Report a cura di Roberto Guerra
Una serata dalle tonalità un po’ amarognole, quella prevista a Trezzo sull’Adda in un freddo sabato sera, caratterizzata da un’affluenza relativamente al di sotto delle aspettative e da un trittico di esibizioni piuttosto controverse, seppur per motivazioni differenti. Oltre ai finlandesi Sonata Arctica, troviamo all’interno del programma i connazionali Temple Balls e gli statunitensi Edge Of Paradise, entrambi arrivati ad un importante test per verificare le proprie ambizioni di carriera. Fortunatamente, però, i concerti non si vivono soltanto per la musica, ma anche per trascorrere del tempo positivo con amici e colleghi metallari; ciò ci permette comunque di sorridere nel reportare un evento che, sotto determinati punti di vista, non ha propriamente lasciato un buon ricordo nella nostra memoria di concertisti. Buona lettura!
TEMPLE BALLS
Sulla falsariga di alcuni colleghi connazionali, tra cui ad esempio i piacevolissimi Shiraz Lane, questa formazione finlandese di genere tipicamente hard rock in salsa revival potrebbe risultare relativamente fuori posto all’interno di una line-up come quella di questa occasione. La loro proposta trasuda anni ’80 (e la riproposizione moderna di questi) da ogni nota, così come la loro presentazione peculiare a base di chiome bionde cotonate e leggins in similpelle, il che crea subito un tiepido senso di simpatia in alcuni degli ancora non proprio numerosi esponenti del pubblico. Tra un richiamo a Bon Jovi e uno ai Dokken, qualche spunto piacevole fortunatamente emerge, permettendoci così di goderci lo show dei Temple Balls nella sua totalità senza particolari sensazioni di noia, seppur non esaltandoci mai come avremmo sperato di poter fare. Otto estratti sufficienti eseguiti con entusiasmo compongono un primo atto che, sotto un certo aspetto, potrebbe paradossalmente sembrare il più riuscito dell’intera serata. Ma andiamo con ordine e proseguiamo…
EDGE OF PARADISE
Si è già fatto un discreto discutere in merito a questa bizzarra formazione statunitense recentemente entrata tra le numerose schiere della nostrana Frontiers Records, caratterizzata da un sound che prende tanto dal metal quanto dal pop e da un determinato tipo di elettronica, con l’intenzione di dare un che di futuristico/distopico ad una proposta che, dopo la data del Live, potremmo etichettare come ‘tutto sommato convincente su disco ma molto meno in sede live’. La bella vocalist Margarita Monet, dal punto di vista estetico e/o scenico, fornisce sicuramente un’ottima prova, compensando in parte una resa vocale a tratti altalenante, e reggendo praticamente da sola un palco che i suoi compagni musicisti non riescono del tutto a dominare: i muscoli del massiccio chitarrista Dave Bates, ad esempio, fanno la loro impressione, ma una maggiore mobilità sarebbe stata sicuramente gradita. Giungendo al lato musicale, possiamo limitarci ad affermare che i brani eseguiti dagli Edge Of Paradise non riescono del tutto a giungere al punto, in quanto risulta esserci fin troppo spazio per la noia e gli sbadigli, anche a causa di un’efficacia e di una compattezza sonora decisamente sotto la media. Siamo certi che una band con queste caratteristiche riuscirà a trovare il proprio posto nel mercato, almeno stando a quel che suggeriscono gli andamenti recenti, ma personalmente ci sentiamo di rimandare sonoramente i cinque americani ad una prossima occasione, poiché allo stato attuale non ci siamo proprio.
SONATA ARCTICA
Poche gioie e tanti dolori per quanto riguarda gli ultimi anni di carriera di quella che un tempo era una delle power metal band europee più popolari al mondo, soprattutto grazie a delle prime uscite talmente sfavillanti da risultare quasi incredibili, se paragonate all’assoluto piattume che Tony Kakko e compagni ci propinano ormai da un po’ di tempo. Nonostante il giudizio piuttosto freddo sugli ultimi concerti dei Sonata Arctica cui abbiamo assistito, eccezion fatta per quello in chiave acustica, la speranza di poterci un giorno ricredere è sempre viva, soprattutto considerando la nostra affezione assoluta per i loro capolavori discografici del passato. Ebbene, nel caso di questa occasione si potrebbe dire che lo show rispecchi in maniera abbastanza accurata le sensazioni avute riguardo l’ultimo album “Talviyo”: non malissimo, ma di certo non bene! La setlist risulta infatti piuttosto fiacca, oltre che breve, e sembra non riuscire a prendere mai il volo in quanto composta perlopiù da estratti molto recenti; per giunta abbinata a uno spettacolo fin troppo essenziale e sprovvisto di guizzi anche dal punto di vista scenico, oltre che esecutivo. Non a caso il sorriso ha modo di manifestarsi sui nostri volti pressoché solo negli attimi precedenti l’encore, grazie all’atteso trittico composto dall’inno di ogni karaoke finlandese “Tallulah”, dall’apprezzata “Black Sheep” e dall’immancabile “Fullmoon”, cantata quasi più dal pubblico che da Tony stesso. La cover di “Losing My Insanity” di Ari Koivunen e la conclusiva “Life” svolgono il loro compito senza infamia e senza lode, il che sicuramente non ci lascia propriamente con le migliori emozioni a farla da padrone, al momento di lasciare la location. L’unica nota positiva che ci sentiamo di menzionare riguarda proprio il sopracitato frontman, la cui prova vocale è risultata essere più convincente del previsto, sulla base di quanto sperimentato in precedenza. Ormai ci siamo rassegnati all’idea che i Sonata Arctica non tornino più quelli che tanto abbiamo amato in passato, ma nella nostra ingenuità quasi fanciullesca continuiamo a sperare almeno in un ritorno in sede live a quegli standard che sarebbero quantomeno richiesti in un panorama competitivo come quello power metal. Cosa rimane, invece? Una band che propone canzonette gradevoli senza metterci la giusta foga e quasi avulsa a ciò che una volta sembrava riuscirle così tanto bene. Anche in questo caso siamo certi che molti lettori non saranno d’accordo, poiché per la legge dei grandi numeri anche la versione attuale dei Sonata Arctica avrà i suoi estimatori; ma il drastico calo di pubblico unito all’accoglienza molto titubante della critica la dice davvero lunga.
Setlist:
A Little Less Understanding
Closer to an Animal
Whirlwind
The Day
I Have a Right
Cold
Storm the Armada
X Marks the Spot
Who Failed the Most
Tallulah
Black Sheep
FullMoon
Losing My Insanity
Life