Report a cura di Giacomo Slongo
Mettiamola così, se dovessimo indicare una band – una soltanto! – capace di levarsi al di sopra del tanto strombazzato movimento old-school death metal e distinguersi tra le centinaia di formazioni senza arte né parte che lo compongono, non potremmo che puntare il dito ‘contro’ i Sonne Adam, autori di uno dei migliori debut album degli ultimi anni (“Transformation”, pubblicato nel 2011 dalla Century Media) e responsabili di concerti sempre più indiavolati sui palchi di mezza Europa. E’ con grande trepidazione, quindi, che ci rechiamo al Blue Rose Saloon di Bresso per assistere al terzo appuntamento sul suolo italico del Doctrines Of Dark Devotion tour, con protagonisti – oltre ai già menzionati headliner – i lombardi Riexhumation e gli emiliani Blood Of Seklusion, realtà giovani ed ‘affamate’ che non hanno per nulla sfigurato nel contesto assolutamente deviato della manifestazione. Unica nota negativa? Una risposta del pubblico del tutto insoddisfacente (specie se paragonata ai nomi scesi in campo), con appena una ventina di spettatori a giudicare le gesta dei death metaller israeliani…
RIEXHUMATION
Il nostro orologio segna le 22.00 in punto quando, con qualche minuto di ritardo sulla tabella di marcia, i Riexhumation si presentano sul palco del Blue Rose Saloon con il compito di mietere quante più vittime possibili e lasciare una buona impressione di sé tra gli astanti. Obbiettivo colpito e affondato: il death metal sanguinario e brutale dei Nostri – posto al crocevia tra Cannibal Corpse, Suffocation e Cryptopsy (periodo “Blasphemy Made Flesh”) – non fa prigionieri, forte del triplo assalto vocale che marchia a fuoco i brani e di un guitar-working arzigogolato ma perfettamente intelleggibile. Con soltanto un demo autoprodotto alle spalle – “No Mercy For The Weak” – la performance del quartetto bresciano si esaurisce in un lampo, in un viavai di blastbeat impazziti, urla gutturali e testi raccapriccianti, venendo salutata da un più che meritato applauso… Avanti così!
BLOOD OF SEKLUSION
Si cambia decisamente registro con i Blood Of Seklusion, formazione che ha già avuto modo di mettersi in mostra sulle pagine di Metalitalia.com con il full-length di debutto “Caustic Deathpath To Hell”, pubblicato lo scorso anno dalla statunitense Butchered Records. Pochi fronzoli e tanta sostanza, questa è la filosofia del terzetto modenese, con la chitarra di Daniele Lupidi a tessere una ragnatela di riff ignorantissimi e la sezione ritmica di Alberto Dettori/Marcello Malagoli – rispettivamente basso e batteria – a scandire il tutto con colpi secchi e decisi, degni della più selvaggia tribù di cavernicoli. Tra midtemponi spezzacollo (“Dead Dominion”) e brani tesi fino allo spasmo (“Epidemic Madness”), non passa molto tempo prima che anche il pubblico meneghino cominci a dare di matto, innescando un focolaio di pogo ed incitando a più riprese i musicisti sul palco, visibilmente soddisfatti della riuscita del loro spettacolo, semplice e ficcante come da tradizione. Working class death metal alla massima potenza, cosa chiedere di più?
SONNE ADAM
Una lenta, inesorabile discesa verso gli abissi più reconditi del Tartaro. Le orecchie piene delle urla dei dannati, lo sguardo perso in un mare di tenebra. Nessuna luce, nessuna speranza a cui aggrapparsi durante il tragitto, soltanto un crescente senso di morte ed oppressione. Questa, detto in soldoni, è la performance degli israeliani Sonne Adam. Poco più di quarantacinque minuti che scuotono gli animi dal profondo, perfettamente scanditi dal suono putrefatto delle chitarre e dal growling del cantante/chitarrista Davidov, comandante di una nave il cui carico di orrori infernali e pestilenze ha irrimediabilmente infettato il panorama death metal odierno. Come altro descrivere la potenza e la malvagità di “We Who Worship The Black” (ad oggi il loro brano più conosciuto e significativo) o di “I Sing His Words”? Inni a Satana come non se ne sentivano dai tempi dei primi dischi di Incantation e Morbid Angel, sommersi da una colata di doom perverso e nero come la pace. Stesso discorso per gli episodi estrapolati da “Doctrines Of Dark Devotion”, EP licenziato lo scorso anno e dispensatore – se possibile – di soluzioni ancora più tetre e diaboliche, come dimostrato dalle ottime “Hater Of Mankind” e “Bestow The Crown Of Death”, il cui finale gela letteralmente il sangue nelle vene dei (pochi) presenti. Detto di una resa strumentale perfetta – con i nuovi arrivati Matan Cohen (basso) e Nir Doliner (chitarra) ad affiancare le gesta del frontman e del batterista Steel, fenomenale dietro le pelli – non ci resta che abbassare il capo di fronte ai Nostri, autori (tanto per cambiare) di uno dei concerti death metal più sentiti ed onesti degli ultimi tempi. Peccato che, come tutte le cose belle, sia durato troppo poco.