29/09/2022 - STONED JESUS + GREENLEAF + SOMALI YACHT CLUB @ Legend Club - Milano

Pubblicato il 05/10/2022 da

Report di Alessandro Elli

Per riscaldarsi in una serata di fine settembre in cui il clima sembra invernale più che autunnale, niente di meglio che un concerto fatto di infuocate sonorità hard rock, stoner e psichedelia. Tre sono le band che si sono avvicendate sul palco del Legend Club di Milano, ciascuna interprete del genere con un diverso approccio e differenti sfumature: in apertura gli ucraini Somali Yacht Club, stelle emergenti della scena, con le loro atmosfere eteree e ipnotiche; poi gli svedesi Greenleaf, energici e coinvolgenti, che calcano i palcoscenici di tutta Europa con una certa frequenza da più di vent’anni; infine gli headliner Stoned Jesus, anch’essi ucraini, altra formazione che si vede sempre più spesso nelle posizioni di punta dei festival di settore. Nonostante il tempo decisamente inclemente ed il numero veramente alto di spettacoli nel capoluogo lombardo in queste settimane, la risposta di pubblico è stata buona. Ecco il nostro racconto della serata.

Ad inaugurare questa serata all’insegna delle sonorità più psicotrope sono chiamati i SOMALI YACHT CLUB: i ragazzi di Leopoli hanno all’attivo ormai tre album e con l’ultimo “Space” sono anche meritatamente approdati su Season Of Mist. La loro musica ha un lato psichedelico molto marcato, con i lunghi brani che, particolarmente dal vivo, assumono l’aspetto di una jam, in cui la solida sezione ritmica fa da base per divagazioni chitarristiche dal gusto pinkfloydiano. Il loro post-rock delicato ed ipnotico, anche se di certo non originale, è caratterizzato da riverberi e delay, momenti di puro fuzz ed esplosioni controllate di stoner, mentre le parti vocali sono anch’esse sempre piuttosto pacate. Con gli amplificatori avvolti nelle bandiere ucraine, i tre sono rimasti per tutta la durata dello show praticamente immobili nelle loro posizioni iniziali e questa mancanza di scossoni è l’unico difetto evidente che si è potuto riscontrare in un’ora di musica comunque gradevole e ben suonata. Tra i pezzi migliori “Up In The Sky”, grazie ai riff rocciosi e ad un ritornello semplice che la rendono immediata e diretta, differenziandola da brani abbastanza omogenei tra loro.
Decisamente differente l’approccio dei GREENLEAF: gli svedesi, ormai veterani della scena stoner (alcuni di loro addirittura militano nei Dozer, pionieri del genere), sono dei veri e propri animali da palcoscenico, con il tarantolato cantante Fredrik Nordin e l’imponente chitarrista Tommi Holappa particolarmente impegnati a coinvolgere un pubblico nel frattempo divenuto piuttosto numeroso. Il loro stoner è graffiante e totalmente rivolto al passato, suonato come se fosse hard rock degli anni ’70 ed a colpire è soprattutto la prestazione del già citato Nordin che, oltre a saltellare ed interagire con gli spettatori, ha una voce veramente peculiare, perentoria e potente ma anche screziata di venature blues e soul. I pezzi sono mediamente brevi e sparati; parecchi, ovviamente, gli estratti dall’ultimo album, “Echoes From A Mass” uscito lo scorso anno, ma ampio spazio è dedicato anche ai classici della band: ad aprire lo show “Trails And Passes”, dall’omonimo disco, ottima per riscaldare l’atmosfera con il suo tripudio di riff sabbathiani; “Let It Out!” è, invece, più cupa ed ha uno spirito scanzonato vicino al punk; la conclusiva “With Eyes Wide Open” rappresenta il momento più psichedelico, con il suo andamento strascicato che, più che le fredde langhe vichinghe, ci porta al caldo della West Coast. Dall’inizio alla fine uno show veramente trascinante.
Sono le 23 quando entrano in scena quelli che saranno gli headliner della serata: gli STONED JESUS sono da anni un nome noto nel mondo stoner rock e hanno addirittura sfiorato il successo ad un livello più alto con un loro pezzo, “I’m The Mountain” che, nel 2012, ha raggiunto la cifra record, per una band di questo genere, di quattordici milioni di visualizzazioni su YouTube, ma i tre musicisti di Kiev non sembrano essersi montati la testa, continuando a macinare musica, chilometri e concerti in festival e piccoli club. L’anima degli ucraini è senza dubbio il talentuoso cantante e chitarrista Igor Sidorenko, attivo anche con altre formazioni provenienti dal suo paese, che tiene il palco con la giusta sfrontatezza, scaldando la platea con i frequenti assoli, ben sostenuto dal basso di Sergii Sliusar e dalla batteria di Dmitry Zinchenko, entrambi solidi musicisti, a completare un trio con la forte tendenza a partire per la tangente e perdersi in lunghe jam dal sapore vintage. Ancora una volta, siamo di fronte a dei ragazzi innamorati dei Black Sabbath, che però mostrano di saper scrivere pezzi vari ed ispirati, sconfinando nel doom, nel progressive e anche nel rock puro e semplice, quello di The Doors e Jimi Hendrix. Oltre alla monumentale “I’m The Mountain”, sedici minuti che sanno essere introspettivi ed allo stesso tempo colpire duro, i momenti migliori sono senza dubbio “Bright Like The Morning”, una cavalcata elettrica heavy psych, ed i due pezzi proposti per ultimi, ossia il doom dinamico di “Electric Mistress” e quello più punkeggiante di “Here Come The Robots”. Proposti anche due nuovi singoli, “Porcelain” e “CON”, ed un pezzo che ancora non è stato pubblicato, “Get What You Deserve”, ed è soprattutto quest’ultimo ad impressionare, uno stoner martellante che verso metà del brano rallenta per chiudere con una lunga coda psichedelica strumentale. “L’Ucraina non è solo un campo di battaglia, ma anche cultura“, ci tiene a proclamare un commosso Igor; e questa sera non si può che dargli ragione.

 

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