A cura di Valentina Mevoli
Maximum Cavalera Tour: questo il nome del tour che i Soulfly stanno portando in giro per l’Europa, in compagnia degli australiani King Parrot e di Incite e Lody Kong, band fondate e capitanate da figli e figliastri della premiata coppia Max e Gloria Cavalera. Perché, diciamolo pure chiaramente, questo tour ha proprio il sapore di una gita Oltreoceano per tutta la famiglia e, stando alla reazione del pubblico, almeno quello milanese, non è che l’attesa per il ritorno di Max & Family fosse impaziente. Tant’è che a pochi giorni dalla data meneghina è stato annunciato il cambio di location: dal Fabrique al più piccolo Tunnel che, normalmente, ospita concerti di band di fama ben inferiore a quella dei Soulfly. In ogni caso, uno zoccolo duro di fan si è riunito per acclamare Max e figli, il giorno della vigilia del ventesimo anniversario di “Roots”, disco che ha consacrato i Sepultura, e di conseguenza i fratelli Cavalera, nell’Olimpo di un certo genere di metal.
LODY KONG
E’ la band di Igor Jr. e Zyon Cavalera ad aprire le danze. Alle 18.55, puntuali come un orologio svizzero, il quartetto di base a Phoenix, Arizona, sale sul palco. Pochi i presenti, una ventina in tutto, ma l’orario di inizio è davvero penalizzante. Zyon è seduto dietro alla batteria, per il suo primo turno della serata (tornerà poi a suonare con gli headliner), mentre Igor è il frontman della band, che, però, forse per la giovane età, forse perché c’é ben poco da infiammare, scalda poco gli animi. I Lody Kong propongono un set di una decina di brani dal sapore punk, infarcito di richiami sludge. Igor Cavalera Jr. non è un trascinatore e la sua band è ancora piuttosto acerba. Tecnicamente nulla da dire, ma la mezzora che i Lody Kong hanno a disposizione non decolla mai. Nessun momento memorabile, nonostante l’impegno.
INCITE
Non è la prima volta che la band capitanata da Richie Cavalera, figlio adottivo di Max, si esibisce in Italia prima dei Soulfly. Questi ragazzi sanno il fatto loro. Il Tunnel pian piano si sta riempiendo e, seppur i presenti siano ancora pochi, la band suona come se avesse davanti una folla. Il loro groove metal sprigiona una certa potenza e il pubblico presente li accoglie con entusiasmo. Di sicuro, a due mesi esatti dall’uscita del loro prossimo nuovo disco, di cui hanno offerto qualche assaggio, gli Incite possono dirsi cresciuti, almeno da un punto di vista squisitamente live.
KING PARROT
Prima volta in Italia per gli australiani King Parrot. Molti dei presenti non hanno idea di cosa aspettarsi da questa band che per anni ha calcato la scena del sottobosco australiano. Ebbene, i King Parrot o si amano o si odiano. Il loro show è tutto per il pubblico. Tecnicamente impeccabili, propongono un grindcore che scuote gli animi e li bagna. Nel senso che, per stare sotto al palco ad acclamarli, si deve avere una buona dose di coraggio e accettare che Matt Young, il frontman della band, ti svuoti continuamente bottiglie piene d’acqua in testa o che possa prenderti la testa e scuoterla come un salvadanaio o, ancora, ritrovarti faccia a faccia con le sue natiche. Il pubblico del Tunnel è preso un po’ in contropiede, tant’è che ben presto sotto il palco si crea il vuoto, nonostante le file dietro finalmente abbiano iniziato a riempirsi. I King Parrot puntano tanto sui loro live show, che spingono al massimo condendoli con un’attitudine molto hardcore, senza mai perdere di vista la forza delle loro note. Probabilmente avrebbero offerto anche di più, in termini di spettacolo, se solo il palco fosse stato più grande; ma viste le dimensioni, a parte il già citato Young, gli altri sono risultati piuttosto limitati nei movimenti. Particolare menzione per Matthew ‘Slatts’ Slattery, il bassista, poiché non si può far finta di non notare le sue espressioni mentre sul palco fa scivolare abilmente le mani sul suo strumento…ma in testa probabilmente eccolo a correre, beato, in un campo fiorito. “Shit On A Liver” conclude degnamente un concerto che in poco più di trenta minuti si è fatto amare dal pubblico milanese, ma anche un po’ odiare.
SOULFLY
Non sono neanche le 21.30 quando finalmente i Soulfly salgono sul palco. È inutile negarlo, la gente è al Tunnel solo per loro. Il locale si è finalmente riempito e il pubblico è carico. Un breve intro e si parte con “We Sold Our Souls To Metal”, da “Archangel”. Il posto è piccolo, il palco anche, ma Max Cavalera e compagni non sembrano farci caso. L’audience risponde bene e canta con Max, che fin da subito lascia molto spazio ai fan. Bisogna però aspettare “Blood Fire War Hate” perché la serata si incendi davvero. Cavalera chiama il circle pit, che non si fa attendere, e poi in un attimo è “Refuse/Resist”: e, in verità, sembra proprio che il pubblico fosse in ansiosa attesa di questo momento dedicato ai Sepultura. Zyon Cavalera è alla batteria e in tanti, considerata anche l’età media degli astanti, saranno andati con la memoria al 1993, quando uscì “Chaos A.D.”, e l’intro della prima traccia, che era proprio “Refuse/Resist”, altro non era che il battito del cuore dell’allora feto Zyon. Max Cavalera parla in italiano, incita il pubblico, lo fa da leader, ma anche con i modi di chi si sta realmente divertendo. Fisicamente sembra in forma, ma fa appena accenno alle parti in growl, lasciando che sia il pubblico a cantarle e, via, via, man mano che si va avanti, le mette del tutto da parte. Ad ogni modo la gente non ci fa quasi caso, si canta a squarciagola e risponde agli ‘andiamo, andiamo’ di Cavalera con estrema energia. Si prosegue con “Sodomites”, “Prophecy”, “Seek ‘N’ Strike” e “Babylon”. Un quartetto di brani che prepara il pubblico al medley fra “Arise” e “Dead Embryonic Cells”. Cavalera imbraccia la chitarra, accenna alle note di “Iron Man” dei Black Sabbath e lo fa con una certa abilità. Non manca neanche il tributo ai Motörhead: Max cede il suo strumento al chitarrista dei King Parrot e sale sul palco anche Matt Young per un duetto. I Soulfly propongono una setlist di circa quindici brani. Praticamente assente “Primitive”, il secondo album della band, se non fosse per “Jumpdafuckup”, che però viene appena accennata e fatta seguire immediatamente da “Eye For An Eye”, vero ultimo brano del concerto, durante il quale si fanno le dovute presentazioni della band. Poi si sfuma sulle note di “The Four Horsemen” dei Metallica, con Max che scende dal palco e lascia ai compagni il compito dei saluti finali. I Soulfly non hanno perso smalto, sanno ancora come far saltare e divertire la gente. Il loro show tutto sommato si adatta perfettamente a un club di dimensioni più piccole e chi era presente ha sicuramente apprezzato. Nota a margine: Max Cavalera indossava una t-shirt dei Behemoth, tutti si sono augurati dal cuore che fosse parte dell’official merchandise della band polacca.