08/06/2013 - SONISPHERE FESTIVAL 2013 @ Arena Fiera Milano - Rho (MI)

Pubblicato il 08/06/2013 da

SONISPHERE FESTIVAL 2013
08/06/2013 – Arena Fiera Milano – Rho (MI)

 

sonisphere italia 2013 - locandina definitiva


Running order
:

Apertura porte: ore 12.00

21.00-23.00 – IRON MAIDEN
19.05-20.15 – MEGADETH
17.35-18.35 – MASTODON
16.15-17.05 – GHOST
15.00-15.45 – VOODOO SIX
14.00-14.30 – ZICO CHAIN
13.00-13.30 – AMPHITRIUM

Introduzione
Sonisphere Festival Italia 2013, l’evento internazionale torna dopo un anno di assenza dalle lande italiane e dopo due dall’edizione imolese. E a fare da headliner, guarda caso, anche per questa tornata abbiamo gli inossidabili Iron Maiden, chiamati a sostenere da soli il peso dell’affluenza festivaliera metal del 2013, almeno per quanto riguarda l’Italia, considerata la ‘sparizione’ contemporanea di due manifestazioni importanti quali l’Heineken Jammin’ Festival e lo storico Gods Of Metal.
L’Arena Fiera Milano di Rho è di nuovo la venue scelta per l’occasione e il tempo – nel momento in cui vi stiamo scrivendo, a pochi minuti da una ritardata apertura dei cancelli – è soleggiato e anche leggermente afoso, in una delle prime vere giornate di caldo di questa primavera milanese. Il bill, seppur inferiore rispetto ai Sonisphere di altre nazioni europee, è comunque di buon livello, con i Megadeth, appena usciti con il nuovo disco “Super Collider”, e i Mastodon, ormai quasi presenza fissa in questi eventi. Il concerto forse più atteso, sicuramente per curiosità e interesse attuale, è quello degli svedesi Ghost (o Ghost B.C. nella versione internazionale), reduci da due date di buon successo negli scorsi giorni. Chiudono il bill il duo rocker londinese di belle promesse Voodoo Six e Zico Chain e gli svizzeri Amphitrium, unici rappresentanti della musica estrema quest’oggi.
Hanno appena aperto i cancelli e i ragazzi si stanno letteralmente scapicollando verso il tanto discusso (ma anche tanto agognato) Golden Pit, l’area chiusa da transenne che permette ai ‘fortunati’ paganti di biglietto esteso di vedere i propri idoli da vicinissimo.
Ora non resta che invitarvi a venire al nostro stand nel corso della giornata e augurarvi un buon Sonisphere Festival. Noi ci apprestiamo a fornirvi il solito servizio con foto e report praticamente in tempo reale. Seguiteci!
(Marco Gallarati)

AMPHITRIUM – 13.00/13.30
Provenienza: Svizzera, Canton Ticino
Sito ufficiale

Gli svizzeri Amphitrium aprono la giornata, per ora baciata da un Sole travolgente. Il quintetto ticinese, che si è portato dietro una buona quantità di fan urlanti e che può già usufruire di un buon impatto di pubblico, propone una miscela poco identificabile di metal estremo (prevalentemente black), classic metal e influenze moderne che, se al sottoscritto pare piuttosto innocua e dal poco appeal, all’audience invece è parso piacere parecchio, fors’anche perchè eccitata (l’audience) dall’incipit violento di una giornata si spera entusiasmante. Suoni all’inizio troppo incentrati, come al solito, sulle basse frequenze ma presto migliorati con l’aggiustamento di chitarre e voce, che però, soprattutto le prime, resteranno fino alla fine troppo relegate in secondo piano rispetto al ‘bombardamento’ delle casse. Gli Amphitrium si sono comunque dimostrati una band assolutamente capace di stare sul palco, con un frontman simpatico e ciarliero e dall’inoppugnabile accento milanese! Quattro canzoni eseguite, più un’aggiunta non prevista in scaletta, visto la tempistica ancora a disposizione. Fra i brani eseguiti segnaliamo proprio le conclusive “One More Scar” e “Deliria – To Go Astray”, che hanno visto i Nostri ormai scaldati per bene. Quindi performance in crescendo per gli opener del festival ed inizio manifestazione tutto sommato più che positivo.
(Marco Gallarati)

 

ZICO CHAIN – 14.00/14.30
Provenienza: UK, Inghilterra, Londra
Sito ufficiale

Cambio di rotta drastico: dal black metal ‘sporco’ degli Amphitrium al rock/alternative/grunge degli Zico Chain il salto è abissale, ma i londinesi non sono per nulla spaventati, anche se ridotti a trio. L’ultimo arrivato infatti (il chitarrista Tom Gentry) è al momento fuori gioco per impegni personali, ma l’assenza non impensierisce una band davvero a suo agio sui palchi dei festival. Poster-boy del magazine Kerrang! e vere e proprie star in patria, gli Zico propongono un sound semplice e graffiante, che può accontentare tutti anche al primo ascolto. Non saranno in molti a conoscerli a Rho, ma a loro favore va il fatto di esser riusciti a coinvolgere i presenti, che riempiono già l’arena fino al mixer e rispondono prontamente alle istigazioni del frontman. L’interesse va scemando verso il termine del set, ma a pagare è la proposta leggermente fuori contesto della formazione, non certo la loro prova. Siamo convinti, insomma, che qualche nuovo estimatore gli Zico Chain se lo siano portati a casa…
(Maurizio Borghi)

 

VOODOO SIX – 15.00/15.45
Provenienza: UK, Inghilterra, Londra
Sito ufficiale

Si comincia a fare sul serio con i Voodoo Six…e lo capiamo dalla gente che fuori dalla zona pit si affolla sulle transenne arrivando quasi fino ai due mixer. Lo capiamo anche dai teli di fondo, che non mostrano più solo l’asettico monicker delle band ma riprendono l’artwork dell’ultimo “Songs To Invade Country To”, così come lo fanno anche i vari elementi scenografici che cominciano a vedersi sul vasto palco del Sonisphere. La band infila abilmente diversi estratti dal lavoro appena citato di imminente uscita e i vari brani dimostrano fin da subito di essere più che adatti alla sede live, proponendo un giusto equilibrio tra impatto sonoro, apporto melodico e incisività. L’opener “Falling Knives” e la successiva “Sink Or Swim” fanno il loro compito scaldandoci con l’abrasività di un hard rock vecchio stile, costuito attorno a riff quadrati e memorizzabili, ottima base per le buone melodie, che tanto sanno di blues, del roco Luke Purdie. I cinque di Londra si fanno valere nei loro tre quarti d’ora: hard & heavy di classe, alla maniera inglese, ci bombarda le orecchie per tutto il tempo, facendo muovere parecchie teste e alzare al cielo un buon numero di mani. Sentivamo il bisogno, dopo i modernismi e le sonorità atipiche delle prime due band, di un’immersione in un suono più classico: i Voodoo Six ci danno questa opportunità, strappando applausi e sorrisi anche a chi, come il sottoscritto, è figlio ancora degli Anni ’70. In qualche modo gli Iron ora ci sembrano più vicini e non solo perchè sono quasi già le quattro… Ora spazio agli attesissimi Ghost! Vediamo un po’ cosa combineranno!
(Dario Cattaneo)

 

GHOST – 16.15/17.05
Provenienza: Svezia, Linkoping
Sito ufficiale

Uno dei gruppi di cui si è parlato di più ultimamente si appresta ad entrare in scena e nel pit di fronte al palco si scorgono parecchie loro maglie, indice di una popolarità in rapida ascesa. Certo la componente promozionale ha avuto un notevole peso nel metterne in evidenza l’immagine ma loro, i Ghost, hanno saputo convincere anche grazie a due dischi di buon livello. Con un sound figlio dell’hard rock anni Settanta e del metal primordiale dei primi Black Sabbath, hanno saputo associare composizioni melodiche e a tratti piuttosto leggere a tematiche sataniche, accompagnate da costumi di scena e dalla sinistra figura del Papa morto: un connubio che molti aspettavano di vedere per la prima volta dal vivo qui al Sonisphere. L’attacco è lasciato alla breve e corale “Infestissumam”, titletrack dell’ultimo album, seguita da “Per Aspera Ad Inferi”. La band è tutta abbigliata in neri mantelli e indossa maschere da untore che scenicamente hanno un grande effetto. L’attenzione è però catalizzata da Papa Emeritus, frontman originalissimo che con le sue movenze sembra guidare gli astanti come se fossero discepoli alla sua messa. I suoni inizialmente impastati non aiutano certo il gruppo, che strumentalmente offre una buona prova, soprattutto per quanto riguarda le melodie tessute dai soli di chitarra. Quello che invece appare evidente è la prestazione vocale non sempre in linea del nero sacerdote, spesso aiutato da corpose basi. L’assenza di seconde voci che possano fare cori e armonizzazioni vocali (componenti, queste, decisamente rilevanti su disco) e il fatto stesso di affidare il tutto a parti pre-registrate sono le pecche più evidenti di uno show che ad ogni modo raccoglie i consensi di una vasta parte del pubblico. I brani estratti dal primo album “Opus Eponymous”, come i bellissimi “Elizabeth” e “Ritual”, si lasciano ascoltare con piacere, sebbene in questi casi il peso delle basi sia più influente. Gli estratti dal secondo lavoro invece hanno più tiro e riescono a coinvolgere maggiormente la platea. I ritornelli semplici e diretti di “Year Zero” e della conclusiva “Monstrance Clock” vengono cantati da migliaia di persone e lasciano un buon ricordo di una prestazione non priva di difetti ma complessivamente positiva. Avendo noi visto anche la prima data in Italia dello scorso 6 giugno a Bologna, non possiamo far altro che constatare che la dimensione ideale dei Ghost non è certo l’open air delle quattro del pomeriggio, ma semmai l’atmosfera più intima di un club, dove il gruppo può contare sulle atmosfere avvolgenti ricreate dagli effetti di luce.
(Alessandro Corno)

 

MASTODON – 17.35/18.35
Provenienza: USA, Georgia, Atlanta
Sito ufficiale

I Mastodon sono alla fine del ciclo di tour del discusso “The Hunter” e si presentano a questo Sonisphere in posizione prestigiosa, finalmente forti del consenso di molti. Non ci si aspettava nessuna novità dunque, e così, dietro l’enorme telone su sfondo rosso, i quattro evocano le loro migliori creature fantastiche. L’inizio del set è segnato da suoni imperfetti, un po’ impastati e non all’altezza delle partiture complesse e delle atmosfere epiche e intricate del combo di Atlanta. E’ necessario avvicinarsi al palco in posizione centrale perchè la situazione migliori, oppure attendere un paio di pezzi perchè la situazione migliori nettamente. Purtroppo l’imprevisto si ripeterà nel corso del set, con la formazione del tutto noncurante, immersa in maniera totale nella musica. Come sempre la dinamicità e l’impatto nei Mastodon sono esclusivamente una questione musicale, 2/3 dei componenti con lo strumento in mano sono praticamente immobili. L’unico che tenta di movimentare la situazione, quasi si fosse guardato più volte in video, pare essere Troy Sanders: magro, barbuto e ingrigito, il frontman dà il massimo nei limiti del possibile, caricando smorfie e pose e cercando il consenso del pubblico. Nessun miracolo nemmeno per quanto riguarda le parti vocali: i ritornelli epici sono resi in maniera fedele con i consueti limiti nelle armonizzazioni e negli stacchi più acuti, ma glieli abbiamo sempre perdonati, perchè incarognirsi questa volta? Numerosi, gli estratti dai lavori recenti (“Octopus Has No Friends”, “Blasteroid”, “Spectrelight” e “Curl Of The Burl”) lasciano quasi a bocca asciutta gli estimatori dei primi capolavori del gruppo, che sono graziati dall’esagerata “Blood And Thunder” sul finale. Lo sappiamo, l’atmosfera festosa dei festival e l’assenza di un comparto luci che accentua il lato psichedelico non sono la condizione ideale per gustarsi i Mastodon…di fatti non appena terminato il set si alza un coro che inneggia ai Megadeth. Non ci resta che salutarli, chiedendoci cosa ci riserverà il prossimo capitolo discografico.
(Maurizio Borghi)

 

MEGADETH – 19.05/20.15
Provenienza: USA, California, Los Angeles/San Francisco
Sito ufficiale

Giunge quindi l’ora dei vice-headliner, i Megadeth di Dave Mustaine, freschi autori del gradevolissimo ma non certo definibile capolavoro “Super Collider”. Sul palco vengono montati tre maxischermi, due ai lati del drum-kit ed uno, più grande, sollevato alle spalle dello stage, sui quali verranno poi proiettate immagini ad effetto e, nel caso di “Public Enemy No. 1” e di “Symphony Of Destruction”, l’intero videoclip. “Prince Of Darkness”, in perfetto orario, introduce la band, con Shawn Drover che sale on stage per primo, dando il via a “Trust”, dal controverso “Crypting Writings”. L’impressione generale è che oggi la band sia davvero in palla, anche se da subito si manifestano alcuni problemi nei bilanciamenti del mixer, con il volume dei microfoni (quello di Chris e quello di David troppo alti rispetto a quello di Dave) su tutti. Ma il pubblico sembra non curarsene, ed “Hangar 18” attacca con forza, anticipando il primo estratto dal nuovo album, “Kingmaker”. Ecco “She-Wolf” ed è già ora della fin troppo spoilerata ospitata di Cristina Scabbia, che sale sul palco per duettare con Dave per una “A Tout Le Monde” a conti fatti abbastanza indolore. Mustaine al microfono ricorda che è da poco passato il ventesimo anniversario di “Countdown To Extinction” e per celebrarlo vengono eseguite la title track e “Sweating Bullets”, quest’ultima decisamente convincente nella versione proposta oggi. Un rapido passaggio per “Tr1rt3en” ed è di nuovo tempo per la title-track del nuovo album. La band è decisamente carica oggi ed il sorriso stampato sul viso di Chris Broderick ne è il manifesto più evidente. L’accoppiata di hit “Symphony Of Destruction”, al solito accompagnata dal coro ‘Megadeth’ ad ogni pausa del main riff, e “Peace Sells”, cantata da tutto il pubblico, porta verso la pausa ed all’encore, che ovviamente non può mancare, con “Holy Wars…The Punishment Due” che chiude il set. Mustaine e soci si radunano infine a centro palco per un inchino al pubblico che li ha supportati alla grande per tutto il set. Buon concerto; abbiamo visto negli anni di meglio dai Megadeth, ma anche di peggio, quindi bene così.
(William Crippa)

 

IRON MAIDEN – 21.00/23.00
Provenienza: UK, Inghilterra, Londra
Sito ufficiale

Siamo arrivati in frettissima alla conclusione di questo Sonisphere 2013, evento in unica giornata che ha fatto registrare davvero un’ottima affluenza, seconda solo probabilmente al concerto di reunion dei System Of A Down risalente a due anni fa in questa stessa venue. Il pubblico, nella mezzora abbondantissima trascorsa tra i Megadeth e l’inizio dello show degli headliner, si è adeguatamente rimpinzato di cibarie e bevande, preparandosi a puntino per le 21, orario previsto per l’entrata in scena della Vergine di Ferro. Il Maiden England Tour, qui inglobato nel Sonisphere, giunge in Italia con uno spettacolo – ma soprattutto una scaletta – che si preannuncia esplosivo, con l’esclusiva proposizione di brani (molto) datati e nessuna novità, se non nelle scenografie. L’arena è gremita e anche il nostro stand si attrezza per fornire un piccolo palchetto su transenna ai pochi fortunati. Si fa silenzio, infine, e si va a cominciare. E’ “Doctor Doctor degli UFO a introdurre come di consueto la performance della classic heavy metal band più importante del mondo e spetta invece a “Moonchild” dare inizio alle danze. Volumi al massimo, suoni finalmente buoni e scenografia paurosa che richiama il tour dell’88 di “Seventh Son Of A Seventh Son” e un vero e proprio boato che si alza dalla platea. Così ha inizio lo show degli Iron Maiden, coinvolgentissimo sin dalle prime note. La scaletta, come scritto, è una vera e propria bomba e uno dietro l’altro si susseguono i grandi classici che il gruppo ha saputo donare al mondo della musica nel corso della sua lunghissima carriera. “Can I Play With Madness?”, “The Prisoner” e “2 Minutes To Midnight” vedono il solito, inossidabile Bruce Dickinson correre da un lato all’altro del palco mentre dà il 110% di sè. Non è certo poco, considerando anche l’età anagrafica abbondantemente sopra la cinquantina. Energia da vendere che sembra avere anche il resto della band, Steve Harris e Janick Gers in primis. Lo show è il solito, immancabile concentrato di adrenalina che manda in visibilio le trentacinque-quarantamila persone presenti. Tutti cantano, tutti applaudono e migliaia sono i telefonini che riprendono il concerto. Si prosegue con l’epica “Afraid To Shoot Strangers” e con una “The Trooper” cantata da Bruce senza troppe difficoltà. Il cantante non fa a meno di modificare qualche strofa o far cantare alcune parti di ritornelli al pubblico, ma è autore ancora una volta di una grande prestazione. “The Number Of The Beast”, accompagnata da fiammate che illuminano a giorno la platea, scatena il marasma tra le prime file in attesa della spettacolare “Phantom Of The Opera”. Il palco cambia di continuo sfondo e su “Run To The Hills” fa il suo ingresso anche l’immancabile Eddie, questa volta vestito da soldato imperiale. Lo show prosegue come da copione senza pause e senza cali di tono. “Wasted Years”, la mastodontica “Seventh Son Of A Seventh Son” e “The Clairvoyant” precedono la tanto attesa “Fear Of The Dark”, cantata all’unisono dalla platea. Tocca quindi a “Iron Maiden” riportarci indietro nel tempo prima di un breve break. La band ritorna quindi sul palco per un tris da urlo che si apre con l’intro da pelle d’oca “Churchill’s Speech” e le immagini sui megaschermi tratte dagli scontri aerei della Seconda Guerra Mondiale, preludio a una eccezionale “Aces High”, che costringe Dickinson a prendere un po’ di fiato di tanto in tanto. Chiudono lo show “The Evil That Man Do” e “Running Free” sulla quale il frontman fa cantare il pubblico e presenta la band, come se ce ne fosse bisogno. Poche storie, gli anni passano e passano anche per gli Iron Maiden, ma per fortuna per loro passano meno in fretta che per la gente comune e tutt’oggi sono in grado di far vivere ai propri fedelissimi fan dei momenti assolutamente indimenticabili, proprio come questa bellissima serata. Up The Irons!
(Marco Gallarati – Alessandro Corno)

Setlist:
Doctor Doctor (intro)
Moonchild
Can I Play With Madness?
The Prisoner
2 Minutes To Midnight
Afraid To Shoot Strangers
The Trooper
The Number Of The Beast
Phantom Of The Opera
Run To The Hills
Wasted Years
Seventh Son Of A Seventh Son
The Clairvoyant
Fear Of The Dark
Iron Maiden
Churchill’s Speech / Aces High
The Evil That Man Do
Running Free

 

REZOPHONIC

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50 commenti
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