’arena ben colma, con la Luna a fare capolino tra le chiome degli alberi, che la Storia si ripete. I Nostri – guidati da un Chris Spencer in forma smagliante – hanno demolito il pit del SoloMacello, scavando voragini nel cemento e andando a ripescare la crème de la crème della propria discografia (con un occhio di riguardo nei confronti del recente “Wreck”). Sugli scudi, come sempre, la sezione ritmica affidata al basso tellurico di Dave Curran e alla new entry alla batteria Coady Willis, drummer dei Big Business in sostituzione di Vinnie Signorelli, in grado di coadiuvare alla perfezione il lavoro del frontman (inseparabile dal proprio berretto) alla voce e alla sei-corde. Coesa e inappuntabile, la performance dei noise rocker della Grande Mela scorre senza intoppi, galvanizzando la sete di violenza urbana dei presenti e spianando la strada ai co-headliner Napalm Death, attesi al varco per concludere al meglio questa prima edizione del SoloMacello Fest. Pollice in su.
(Giacomo Slongo)

BOLOGNA VIOLENTA
Chi scrive attendeva con una certa curiosità la prova della one-man-band Bologna Violenta, per cui non intende lasciare nulla al caso. Headliner del Mexican Stage, il progetto solista di Nicola Manzan (Baustelle, Il Teatro Degli Orrori) ci travolge con un profluvio di sonorità cyber/grindcore strumentali e nichiliste, tra scariche di sintetizzatori impazziti e stop-and-go al cardiopalma, per un risultato – ahinoi –  tedioso e ripetitivo, che peggiora con il trascorrere dei minuti. Per la serie: ascoltato un brano, ascoltati tutti. E’ senza troppi problemi, quindi, che ci allontaniamo dal palco ad una manciata di pezzi dalla fine, con la sensazione di avere assistito ad un nulla di fatto. Potevamo risparmiarcelo.
(Giacomo Slongo)

NAPALM DEATH
Dalla violenza ‘tanto fumo e niente arrosto’ dei Bologna Violenta a quella vera, distillata dagli inglesi di Birmingham: non potevamo chiedere di meglio per riprenderci dallo sconforto. Introdotti dalle apocalittiche atmosfere di “Circumspect”, i Nostri – padri putativi del grindcore, come tutti già sapranno –  prendono possesso del Main Stage in tardissima serata, sotto gli sguardi di un pubblico in trepida attesa dagli inizi della manifestazione. Non ci occorre molto per capire che la setlist vedrà affidare il grosso del lavoro al recente “Utilitarian”, saccheggiato senza remora dei suoi pezzi migliori: dalle iniezioni post-punk (in salsa Swans) di “The Wolf I Feed” alle bordate della massacrante “Analysis Paralysis”, per un’ora di concerto ad alti livelli. La voce di Barney – come al solito – continua a non sentire il peso degli anni, deflagrando in tutta la sua brutalità al di sopra delle nostre teste, mentre il trio Embury/Harris/Herrera non sbaglia una battuta, rodato da una carriera e da una professionalità trentennali. A muso duro, senza badare ad orpelli e ad altre amenità, i quattro fanno piazza pulita del pit, scatenando un pogo continuo e massacrante, che ha visto raggiungere il suo apice in concomitanza della mitica “Suffer The Children”, accolta da un vero e proprio boato. Inferociti e inossidabili. Hanno vinto loro, ancora una volta.
(Giacomo Slongo)

Setlist
Circumspect
Errors In The Signals
Everyday Pox
Protection Racket
Silence Is Deafening
The Wolf I Feed
Practice What You Preach
Quarantined
Next Of Kin To Chaos
Analysis Paralysis
Dead
Deceiver
When All Is Said And Done
Unchallenged Hate
Nom De Guerre
Suffer The Children
Breed To Breathe
Nazi Punks Fuck Off
Scum
Human Garbage
You Suffer
Instinct Of Survival

 

4 commenti
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