Report di Alessandro Elli
Gli Steel Panther sono da anni tra i protagonisti assoluti della scena glam metal ed hair metal americana e mondiale e sono noti per i loro spettacoli irriverenti e senza freni, in parte anche parodia di ciò che succedeva nel genere negli anni ’80. I quattro sono soliti passare dal nostro paese con una certa frequenza, ma, tra concerti cancellati e rimandati, la pandemia li ha tenuti lontani per un bel po’ di tempo ed è forse per questo motivo che, in questa afosa serata milanese, i musicisti di Los Angeles si sono presentati sul palco dell’Alcatraz con un entusiasmo contagioso, nonché con il loro consueto carico di ironia, sfacciataggine ed umorismo fuori dalle righe. Il nome del tour, “Res-erections”, non potrebbe quindi essere più azzeccato; un pubblico discretamente numeroso, nonostante la concomitanza con il concerto dei Green Day, ha risposto con calore, in quello che è risultato essere uno show all’insegna del divertimento e della provocazione più sfrenata. In uno spettacolo dei californiani succede praticamente di tutto, tanto che sarebbero necessari tre report per descriverlo con minuzia di particolari, ma abbiamo fatto del nostro meglio per redigere una cronaca che fosse il più fedele possibile, dando spazio anche agli aspetti non musicali dell’esibizione.
Arrivano gli STEEL PANTHER e, per una sera, Via Valtellina si trasforma in una succursale del Sunset Boulevard degli anni ’80: già il colpo d’occhio sul pubblico in solerte attesa fuori dal locale, infatti, ci fa capire quello che succederà in questa caldissima serata all’Alcatraz, tra lustrini, spandex, chiome cotonate, chitarre leopardate ed una abbondante dose di machismo ed ironia.
Dopo l’esibizione di NIna, che purtroppo ci siamo persi a causa del traffico milanese, su uno sfondo completamente verde con il loro monicker in evidenza, i quattro americani salgono sul palco e partono alla grande con la trascinante “Goin’ In The Backdoor”; il pubblico ci mette poco a scaldarsi e i primi cori partono con la successiva “Tomorrow Night” ed il suo ritornello cantato a squarciagola da tutti i presenti, incluse due bambine che, dalle prime file, hanno assistito a tutto il concerto sulle spalle dei loro genitori (!). A questo punto, la prima parentesi extramusicale, ossia un lungo, esilarante siparietto in cui si parla di droga, alcol, sesso (ovviamente), oltre che di Def Leppard, Vince Neil e di qualsiasi altro argomento passi per la testa dei quattro; i mattatori, in questi frangenti, sono il cantante Michael Starr e, soprattutto, il chitarrista Satchel, mentre il batterista Stix Zadinia ed il nuovo bassista Spyder (subentrato a Lexxi Foxxx lo scorso anno in maniera ufficiale, dopo aver fatto per qualche tempo da sostituto temporaneo, anche se nelle locandine promozionali dell’evento compare ancora la figura del bassista originale) hanno una posizione da comprimari alla goliardia dei due. Tre pezzi senza grosse interruzioni e si arriva ad un altro momento clou della serata: la cover di “Crazy Train” di Ozzy, con un’imitazione perfetta, da parte di Michael, della postura e della gestualità del cantante dei Black Sabbath, seguita da un campionario di riff selezionati tra i più famosi del rock e del metal (dai Metallica ai Judas Priest fino agli Iron Maiden) e suonati da Satchel in solitaria, con pose da guitar hero in perfetto stile anni ’80, a ricordarci come gli Steel Panther siano stati, alle origini, una delle tribute band più note del circuito californiano. Il tempo di godersi una robusta “Let Me Cum In” e parte un nuovo delirio: dapprima una ragazza del pubblico viene invitata sul palco, in occasione del suo compleanno, per una dedica ‘speciale’, con il testo della ballata pianistica “Weenie Ride” che viene storpiato in tempo reale con ‘romanticherie’ assortite e, a seguire, “17 Girls In A Row”, con lo stage completamente riempito di avvenenti fanciulle danzanti come da tradizione ai loro show. Ma i losangelini non sono solo dei fini intrattenitori, bensì anche degli ottimi musicisti, così, da qui, alla fine decidono di non fare prigionieri, e la tripletta “Community Property”, “Party Like Tomorrow Is The End Of The World” e “Death To All But Metal” è da mozzafiato, in quanto contiene in abbondanza tutto ciò che ce li ha fatti amare: tre brani anthemici, amabilmente volgari, suonati con passione, con ritornelli appiccicosi urlati da tutti all’unisono; insomma la migliore espressione glam metal fuori tempo massimo che si sia mai sentita, e questo ci fa capire perché gli Steel Panther siano così tanto osannati da critica e fan. A questo punto sembrerebbe finita, invece ecco i quattro tornare sul palco per finire i presenti con la hit “Gloryhole”, prima che uno scatenato Satchel ci illustri perché sia importante acquistare il merchandising, i soldi del quale sono spesi a ‘scopi benefici’, ossia…gli stravizi della band.
Una serata in cui divertimento e musica sono andati a braccetto ed è stato stupefacente vedere una band che, pur suonando praticamente ogni sera, non ha mostrato il minimo segno di stanchezza, anzi, al contrario sia stata un’esplosione di entusiasmo ed energia che ti aspetteresti da dei debuttanti, coniugando in modo perfetto professionalità e sfrontatezza.
Setlist:
Goin’ In The Backdoor
Tomorrow Night
Asian Hooker
All I Wanna Do Is Fuck (Myself Tonight)
Fat Girl (Thar She Blows)
Party All Day (Fuck All Night)
Crazy Train (Ozzy Osbourne cover)
Satchel Guitar Solo
Let Me Cum In
Weenie Ride
17 Girls In A Row
Community Property
Party Like Tomorrow Is The End Of The World
Death To All But Metal
Gloryhole