A cura di Maurizio Borghi
L’overdose di giugno è passata e dopo gli strascichi di inizio luglio gli eventi cominciano a diradarsi, in previsione della clamorosa e abituale “secca” di agosto e settembre. Nell’estate 2015 pare che tutta l’America sia in tour in Europa, ecco quindi anche i paladini del deathcore far tappa in Italia per due date. Finalmente anche una fermata a Milano per i Suicide Silence, di solito impegnati su altri lidi, che scelgono la settimana più calda dell’anno per uno show estivo al circolo Magnolia di Segrate. La configurazione è quella del palco piccolo, a fianco al Gluglu bar per intenderci, visibile appena entrati nel Circolo. Ad aprire ci sono un paio di gruppi italiani, Sharks In Your Mouth da Ancona e Shake Well Before. Il pubblico è giovane e motivato, pare aver tanta voglia di divertirsi nonostante il caldo africano e si presenta nei tipici stilemi del genere, tatuaggi e mega-dilatatori compresi…
BLACK TONGUE
Alle 21 i Black Tongue sono già nel pieno del set. La formazione, prossima a pubblicare il secondo album su Century Media, fa senza dubbio il suo lavoro sul palco, proponendo una mistura di metalcore, deathcore e death metal super heavy, senza spazio alla melodia e rallentatissimo. Il fattore ripetitività e lentezza, forse perché li ascoltiamo per la prima volta in assoluto, va però a loro sfavore: all’ennesimo breakdown il pubblico sembra prenderli un po’ in giro, arrivando a sedersi in fila mimando l’atto del vogare (WTF!?!). Lasciano il palco nettamente provati dal caldo inumano, senza provocare particolari sussulti. Ci riserviamo un ascolto più approfondito per emettere un giudizio sensato.
CARNIFEX
Quando si impossessa del palco la formazione di San Diego, California, si alza decisamente l’asticella. I Carnifex sono ormai un gruppo consolidato che, dopo anni di tour intensivi sia in Europa che negli Stati Uniti, ha raggiunto quel livello di sicurezza e professionalità che li distingue dagli ultimi arrivati. Nel corso della loro storia hanno anche strutturato il proprio suono, ben piantato nel deathcore da manuale, innervandolo con influenze death e black metal. La scaletta ne trae immenso beneficio, soprattutto in contrasto con i monolitici e ripetitivi Black Tongue. Nonostante afa, umidità e concentrazione di insetti facciano pensare di essere in Cambogia piuttosto che all’Idroscalo, la prestazione dei Carnifex riesce ad essere abbastanza fisica, facendo divertire un pubblico molto attento e partecipe, che anima il pit senza scadere in episodi di violenza gratuita. Più che il chitarrista obeso, sul finale, è l’atletico frontman Scott Lewis ad arrancare, andando quasi a perdere la voce nei passaggi più impegnativi. Considerando le oggettive difficoltà climatiche, in ogni caso possiamo dire che i Carnifex hanno portato a casa la serata, rendendo giustizia alla considerazione guadagnata negli anni e lasciando soddisfatti i presenti, che in molteplici situazioni li hanno visti in apertura alle formazioni più fortunate.
SUICIDE SILENCE
Per chi scrive, Eddie Hermida è ancora “il nuovo” cantante dei Suicide Silence; nonostante la band sia già passata in Italia con l’ex-All Shall Perish, infatti il sottoscritto non è ancora riuscito ad assistere alla prova live. Parlando col pubblico, molti fan della formazione, pur apprezzando l’operato del sostituto, non riescono a sopperire propriamente alla mancanza di Mitch Lucker, arrivando a seguire la band quasi per tributo al compianto frontman. Il cantante si dimostra da subito eccezionale, padroneggiando facilmente tutte le sfumature scream/growl, sia quando si sale negli acuti folli che quando si scende nel growl più gutturale. Lewis dei Carnifex ne esce umiliato, Lucker malconcio. E’ ovvio che c’è anche altro da giudicare e che è giusto che Mitch non venga mai dimenticato, ma da un’analisi con occhio cinico lo squilibrio è evidente. Pur essendo Eddie vocalmente strabiliante, col passare dei pezzi dobbiamo ammettere che Lucker aveva molto carisma e fisicamente teneva il palco in maniera singolare. Il gruppo è comunque coeso e dall’affiatamento si capisce come Hermida fosse realmente un membro della famiglia Suicide Silence già da tempo: chi non li conosce potrebbe ipotizzare suonino insieme da sempre. Molto “pulito” (niente bestemmie) e comunicativo, il piccoletto se la cava in maniera egregia e guida i presenti – circa duecento persone – per tutta la durata del concerto. Il pubblico merita una menzione particolare: raramente abbiamo assistito, a Milano, a una rappresentanza tanto energica ma mai violenta, devota ma non elitaria, entusiasta e partecipe, che ha accontentato ogni richiesta del gruppo ed è riuscita a rispettare il minuto di silenzio osservato per Justin Lowe, chitarrista degli After The Burial recentemente trovato senza vita, quanto i solleciti a circle pit e wall of death. La scaletta è sbilanciata verso l’ultimo “You Can’t Stop Me”, senza comunque dimenticanze imperdonabili, e per i fan storici tutti e tre gli album rimanenti vengono rappresentati in maniera adeguata. Una prova più che soddisfacente per i Suicide Silence, che bisseranno il giorno dopo al Cycle Club accompagnati dai The Black Dahlia Murder. Nonostante la sfortuna, ci sentiamo di dire che esiste un futuro per la band e il tour da poco annunciato coi Korn (solo negli Stati Uniti) ne è la subitanea controprova.