Ad un paio di settimane dall’uscita del nuovo “All You Can Eat”, ecco giungere in Italia il siparietto di comicità glam, lacca, testosterone e hard rock degli Steel Panther. Al di fuori dell’Alcatraz sembra di essere tornati alla fine dei cari e vecchi Eighties, tra parrucche cotonate e magliettine strizzate, pantaloni di pelle e fasce colorate. E si sente già l’odore di gran serata al coro stoico di “Boobies Boobies”. Milano congestionata dal traffico per lo sciopero dei mezzi ci impedisce purtroppo di goderci i Bad Bones di supporto.
Sì, diciamocela tutta, un concerto degli Steel Panther in Italia non può essere come uno all’House of Blues o in un altro dei locali del Sunset, o in un festival inglese. Cause plurime lo impediscono: pudore, atmosfera, lingua straniera, location. Questi sono solo alcuni degli scogli contro cui la macchina di hard rock e comicità abbellita di air-spray targata Steel Panther si va a scontrare in occasioni come questa. Eppure. Eppure. Eppure. Il locale milanese è una bolgia di fan che esplode alla prima nota di “Eyes Of The Panther”, dimostrando un calore che ormai probabilmente molti degli habitué dell’House of Blues avranno perso. La band è super-in-forma e si trova davanti uno dei pubblici migliori che ci si potesse aspettare, tanto che quasi suona troppo fuori luogo la battuta standard di Satchel sul fatto che il pubblico di ogni sera è il migliore. Lo sa lui. Lo sa l’Alcatraz. Questo è un grande show. Di metodo e di forma gli Steel Panther condiscono un siparietto di gag piccanti e irriverenti – come loro solito – e lo mischiano con una setlist degna delle migliori, presentando i grandi classici del primo e ancora imbattuto “Feel The Steel”, come “Turn Out The Lights”, l’anthem di categoria sessuale “Asian Hooker”, la mitica “Party All Day (Fuck All Night)”, da cantare in botta fino alle sei del mattino prima di collassare su un tappeto, l’immancabile “Death To All But Metal” e “Community Property”, la cui prima strofa è interamente cantata dall’audience. Grandissimi anche i cavalli di battaglia di “Balls Out”, come “Let Me Cum In” e “It Won’t Suck Itself”, accompagnati dalle immancabili “Just Like Tiger Woods” (ormai idolo assoluto) e “17 Girls In A Row”. Punto un po’ più negativo per la bruttina “The Burden Of Being Wonderful”, secondo singolo estratto da “All You Can Eat” di uscita imminente, da cui però vengono tratti la divertente “Party Like Tomorrow Is The End Of The World” e una delle migliori del disco, “Gloryhole”, che sembrano gustare ai presenti. Presenti a cui va sicuramente una nota di merito per aver reso lo show ancora più caldo ed affascinante ed aver entusiasmato la band a dare il meglio in uno show che si situa tra i punti migliori della band californiana. Forse proprio grazie alle battute in italiano (indimenticabile il coro di “pisellino” nei confronti di Micheal Starr e il “voglio leccarti la topa” scritto sulla mano di Satchel) e alle tre ‘p’ (pizza, pasta, pussy) tanto grottescamente rivelatesi essere la nuova trinità per i rocker losangelini sciupafemmine (o resega-tusan, per rimanere nel meneghino). Nota di merito ulteriore alla carovana di bellissime ragazze salite sul palco, che dimostrano che anche in location e atmosfere come questa la gente può dimenticare il lavoro, finito giusto un paio d’ore prima, il traffico, i problemi e tutto il resto e godersi l’unica grande cosa elogiata dagli Steel Panther al fianco del caro e buon vecchio heavy fuckin’ metal.
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Setlist:
Eyes of a Panther
Tomorrow Night
Asian Hooker
Just Like Tiger Woods
Party Like Tomorrow Is the End of the World
Let Me Cum In
Guitar Solo
Turn Out the Lights
Hair Solo
Gloryhole
The Burden of Being Wonderful
Gold Digging Whore
It Won’t Suck Itself
Death to All but Metal
Community Property
17 Girls in a Row
Party All Day (Fuck All Night)