Non è proprio più il caso di allarmarsi se non si riesce a recarsi al Neurotic Deathfest. Da qualche tempo a questa parte, una buona fetta dei gruppi che partecipano al celebre evento olandese sono comunque in tour in Europa nei giorni attorno ad esso; cosa che, se da un lato fa perdere un po’ di fascino al suddetto happening, dall’altro mette molti più fan nelle condizioni di riuscire ugualmente ad assistere a un concerto dei loro beniamini, magari senza spendere grosse cifre. Certo, un festival ha tutt’altra atmosfera rispetto a una “normale” serata in un club, ma dobbiamo dire che il “pacchettone” capitanato dai Suffocation che in un freddino martedì sera di marzo fa tappa a Londra rappresenta comunque un più che accettabile diversivo per tutti coloro che esigono una dose settimanale di death metal in sede live…
CEREBRAL BORE
I Cerebral Bore suonano a Londra un mese sì e uno no, ma non importa… hanno sempre amici e fan disposti a venire a vederli in ogni situazione, anche quando si ritrovano ad esibirsi alle 6 del pomeriggio di un martedì. Il gruppo, inoltre, ha fatto passi da gigante negli ultimi mesi, convincendo la Earache a ristampare il suo debut album e procurandosi importanti slot in tour sia europei che americani. Non sorprende quindi ritrovarsi il quartetto affiatatissimo e bellicoso anche in questa circostanza, pronto a prendere a sberle una folla già piuttosto nutrita con il suo death metal moderno e convulso. Simone “Som” Pluijmers attira, come previsto, tutti gli sguardi dei presenti: non capita tutti i giorni di sentire una ragazza sfoderare un growling tanto estremo e convincente! Tuttavia, ciò non fa passare in secondo piano la musica: la band è compattissima e precisa, suona senza sbavature e raccoglie sempre più consensi traccia dopo traccia. Qualcuno potrebbe vedere i Cerebral Bore come l’ennesimo fenomeno “tanto fumo e poca sostanza” solo per la presenza di Som, ma questa è una realtà che ha ormai diversi anni di gavetta underground sulle spalle e che si è guadagnata tutto quello che oggi può vantare solo tramite il duro lavoro. La performance di stasera ne è una chiara dimostrazione.
SADIST
I Sadist questa sera sono un po’ fuori contesto con il loro techno-death ricco di atmosfera. Immaginiamo il fan medio di un gruppo come i Cerebral Bore inorridire alla sola vista delle tastiere, ma, quando i Nostri danno inizio al loro show, la cornice di pubblico è tutto sommato decorosa (e comunque destinata a farsi sempre più ampia e partecipe col passare dei minuti). Avendoli ammirati on stage più volte sin dagli anni ’90, sappiamo cosa aspettarci dal quartetto ligure e, come prevedibile, non veniamo delusi nemmeno da questa performance londinese. Semmai, ci dispiace che la setlist non presenti estratti da “Above The Light” e “Crust”, ma ci rendiamo conto che il tempo a disposizione dei ragazzi sia alquanto limitato. Ci “accontentiamo” di una “Tribe” e di una “One Thousand Memories”, fra le altre, durante le quali Tommy lascia buona parte degli astanti a bocca aperta con il suo inconfondibile modo di suonare chitarra e tastiera contemporaneamente. Sconosciuti a buona parte dei kid presenti quest’oggi, i Sadist si segnalano senza dubbio come la band più progressiva e particolare della serata, tanto che saranno in pochi coloro a chiedere maggiori informazioni su di loro a esibizione conclusa. Probabilmente non sarà piaciuto ai tipi più “brutali”, ma il loro concerto è stato formalmente impeccabile.
BLOOD RED THRONE
Chi suona oggi nei Blood Red Throne? Impossibile dirlo, ormai la band norvegese cambia membri tanto quanto noi ci cambiamo le mutande. Spiace per Død, leader e unico superstite della formazione originale, ma la situazione che si è venuta a creare in seno al gruppo sta diventando sempre più insostenibile, anche perchè di recente il Nostro ha dovuto fare i conti, tra le altre cose, prima con l’abbandono del suo braccio destro Tchort e poi con quello dell’esperto bassista Erlend Caspersen, entrambi membri vitali della lineup. E non dimentichiamoci dello split con il frontman Vald, cantante sugli ultimi lavori in studio! Oggi i Blood Red Throne fanno affidamento su perfetti sconosciuti e, purtroppo, la qualità delle loro performance live ne risente: il bassista sembra appena uscito dal liceo, ma almeno – bisogna riconoscerlo – ce la mette tutta per non far rimpiangere Caspersen. I nuovi arrivati alla seconda chitarra e al microfono, invece, appaiono come puri e semplici mestieranti. Anche l’attitudine è ormai lontana da quella di una death metal band gelida e letale come erano un tempo i Blood Red Throne: i Nostri oggi sembrano quasi una cover band di quelle che da queste parti si vedono nei pub… esecuzioni imprecise, pose da fan boy dei Pantera, pause trascinate sino alla noia perchè il frontman è palesemente alticcio e non sa quando deve smettere di parlare. In chiusura di show, un classico come “Mephitication” viene letteralmente massacrato e, anche se il pubblico reagisce tutto sommato positivamente, l’idea è senz’altro quella di aver assistito a una prova assai poco decorosa.
CATTLE DECAPITATION
Il concerto torna sui binari giusti con l’arrivo dei Cattle Decapitation, che, al contrario dei loro colleghi norvegesi, non perdono un attimo in convenevoli e pause, tanto che chi non ha familiarità con il loro repertorio non riesce nemmeno a capire quando finisca un brano e quando ne inizi un altro. I suoni sono su volumi meno roboanti rispetto a quelli in dote ai BRT, ma l’esecuzione è di tutt’altro livello e rende piena giustizia alla personalità messa in mostra sugli ultimi fortunati album in studio. Un classico recente come “Regret & The Grave” infiamma tutti i fan dei death-grinder californiani, ma anche i due nuovi episodi proposti vengono accolti alla grande. Non è ovviamente il caso di sbilanciarsi in descrizioni e giudizi, ma pare che il materiale contenuto nell’imminente nuovo disco del quartetto proseguirà sulla scia di “The Harvest Floor”, con una rinnovata attenzione per il groove e la forma canzone. Non vediamo l’ora di ascoltarlo! Guidati da un Travis Ryan in gran forma, che sul palco sembra sempre più una via di mezzo tra Barney e Giulio The Bastard, i Cattle Decapitation questa sera giustificano pienamente il loro ruolo di pre-headliner con una prova concisa dove niente è fuori posto.
SUFFOCATION
Buona parte dei presenti è al corrente che Frank Mullen è stato costretto a rientrare negli USA dopo il Neurotic Deathfest olandese per impegni di lavoro, quindi la sorpresa di vedere Bill Robinson dei Decrepit Birth sul palco è solo relativa. I Suffocation sono anche reduci dal recente split con il batterista Mike Smith (rimpiazzato dal noto Dave Culross), ma, ovviamente, gli occhi e i pensieri sono quasi tutti per il ruolo del frontman, che rappresenta da sempre una parte importante del gruppo. Non è certo semplice rimpiazzare anche solo temporaneamente un’icona come Mullen, ma Robinson – bisogna ammetterlo – questa sera riesce a conquistarsi le grazie di tutti i presenti: il suo growling è senz’altro un po’ più statico di quello del suo illustre collega, ma il Nostro compensa tale mancanza con un impegno sopra le righe, una presenza scenica adeguata e tanta simpatia. Inoltre, giusto per mettere le cose in chiaro, il barbuto frontman ripete più volte di essere onorato di trovarsi in questa situazione e manda svariati saluti a Mullen, nel caso qualcuno stesse filmando lo show e avesse intenzione di pubblicarlo su YouTube! Avendo vari giorni di tour sulle spalle e un affiatamento coi nuovi compagni ormai abbastanza cementato, Robinson si rende quindi protagonista di una buona prova, che va alla pari con quella strumentale del resto della lineup. Nonostante l’emergenza, il nome Suffocation anche questa sera si rivela sinonimo di garanzia: Terrance Hobbs e soci non fanno nulla per deludere i fan e si lanciano a briglie sciolte in ogni canzone. La performance è intensa e serrata come da tradizione, la setlist è colma di classici (solo “Abomination Reborn” va a rappresentare il repertorio recente) e l’Underworld, esattamente come in passato, risponde con un pogo incessante e una miriade di stage dive. Certo, non si tratta dei soliti Suffocation, ma altre band storiche trovatesi in situazioni analoghe (Deicide senza Benton alcuni anni fa) non erano riuscite a farsi valere come gli statunitensi quest’oggi. Nonostante tutto, si è trattato di un gran bel concerto.