Report a cura di Simone Vavalà
Serata di sonorità torbide, in quel di Cassano d’Adda, dove vengono riunite per l’occasione tre band dedite a generi apparentemente molto differenti. Da una parte i co-headliner Sordide e Fhoi Myore, due formazioni black metal francesi che confermano con le loro esibizioni sia la varietà sia l’ottimo stato di forma dell’underground transalpino; dall’altra, in apertura, i nostrani Enoch, esponenti del doom meno modaiolo e forse per questo più affascinante, intransigente e tutto sommato vicino per approccio – filosofico, oseremmo dire, se non musicale – alla frangia più estrema del metal. Il The One si conferma un piccolo ma valido rifugio per i metallari dei dintorni, anche se purtroppo la location decisamente fuori mano rispetto alle grandi città e il martedì sera impediscono inevitabilmente a queste tre piccole ma combattive band di richiamare un grosso pubblico. Peccato, ma il discorso meriterebbe un’analisi lunghissima e preferiamo in questa sede far parlare la musica.
ENOCH
La band milanese compie in questo periodo vent’anni di carriera; quattro lustri travagliati, come sottolinea il frontman e unico superstite originale Lorenzo durante il concerto, che li ha portati a esordire poche settimane fa dal vivo in una formazione più volte rimaneggiata e infine assestata da poco tempo. Difficile pensare, però, che si tratti solo della loro seconda esibizione, dato che la band si mostra ben affiatata e priva di particolari sbavature; i pezzi più recenti, come l’affascinante “We Are What We Were and What We Shall Be” mostrano chiaramente il contributo dei nuovi entrati, in grado di aggiungere tocchi particolari e variazioni a quella che è la radice musicale degli Enoch dagli esordi: un doom metal dalle occasionali venature death, ricco di inserti più elaborati e rallentamenti conturbanti, in una sorta di personale rivisitazione dei primi e mitici Tiamat – band che citiamo anche per il ricco e colto immaginario sumero che caratterizza alcuni dei loro brani. I momenti migliori sono i duetti tra la chitarra ritmica e cupa di Lorenzo e le parti soliste di Michael, che sulla sette corde si muove a suo agio tra riffing fangosi e momenti struggenti, quasi psichedelici, ben guidati da una sezione ritmica di tutto rispetto.
FHOI MYORE
Il gruppo nizzardo è una realtà da tenere decisamente sott’occhio dell’underground black francese; autori di un paio di full-length di buonissima fattura, si dimostrano dal vivo una macchina da guerra notevole. Il quintetto ha i suoi punti di forza nel tuonante batterista Bress, in grado di tenere ritmiche forsennate per tutta la durata dell’esibizione con una naturalezza che ha dell’incredibile, nell’impatto visivo del bassista Kerennos, sorta di reincarnazione di Vrangsinn, con cui condivide strumento, stazza e buon gusto, dato che suona a petto nudo; ma soprattutto nell’approccio da ossesso che caratterizza Sreng, un frontman veramente coinvolgente. Fedele a un approccio da band combattiva e da squat, confermato anche dalle pezzuole ‘Fuck NSBM’ poste sul palco e distribuite al banchetto, il cantante scende dal palco per buona parte del concerto e coinvolge il pubblico presente, per quanto poco numeroso, con energia. Rispetto ai loro lavori, dove si nota anche una discreta componente blackened-death, dal vivo i Fhoi Myore prediligono un suono quadrato, coerente all’immagine e all’approccio crust di cui sopra, e i loro pezzi sono vere e proprie frustate sui denti – che a tratti ricordano i primi e più marci Impaled Nazarene, e confermano che non serve il face-painting per suonare black metal come si deve.
SORDIDE
Analogo approccio ‘informale’ caratterizza i Sordide, il cui bassista si presenta addirittura in polo color pastello, in barba a qualunque imposizione estetica imposta. Il trio di Rouen mischia maggiormente le carte rispetto alla band precedente, con un incrocio abbastanza riuscito tra raw black metal e afflati vagamente assimilabili alla scena cascadian in alcuni passaggi. I loro brani sono assalti sonori decisamente ragionati, in cui sulle linee di basso feroci il chitarrista costruisce talvolta riff quasi thrash, oppure ricama brumose e più intricate partiture. Tuttavia la resa sonora non proprio impeccabile fa sì che i momenti più riflessivi e dilatati finiscano per risultare un po’ impastati, a discapito dell’atmosfera. Sicuramente i Sordide non mancano di perizia tecnica, un elemento che sommato al rimpallo come voce principale tra tutti e tre i membri – con una certa preponderanza del batterista Nemri, altra notevole macchina da guerra – contribuisce sicuramente a tenere desta l’attenzione, anche se la forma sembra prevaricare un po’ sulla sostanza in alcuni momenti. La sensazione è insomma che i veri, potenziali headliner abbiano già suonato, ma concediamo ai Sordide il beneficio di assistere in futuro a un’altra loro esibizione.