Report a cura di Maurizio Borghi
Foto di Francesco Castaldo
Una pioggia londinese ha raffreddato il pomeriggio di molti ragazzi che pazientemente hanno aspettato fuori dall’Alcatraz di Milano, per una data molto attesa che non arriverà al sold-out per un soffio, in un novembre che ha svuotato le tasche di ogni appassionato di musica heavy. Protagonisti della serata sono gli Stone Sour, forti di quello che forse è il miglior capitolo della loro discografia, sicuramente il più ambizioso, e i Papa Roach, sensation nu metal che non è mai realmente uscita dai cuori dei loro sostenitori. Tra i presenti anche i fortunati vincitori del nostro contest, che senza sborsare una lira si sono potuti affiancare al fan club ufficiale e ai possessori del VIP ticket per incontrare la formazione californiana (la foto ufficiale qui). Ad aprire la serata ci pensano gli Hounds, formazione misteriosa che resterà confinata nel mistero per chi scrive, visto che varie circostanze ci hanno impedito di assistere al loro contributo…
PAPA ROACH
Uno dei gruppi di punta del movimento nu metal agli esordi, sicuramente a capo della frangia più rock ed orecchiabile, i Papa Roach sono sopravvissuti rinvigorendosi nel passaggio sotto Eleven Seven Music, etichetta sulla cui poltrona presidenziale siede nientemeno che mister Nikki Sixx e che vede nel roster gruppi come Buckcherry, Hellyeah, Sixx A.M. e gli stessi Crue. Quando arriva il loro momento, l’accoglienza è caldissima e non è un caso se ad aprire il set ci sono proprio i pezzi del periodo Eleven Seven come “Burn”, “To Be Loved” e “Still Swingin'”, a dimostrazione di un nuovo corso molto apprezzato da tutti coloro col nu metal nel DNA, che ancora oggi ballano le loro canzoni ogni sabato sera. Ad avvalorare la tesi troviamo anche una rilevante presenza femminile, che si scatena sulle note dei singoli del gruppo, dimenandosi in maniera danzereccia. L’ultimo “The Connection” non viene troppo valorizzato, rappresentato solo da tre pezzi (oltre al già citato “Still Swingin'”, vengono eseguite “Where Did The Angels Go?” e “Leader Of The Broken Hearts”): Shaddix preferisce andare sul sicuro e procedere con la lunga lista di singoli pescati da ogni momento della carriera. Una performance energica, segnata da un’energia molto positiva che ha pervaso il palco e contagiato l’intero club. Solo dopo la decadente “Hollywood Whore” il frontman ritorna Coby Dick (questo il suo primo ‘stage name’) per le attesissime e apprezzatissime “Between Angels And Insects” e “Last Resort”: diviene lampante come queste siano ancora le hit più grandi e mai dimenticate, la cui grandezza non è mai stata eguagliata e che caratterizzano maggiormente il gruppo. Gran bel momento per i Papa Roach; l’Italia innamorata del nu metal li acclama e, forti di nuova linfa artistica, potrebbero benissimo andare oltre i 45 minuti di questa sera.
Setlist:
Burn
…To Be Loved
Getting Away With Murder
Still Swingin’
Forever
Lifeline
Where Did The Angels Go?
Scars
Leader Of The Broken Hearts
Hollywood Whore
Between Angels And Insects
Last Resort
STONE SOUR
4 febbraio 2002 – Slipknot + American Head Charge: Alcatraz letteralmente a ferro e fuoco, per una performance sconvolgente che marchierà a fuoco la memoria dei presenti. Nello stesso anno, il 27 agosto, usciva anche il primo disco degli Stone Sour, proposta molto acerba a parere di chi scrive, anche se valse alla band due nomination ai Grammy e venne classificata come Disco d’Oro. Nel 2012 gli Stone Sour ne hanno fatta molta di strada, lottando con infinite energie per il riconoscimento di una propria entità musicale, attraverso la pubblicazione di quattro album (saranno 5 nel 2013) e intense attività live. Si può discutere dell’eventuale maturità del gruppo, del suo valore intrinseco e dell’originalità della proposta; si può dubitare di intenti spudoratamente commerciali, di ambizioni che possono causare il fatidico ‘passo più lungo della gamba’; si può anche fantasticare sugli sviluppi ipotetici della band ‘se non fossero mai esistiti gli Slipknot’. Quello che zittisce tutti, in maniera inequivocabile e indiscutibile, è il carisma e la presenza scenica di un frontman come Corey Taylor. Per tutti i 75 minuti in cui gli Stone Sour sono stati sul palco, il cantante ha fatto scomparire dubbi, incertezze, cattiverie, oscurando pure gli stessi compagni di band. Un personaggio che rifulge di energia inesauribile, con un magnetismo più unico che raro, che col minimo sforzo tiene in pugno l’intero Alcatraz. La scaletta della serata è composta in maniera quasi scientifica, con egual numero di pezzi per album (quattro, ad esclusione di “Come What(ever) May” che ne ha cinque) e dando evidenza ai pezzi più noti. Questa scelta poco coraggiosa, assieme alla staticità assoluta dei ¾ del gruppo e ai pezzi del debutto, è di sicuro la nota negativa della serata, in uno show appesantito nella sua parte centrale, che ha visto anche il pubblico stancarsi e partecipare in maniera minore. La pesantezza di “RU486” dà una scossa nel momento peggiore, facendo salire nuovamente i giri virando verso i maggiori successi della band, quelli più melodici. In questo finale, se “Taciturn” è incomprensibilmente assente, siamo felicissimi di sentire la prima strofa e il ritornello di “Nutshell” degli Alice In Chains, eseguita in acustico dal solo Corey Taylor. La toccante cover sta in mezzo ai successi di “Bother” e “Through Glass”, attese da tutti, che lasceranno buona memoria dello show prima della conclusiva “30/30-150”. Prestazione ineccepibile per tecnica e vocalità, bei suoni (da non dare per scontati nel club numero uno di Milano) e un frontman che sotto i vestiti ha probabilmente la calzamaglia di Superman: come uscire insoddisfatti?
Setlist:
Gone Sovereign
Absolute Zero
Mission Statement
Hell & Consequences
Orchids
Made Of Scars
A Rumor Of Skin
Reborn
Monolith
Blotter
RU486
Say You’ll Haunt Me
Digital (Did You Tell)
Encore:
Bother
Through Glass
30/30-150