Report a cura di Carlo Paleari
Steve Hackett ha un rapporto privilegiato con il nostro paese e la prova evidente sono le numerose date che, quasi ogni anno, vedono il chitarrista inglese attraversare la nostra penisola. Il pubblico italiano risponde sempre con entusiasmo e partecipazione, merito anche delle performance stesse di Hackett, che difficilmente si ripetono, con scalette sempre rinnovate, capaci di rendere appetibile la serata anche a chi ha avuto modo di vederlo dal vivo in diverse occasioni. Queste date autunnali, ad esempio, vedono Hackett impegnato a celebrare il cinquantennale del capolavoro dei Genesis “Foxtrot”, a cui si affianca una selezioni dei migliori episodi della sua lunga carriera solista. Di fronte ad un menù tanto goloso, dunque, non ci siamo fatti pregare e abbiamo presenziato alla data milanese del tour, nella cornice del Teatro Lirico Giorgio Gaber, a due passi dal Duomo, che ha recentemente ripreso la sua attività dopo la chiusura avvenuta nel 1999.
Una volta accomodati in poltrona, attendiamo l’inizio del concerto che, non appena si spengono le luci, vede la band gettarsi con entusiasmo in una splendida esecuzione di “Ace Of Wands”, uno dei brani simbolo della carriera solista di Hackett. Steve dal centro del palco disegna melodie aggraziate, alla sua sinistra troviamo la sezione ritmica composta da Craig Blundell (batteria) e Jonas Reingold (basso), mentre alla sua destra abbiamo la postazione delle tastiere di Roger King e Rob Townsend a fare da contraltare solista con il suo sassofono soprano. Il livello dei vari strumentisti è elevatissimo ed Hackett stesso sembra voler sottolineare la qualità della propria band, lasciando molto spazio agli altri musicisti, che non risultano mai una semplice cornice per la chitarra, ma parte integrante di una trama di altissimo livello. Una caratteristica che abbiamo imparato ad apprezzare anche negli album solisti del cantante, lontanissimi dal luogo comune del guitar hero impegnato a fare bella mostra delle proprie innegabili qualità. Il concerto prosegue con una breve incursione nell’ultima fatica in studio dell’ex Genesis con l’ottima “The Devil’s Cathedral”, per poi ritrovarci nuovamente immersi nei grandi classici del chitarrista, con l’accoppiata formata da “Spectral Morning” ed “Every Day”. Tutto il primo set vede predominante la parte strumentale, con solo qualche intervento vocale: di tanto in tanto compare Nad Sylvan, ma non meno frequenti sono le armonizzazioni vocali, che vedono impegnata gran parte della band. Perfino Hackett si ritaglia un momento nel ruolo di cantante, durante “Camino Royale”, con la sua voce bassa e vellutata. C’è spazio per uno spettacolare assolo di basso di Reingold, per poi arrivare sul finale ad una potentissima versione di “Shadow Of The Hierophant”. Steve, che lungo tutta la serata ha cercato anche di interagire con il pubblico con qualche frase in italiano, si congeda quindi tra gli applausi anticipando al pubblico l’arrivo della seconda parte dello show, tutta incentrata sui classici dei Genesis.
Trascorso l’intervallo di venti minuti, le luci del teatro si abbassano nuovamente ed è il mellotron di “Watcher Of The Skies” ad aprire le danze tra le ovazioni del pubblico. Se nella prima parte del concerto Nad Sylvan aveva avuto un ruolo marginale, da qui in avanti diventa co-protagonista, con le sue movenze teatrali, i suoi gesti misurati e la sua espressività. Il timbro del cantante – non è una sorpresa – è molto simile a quello del giovane Peter Gabriel, cosa che, unita a degli arrangiamenti assolutamente fedeli, rende l’esperienza di “Foxtrot” un vero e proprio viaggio indietro nel tempo. “Time Table”, “Get ‘Em Out By Friday” e “Can-Utility And The Coastliners” sono tre gioielli che chi vi scrive non aveva ancora avuto il piacere di apprezzare dal vivo, e ne gustiamo ogni nota, ma è ovviamente sul finale che si raggiunge il vero apice. Chiusa la consueta – ma sempre emozionante – parentesi acustica di “Horizons”, arriva l’attesissima e monumentale “Supper’s Ready” a concludere il secondo set. Coi suoi quasi venticinque minuti di durata, questa composizione rappresenta uno dei vertici dell’intera storia del progressive rock, uno di quei momenti di ispirazione assoluta in cui ogni singola nota è esattamente al punto giusto. La band riproduce questo monumento con invidiabile bravura, con giusto qualche tentennamento solo nelle parti del cantato più acuto, ed il pubblico rimane rapito in un religioso silenzio, fino alla conclusione di questo meraviglioso viaggio in musica.
Abbiamo già raggiunto quasi le due ore di concerto, ma Steve Hackett e la sua band non hanno ancora finito e ci regalano ancora un paio di grandi classici: prima una splendida versione di “Firth Of Fifth”, con quell’assolo di chitarra capace di farci venire la pelle d’oca ogni singola volta, e poi una deflagrante “Los Endos”, come di consueto intrecciata con “Slogans”. La standing ovation finale suggella la fine di un’altra grande serata di musica per l’ex Genesis in Italia e, visto l’entusiasmo della platea e dello stesso Steve, siamo certi che non sarà l’ultima.
Primo Set
Ace Of Wands
The Devil’s Cathedral
Spectral Mornings
Every Day
A Tower Struck Down
Camino Royale
Shadow Of The Hierophant
Secondo Set
Watcher Of The Skies
Time Table
Get ‘Em Out By Friday
Can-Utility And The Coastliners
Horizons
Supper’s Ready
Encore:
Firth Of Fifth
Los Endos / Slogans