A cura di Claudio Giuliani
La folla delle grandi occasioni ha preso d’assalto l’Alpheus di Roma, teatro della calata dei Soulfly. La band di Max Cavalera ha radunato una folla che più varia non si potrebbe: c’erano coloro che volevano solo ascoltare le canzoni dei Sepultura con quella voce inconfondibile, i veri e propri seguaci della band, e anche chi voleva essere partecipe di un gran concerto, una folla multiforme radunata in nome di questo crogiolo d’influenze musicali. Ad aprire per loro gli americani Incite che, sistemati in poco spazio, hanno offerto una prova dignitosa in attesa dei big. Alla fine si respirava molta soddisfazione fra le centinaia di fan che hanno partecipato. Un grazie alla Live, organizzatrice dell’evento che si è svolto in maniera impeccabile.
INCITE
Mezz’ora scarsa per gli americani Incite, autori di un death/thrash metal molto classico. Il locale è molto affollato, e ovviamente la gente è qui per non perdere neanche una nota di Cavalera e compagni. Gli Incite però coinvolgono la folla, c’è qualche accenno di pogo durante le loro composizioni che si assomigliano un po’ tutte quante ma riescono ad interessare parte del pubblico. Loro si dichiarano fan dei Soulfly, e la finale “Divided To Fail” li porta al saluto fra l’esultanza della folla impaziente di vedere Cavalera, Rizzo e compagni salire sul palco. Comunque bravi.
SOULFLY
L’entusiasmo è alle stelle quando si odono le note iniziali di “Blood Fire War Hate”, prolungata nell’incipit per consentire l’ovazione quando Max Cavalera sale sul palco e comincia a urlarne il ritornello. Si parte subito in maniera veloce e la folla gradisce dimenandosi sotto il pit. Neanche il tempo di rifiatare, e i fan dei Sepultura vengono subito accontentati: “Troops Of Doom” arriva in tutto il suo impeto. Max presenta il nuovo lavoro, dal quale vengono estratte oltre alla già citata “Blood Fire War Hate”, “Doom” e una granitica e veloce “Fall Of The Cycophants”. I ritornelli dei Soulfly sono di facile memorizzazione, a Max si perdona la banalità di certi testi anche in virtù del fatto che la folla partecipa convinta in questo melting pot di influenze musicali. Si passa dai Soulfly ai Sepultura, con “Territory” che viene cantata a squarciagola praticamente da tutti i presenti, seguita dalla immortale “Refuse/Resist” e da “Policia”, molto fiacca rispetto a quando la suonavano i veri Sepultura. I quattro pescano senza problemi dai primi album della band, vengono eseguite una coinvolgente “Eye For An Eye” dal groove accattivante (dal loro primo omonimo album), “Mars” e ovviamente il classico “Back To The Primitive”, estratto da “Primitive” prima di “Umbabarauma” (da “Soulfly”), nel momento dedicato alle percussioni. Qui un giovane sale sul palco e il buon Cavalera lo fornisce di tamburo e lo coinvolge nello spettacolo con tanto di abbraccio finale, un momento indimenticabile per il ragazzo salito sul palco. Si riparte poi a tutta velocità con “Frontlines” e l’incendiaria – ci scuserete il gioco di parole – “Molotov”, un minuto di pura violenza. Encore finale con l’immortale “Roots Bloody Roots” che rimane la canzone più amata dal pubblico. Gran concerto, è passata un’ora e mezza dall’inizio e c’è tanta soddisfazione in giro, e la sensazione è che nessuno più di loro somigli all’ultima incarnazione dei veri Sepultura.