22/02/2020 - STIGE FEST III @ Campus Industry Music - Parma

Pubblicato il 03/03/2020 da

Report a cura di Edoardo De Nardi

Con perseveranza e dedizione, lo Stige Fest giunge già alla sua terza edizione in tre anni, periodo di tempo nel quale il festival parmense è riuscito a ritagliarsi una posizione di tutto rispetto nel panorama nazionale dei festival musicali estremi, grazie in primis alla qualità dei nomi coinvolti in queste tre tornate, sempre ricercati o per la prima volta in esclusiva su suolo italiano; e poi anche per merito di un’organizzazione sempre precisa ed impeccabile, che ricorda da vicino il clima di divertimento e professionalità che anima molte delle kermesse musicali internazionali di questo tipo. Anche in questa occasione, lo Stige Fest ha offerto musica varia e per tutti i gusti, prediligendo quest’anno la vena black, adeguatamente spezzata però dall’inserimento di valide realtà appartenenti ad altri stili e declinazioni del metal. Bando alle ciance quindi, e sotto con la descrizione di quanto avvenuto in questa mite giornata di febbraio al Campus Industry Music…

 


RAWNESS OBSOLETE

A scaldare i motori della manifestazione tocca appunto al black metal dei fiorentini Rawness Obsolete, impegnati nella riproposizione di stilemi piuttosto classici per il genere e resi leggermente più personali da un cantato in italiano che fa della retorica il proprio cavallo di battaglia. Il taglio evocativo dei testi, infatti, si unisce con coerenza allo svolgimento marziale di molti riff, nonostante forse si calchi troppo la mano su alcuni aspetti lirici che finiscono per rendere quasi caricaturali alcuni passaggi. Poco male, comunque, visto che il sound generale è già più che discreto e lascia fluire con naturalezza i fraseggi in tremolo picking e le bordate ritmiche di un basso pulsante e ben presente sul palco, essenziale nell’aggiungere corpo ad una chitarra precisa nella sua esecuzione ma poco presente come impatto e pesantezza. Ad ogni modo i Rawness Obsolete portano a termine il loro show senza particolari sbavature, segno di una coesione di gruppo ben radicata e di una idea generale del black metal interpretata dai ragazzi con semplicità e passione.

NECROBODE
Pochi minuti di attesa prima che si passi al turno dei Necrobode, arrivati direttamente dal Portogallo per presentare in esclusiva il loro nuovo album “Sob O Feitiço Do Necrobode”, edito nientemeno che da Iron Bonehead Productions, una garanzia quando si parla di produzioni metal estreme di nicchia. In effetti, bastano pochi minuti di concerto per lasciarsi catturare dall’afflato bestiale e primitivo del terzetto portoghese, impegnato in un black/death metal privo di qualsiasi costruzione accessoria che non siano la potenza ipnotica del riff e i fondamentali tempi di batteria, tali da evocare sensazioni turpi ma avvincenti nell’animo degli spettatori. Gli estratti dal demo “Metal Negro Da Morte” sono quelli più violenti e trascinanti, mentre i nuovi brani presentano una sensibilità black metal più classica, quasi melodica, che stride lievemente con l’impatto devastante degli altri pezzi, ma che allarga non poco lo spettro stilistico dei Necrobode. Le chitarre avrebbero sicuramente meritato più rilievo sul palco, ma in ogni caso l’esordio italiano di questi tre demoni infernali può considerarsi un successo su tutti i fronti.

NECROMUTILATOR
Sempre di bestialità istintiva si parla con i Necromutilator, coniugata però stavolta secondo soluzioni più costruite e, perché no, più elaborate, che rendono il loro spettacolo una carneficina sonora di primo livello: a conti fatti, si tratterà di uno degli show meglio riusciti in questa giornata di festival, riuscendo a strappare in loro favore qualche dubbio circa un posizionamento fin troppo sacrificato nella scaletta, conquistato grazie alla bontà della loro prestazione. La voce acida ed urticante di Pest si fonde a meraviglia con il riffing caustico e tagliente della sua chitarra, mentre la sezione ritmica macina senza pietà un tessuto musicale becero, tetro, ma sempre attento a non tralasciare una musicalità latente che rende profonde e dannatamente affascinanti le canzoni presentate sul palco. Non è certo un mistero che il Campus Industry Music tiri fuori spesso il meglio delle band presentate a livello di sound, e sembra che i Necromutilator sfruttino questo vantaggio al massimo, lasciando ruggire con potenza i loro strumenti ed annichilendo i presenti con il loro black/thrash fulminante e senza fronzoli, in una prestazione che può rendere orgoglioso il trio mantovano e la scena estrema italiana in generale.

BLASPHEMER
Dopo una scorpacciata così gustosa di metallo cafone ed ignorante, ci si prepara all’esibizione più certosina e rifinita dei Blasphemer, arrivati per presentare diverse canzoni dall’album di recente uscita “The Sixth Hour”, per la storica etichetta inglese Candlelight Records. L’excursus stilistico della band milanese è stato in realtà piuttosto travagliato dalla sua origine fino ad ora, passando dal brutal death metal decisamente dritto degli esordi fino alle derive atmosferiche e dissonanti presentate nel nuovo album, secondo un’evoluzione graduale che ha certamente giovato alla resa musicale dei Blasphemer. Delle band presenti in scaletta, loro sono sicuramente i più tecnici, nonché i più legati alla classica definizione di death metal, pronti a presentare una setlist dal carattere funereo ed oscuro esaltata da una grande prova del batterista e dall’affiatamento quasi sincronizzato delle due chitarre, che mettono in scena uno spaventoso scenario fatto di riff pesantissimi, tetre dissonanze e suggestioni atmosferiche senza soluzione di continuità, secondo una grande dimostrazione di bravura e professionalità. Il growl abissale della voce finisce talvolta per essere inghiottito dagli altri strumenti ed anche alcuni passaggi musicali particolarmente tortuosi non riescono ad emergere come dovrebbero, ma si tratta di pecche non direttamente imputabili al gruppo, al quale invece risulta difficile trovare difetti degni di nota e a cui vanno i meritati applausi della platea al termine dell’esibizione.

EURYNOMOS
Giusto il tempo di riprendersi dalla mattonata death metal dei Blasphemer curiosando tra le numerose distro presenti allo Stige, prima che gli Eurynomos conquistino il palco e mettano a fuoco e fiamme il locale parmense a suon di black/thrash metal forsennato ed indiavolato. Pur non avendo alcun full-length album in discografia, il gruppo tedesco è diventato una sorta di istituzione nel panorama underground europeo, creando quindi molta curiosità ed aspettative in merito a questo primo show italiano a cui ci apprestiamo ad assistere. In effetti, sarebbe impossibile non rimanere travolti dalla grande energia sprigionata dalle loro canzoni, così come non provare un’istantanea simpatia verso gli sgangherati membri, rimasti folgorati dall’impatto scenico e musicale dei Nifelheim e pronti a fondere questa innegabile influenza con un attitudine old school di chiara derivazione anni ’80. Le premesse quindi sembrano essere delle migliori, e se si decide volutamente di ignorare l’apporto di quasi totale mancanza di originalità tra le note degli Eurynomos, si potrà godere di uno spettacolo semplicemente incendiario, dove tutto sembra funzionare a meraviglia. Le progressioni, gli stacchi, le linee vocali ed i tempi di batteria evocano costanti e perenni deja-vù rubati direttamente dai nostri dischi metal preferiti, ma dopo tre o quattro birre tutto assume una dimensione più goliardica e squassante, su cui la musica del gruppo si staglia alla perfezione: poche pretese, tanta voglia di divertirsi ed una resa assicurata dall’alcool sono le giuste coordinate nel quale inserire gli Eurynomos nel bill dello Stige Fest.

CARONTE
Il discorso si fa estremamente più serio con i Caronte e con il concept occulto del nuovo arrivato “Wolves Of Thelema”, presentato per la prima volta in Italia dopo il fortunato tour europeo tenuto dalla band in compagnia di Enthroned e Schammasch poco tempo fa. Con grande tenacia, i Caronte sono riusciti passo dopo passo a costruirsi una solida gavetta live e iniziano già da qualche tempo a raccogliere i meritati frutti di una produzione musicale sempre accorta e credibile, in cui il termine evoluzione sembra assumere un significato di impegno reale e ricerca sonora costante e mai prevedibile. I nuovi brani presentati allo Stige, infatti, si lasciano riconoscere da subito, sia per una stratificazione sonora ben più massiccia (dovuta alla fortunata introduzione di una seconda chitarra fissa in formazione), sia per uno stile canoro diverso rispetto a prima, più sofferto, tribolato, impegnato a diffondere tramite frequenze e tonalità più basse saperi misterici e discipline esoteriche che seducono e rapiscono. Alcuni dei migliori cavalli di battaglia del passato stoner-doom, però, rimangono in scaletta e si fondono con grande armonia alla più recente produzione artistica del combo, dove invece sembra prendere spazio un interesse marcato verso sonorità psycho-retrò anni ‘70, unite in maniera geniale al substrato doom metal a cui ci hanno abituato i Caronte nel tempo. Si sottolinea un impatto sonoro bombastico, una presentazione estetica sul palco curata nei dettagli ed un’esecuzione molto precisa dei musicisti, danneggiati solamente da alcuni fastidiosi rientri on stage che flagellano un po’ tutta l’esibizione ma che non ne scalfiscono il valore generale e l’assoluta autorevolezza maturata negli anni e messa su palco ancora una volta con grande trasporto.

NOCTURNAL
Dopo il pesante respiro cosmico concepito dai Caronte, torna ad alzarsi l’asticella della velocità e dell’ignoranza con i Nocturnal ed il loro incendiario speed-thrash made in Germany, incentrato senza vergogna sull’impatto frontale a tutti i costi. Assolutamente ignari di termini quali pulizia ed educazione, i ragazzi sembrano dare il tutto per tutto ad ogni secondo del loro concerto, seguendo un’attitudine old school che conquista l’ormai nutrita platea del Campus Industry, pronta a sfogarsi sotto il palco sulle evoluzioni musicali dei musicisti. In verità, basta poco per accorgersi che qualcosa non quadra all’interno degli equilibri della band e che questo problema deriva certamente dall’operato di Avenger alla chitarra, elemento centrale nel gruppo e clamorosamente fuori forma in questa occasione. Rimasto unico membro fondatore sin dalla prima formazione, il chitarrista tedesco dovrebbe rappresentare il timone artistico per i Nocturnal, mentre con la sua evidente imprecisione e uno spirito approssimativo finisce per affossare la band in una grigia interpretazione live. Il riffing frenetico, quasi nevrotico, di molti brani apprezzabili su disco finisce per ridursi ad un ammasso di plettrati alternati e note fischiate che spesso faticano a trovare un senso, se non fosse almeno per il lavoro più puntuale di basso e batteria su ritmiche e break, lavoro che mantiene lineare lo svolgimento delle canzoni. Persa per strada l’ottima Tyrannizer alla voce inoltre, anche l’impatto vocale sembra poco convincente, impegnato in uno stile profondo poco incline invece all’attitudine classic metal posseduta da sempre dai tedeschi. Non mancano momenti di foga ed energia, ma nel complesso risulta sin troppo scarna la preparazione riservata dal gruppo a questa esibizione, soprattutto se paragonata al livello generale più che dignitoso mostrato dal festival fino a questo punto.

NARGAROTH
La calata nel nostro Paese di una figura discussa e controversa come Nargaroth crea sempre interesse e scalpore da queste parti e niente sembra contraddire la regola anche in questa occasione. Non sono in pochi ad essere venuti più interessati a loro che ai veri headliner della serata, ed inizia in effetti a rendersi palpabile una certa attesa mentre si inizia a preparare il palco per lo show del blackster tedesco per eccellenza. Sarà ancora una volta una formazione rimaneggiata quella che avremo modo di vedere al Campus, forgiata da Ash secondo il proprio volere (purtroppo ancora senza basso in line-up) e pronta a sprigionare una lunga esibizione di sofferenza, rabbia e melodia in oltre un’ora abbondante di concerto. La storia parla chiaro, il nome dei Nargaroth rappresenta la punta di diamante nella terza ondata di black metal europeo e canzoni come “Possessed By Black Fucking Metal” o “Seven Tears Are Flowing To The River”, riproposte qui con un’enfasi ed una potenza ancora intatta rispetto ai tempi della loro registrazione, appartengono di diritto alla storia del black metal e vengono ascoltate in vibrante ammirazione dai presenti, pronti a far sentire tutto il loro calore alla minima occasione. Effettivamente, il sound avvolgente e allo stesso tempo penetrante scatenato dagli amplificatori crea una base perfetta per le screaming vocals agghiaccianti di Ash, vocalist temibile capace di trasmettere emozioni sincere e viscerali tramite il suo cantato, nonché abile mattatore della folla pur con le sue poche, plastiche pose; ed il tempo sembra scivolare via veloce nonostante la lunghezza e la pesantezza di molti dei brani scelti per la scaletta di questo festival. L’oscuro frontman sassone, inoltre, sembra aver preso particolarmente a cuore la causa dello Stige Fest, salutando più volte il pubblico italiano e concedendosi a concerto finito per saluti e foto insieme ai fan. Da possibile specchio per le allodole, la presenza dei Nargaroth alla serata si è dimostrata invece un notevole valore aggiunto, nonché una nuova dimostrazione di forza da parte di una figura leggendaria per il settore ma non per questo adagiata o meno arrabbiata di prima: la furia primigenia del progetto è ancora presente, ed un’esibizione come questa lo conferma senza obiezioni.

REVENGE
Il mood triste e quasi melanconico di Nargaroth sta per essere spazzato via dalla corazzata canadese dei Revenge, war metal act di prima classe che torna in Italia dopo oltre dieci anni di assenza per un nuovo devastante massacro collettivo. Considerati tra i nomi più estremi dell’intera scena metal, tanto su disco quanto in sede live, il trio di Edmonton si prepara a darne nuova dimostrazione sul campo, con buona pace dei meno avvezzi alle sonorità arcigne ed inumane perpetrate ormai da vent’anni da questa fenomenale macchina da guerra musicale. I più entusiasti iniziano ad inneggiare alla band già durante il cambio palco e continueranno a farlo durante tutta la preparazione pre-concerto fino ai primi segnali di battaglia scatenati dalle prime note introduttive. Da questo punto in poi si tratta di una guerra vera e propria, musicata sul palco dalla band e combattuta sotto di esso dai più coraggiosi che decidono di lanciarsi in un pogo violento e brutale, in totale allineamento rispetto all’estetica e alle liriche delle canzoni dei Revenge. Non ci sono tanti orpelli scenici, né particolari costumi o accessori a distrarre l’attenzione della platea, costretta quindi a subire l’atroce attacco della band senza possibilità di fuga o di resa. Gli occhi di tutti sono puntati su James Read, mente assoluta del progetto e spietato massacratore di pelli che, con il suo stile così particolare e riconoscibile, rende per molti familiare l’assalto noise-black a cui siamo sottoposti, secondo un sadico piacere distruttore che sembra fluire senza filtri dallo stage direttamente verso il pubblico. E’ tuttavia impossibile non sottolineare l’enorme apporto di Vermin (abile chitarrista e autore delle voci più acute) e di Haasiophis (basso e voci abissali) nel rendere così perfetto e terribile l’operato live dei Revenge, dando vita ad un power trio terremotante e rodato da anni di esperienza insieme e che non lascia prigionieri al suo passaggio. Una dopo l’altra, le fucilate si susseguono veloci e dolorose senza sosta o presentazioni in un’escalation di violenza totale secondo un flusso di potenza caotico e vorticoso, una cacofonia maestosa su cui si innalzano i sofferenti assoli di chitarra all’impazzata, i brucianti cambi di tempo della batteria, i poderosi rintocchi del basso e le folli urla incrociate delle due voci. Senza rimorso e senza pietà, i Revenge mettono in ginocchio i presenti per assestare loro il definitivo colpo di grazia e chiudere questa giornata di festival nella maniera più malvagia e brutale possibile, soddisfacendo oltre misura la sete di violenza che i fedelissimi della band sono venuti a placare in questa occasione.

Una piccola nota a parte merita sicuramente l’evento nell’evento, ovvero l’esposizione artistica riservata a Paolo Girardi negli ambienti superiori del Campus Industry Music. Artista di fama internazionale conosciuto per la sua collaborazione con tantissimi nomi della scena metal, Paolo incarna appieno lo spirito visionario e distopico comune a molti lavori della nostra musica preferita e la possibilità di poter vedere con i propri occhi alcuni dei suoi lavori originali più particolari ha rappresentato un valore artistico di inestimabile qualità, andato ad aggiungersi al già positivo giudizio in merito allo Stige Fest maturato per questa edizione: unire trasversalmente arti differenti come musica e discipline figurative, secondo la chiave del metal, può sempre dare adito ad interessanti e proficue sperimentazioni. Inaugurare questa unione esponendo l’arte di Paolo Girardi non può che lasciarci lusingati ed impressionati da tale valida intuizione.

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