11/11/2010 - STONE SOUR + HELLYEAH @ Live Music Club - Trezzo Sull'Adda (MI)

Pubblicato il 13/11/2010 da

A cura di Maurizio "MorrizZ" Borghi
Foto di Francesco Castaldo (www.francesco-castaldo.it)



 



 


Certo vedere Stone Sour ed Hellyeah assieme agli Avenged Sevenfold sarebbe stato un grandissimo spettacolo, ma a conti fatti, dopo l’incredibile successo di entrambe le date, c’è la possibilità che il Palasharp non avrebbe potuto contenere l’entusiasmo di tutti i fan italiani. Il Live di Trezzo è infatti caldissimo e pronto a scoppiare nell’accogliere le band (non chiamateli side-project!) degli iconici Vinnie Paul e Corey Taylor, non possiamo tacere inoltre sulle qualità strutturali del locale, che si dimostra un club con pochi eguali per accoglienza e resa sonora, anche se fuori Milano (il servizio di bus navetta ha messo una pezza anche a questo in ogni caso).

HELLYEAH

In moltissimi attendevano il debutto italico degli Hellyeah, attuale priorità del leggendario batterista Vinnie Paul che, dopo le esperienze non del tutto soddisfacenti di Damageplan e Rebel meets Rebel, ha finalmente dato vita ad una band di spessore assieme a bad boys provenienti da Mudvayne, Nothingface e dagli stessi Damageplan. Groove texano e impatto devastante travolgono le prime file sin dall’opener “Hellyeah”, che fa tremare il club e lascia a bocca aperta gli accorsi, forte di una coesione insaspettata della band e a suoni terremotanti, che graziano la doppia cassa di Big Vin quanto il resto del gruppo. Ci si ritrova quindi a sbattere la testa ed alzare corna e birre al cielo in una setlist breve (40 minuti) ma alquanto intensa, che migliora sostanzialmente ogni estratto dai due album della formazione, dai pezzi più heavy a quelli più southern/bluesy (“Hell Of A Time” e “Alcohaulin’ Ass” per intenderci). Chad Grey è quasi irriconoscibile senza il pesante makup dei Mudvayne, ma si cala nello spirito redneck con molta facilità (la tshirt dei Clutch ne è testimone), e allo stesso modo riesce a conquistare anche coloro che non indossano una maglia dei Pantera e non sventolano una bandiera confederata, tanto che poco dopo il gran finale di “Cowboy Way” i CD in vendita al merchandise (15 euro con autografo della band) si polverizzano in pochi minuti. L’Italia dimostra di essere a livello della nota “southern hospitality” quindi, e gli Hellyeah apprezzano e ricambiano: GETCHA PULL!

Setlist:
Hellyeah!
Goddamn
Matter of Time
Hell Of A Time
You Wouldn’t Know
Stampede
Alcohaulin’ Ass
Cowboy Way

STONE SOUR

Difficile far di meglio degli Hellyeah, che hanno ribaltato il Live (mancava un barbecue e della tequila e sarebbe sembrato di stare in Texas!) con una prova al di sopra di ogni aspettativa. Gli Stone Sour hanno però raggiunto un tale livello di confidenza, affiatamento e professionalità da guadagnarsi un pubblico tutto loro, quasi per nulla derivato dagli Slipknot. E’ ciò per cui Corey Taylor si batte fermamente da tempo, e fa piacere vederlo realizzato nello show di stasera, dove un pubblico variegato e trasversale dimostra sincero affetto ed entusiasmo nei confronti di una formazione verso cui molti hanno guardato più volte con sospetto. Il frontman d’altronde ha carisma oltre che un bell’aspetto, e domina l’audience dall’iniziale “Mission Statement” sino all’ultima nota (gli perdoniamo le stecche su “Bother”). Le premesse per un ottimo show sono nei validi brani della breve discografia del gruppo, giunto al terzo album con “Audio Secrecy”, raccolta che verrà saccheggiata senza però ignorare il successo di “Come What(ever) May” ne il debutto auto intitolato su Roadrunner: giustissimi dunque i cori rumorosi e gli applausi scroscianti tra una canzone e l’altra, in dialogo coi ripetuti complimenti del sempre energico cantante. Unica motivo per cui molti storcono il naso è la piega troppo “pettinata” che ha recentemente contagiato la band nel vestiario, ma anche in questo caso ci pensa Taylor a scrollarsi di dosso le accuse con un bel bestemmione, togliendosi successivamente la maglia nell’encore. Nessun tributo esplicito al compianto Paul Gray (solo un adesivo sul basso di Shawn Economaki), nessuna cover stavolta, solo tanta voglia di celebrare l’agognata maturità artistica, concedendosi il lusso di “bruciare” i singoli di successo nella scaletta e lasciare dopo la pausa le meno note “The Bitter End”, “Hell & Consequences” (dove viene richiesto un divertente “wall of DANCE”) e “30/30-150”. Complimenti Stone Sour, vi siete guadagnati il vostro diploma, celebriamo sotto la coriandolata finale.

Setlist:
Mission Statement
Reborn
Made Of Scars
Say You’ll Haunt Me
Unfinished
Let’s Be Honest
Your God
Bother
Through Glass
Digital (Did You Tell)
Get Inside

The Bitter End
Hell & Consequences
30/30-150

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