01/05/2017 - SUMAC + OXBOW @ Magnolia - Segrate (MI)

Pubblicato il 04/05/2017 da

Report a cura di Maria Chiara Braida

Per questa occasione siamo al Circolo Magnolia, locale che non spicca per eccellenza acustica, bellezza delle scenografie o ricchezza dell’ambiente, ma che in una piovosa serata di maggio ha radunato tra le pareti della sua sala coperta un discreto numero di fan per assistere ad uno show che promette di non deludere. E’ difficile capire per quale delle due band il pubblico sia qui: ad esibirsi infatti saranno gli Oxbow e i Sumac. I primi da San Francisco, una band che dagli ultimi anni ’80 è stata definita nel tempo noise-rock, avantgarde-free-jazz, musique concrete, per la sorprendente quantità di approcci sperimentali nella composizione e nella realizzazione delle loro musiche. A seguire gli headliner, americani/canadesi, band nata nel 2014 dalla mente di Aaron Turner (ex-Isis, Old Man Gloom, Mamiffer), Nick Yacyshyn (Baptists) e Brian Cook (Russian Circles, These Arms Are Snakes). Per questo tour, al posto di Cook troveremo Joe Preston (The Melvins, Sunn O))) e High On Fire, per citarne alcuni). Noi, dalla nostra parte, siamo impazienti di vedere on stage entrambi i gruppi, curiosi di assaporare le multisfaccettate sonorità dei primi e di scoprire come funziona dal vivo l’ensemble di artisti del gruppo principale, le cui radici affondano in differenti ed importanti passati musicali ed i cui nomi parlano da soli.

 

 

OXBOW

E’ veramente una piacevole sorpresa trovarci sotto al palco e fare la conoscenza di Eugene Robinson, imponente frontman della band californiana, che fa il suo ingresso sulla scena vestito di tutto punto, con un cappello borsalino nero, le orecchie coperte da due nastri adesivi neri, l’impatto e l’attitudine di un caratterista teatrale. Assieme a lui, in prima linea, il filiforme e nevrotico bassista Dan Adams e l’eclettico ed allucinogeno chitarrista Niko Wenner, mentre a chiudere la formazione troviamo un precisissimo ed energico Greg Davis dietro le pelli. Impieghiamo i primi minuti a comprendere le sensazioni contrastanti proposte dai quattro, ma già sulle note di “A Gentleman’s Gentleman” la nostra curiosità si tramuta in incredulo entusiasmo: sebbene spesso risultino incomprensibili e stridenti, le parole cantate da Robinson sono articolate su range così insoliti ed antitetici da risultare ipnotiche. Dopo pochissimi minuti e per il resto dello show, il leader del gruppo si mostra agli astanti seminudo, sfoggiando movenze ed espressività interpretativa che difficilmente lasciano indifferenti. Arduo inquadrare gli Oxbow in un genere, o accostarli ad un’altra band: di progetti come questo non ne esistono. La loro proposta fonde il metal con post-rock e jazz, musica classica e rock n’ roll, blues e noise. La scaletta scorre intensamente e rapidamente per circa quarantacinque minuti, percorrendo la discografia della band tra accordi irrazionali e discordanti, drumming psicotici e sopratutto una performance canora fuori dalle righe; quando arriva la fine siamo contenti di aver assistito ad uno spettacolo di indubbia qualità.

 

SUMAC

Sono passati dieci minuti, il tempo di riprendere possesso dei sensi e affacciarci all’esterno per una boccata d’aria, confrontandoci con i presenti, abbastanza numerosi per un lunedì sera, sulle aspettative che nutriamo per gli headliner di questo evento: Aaron Turner sta per esibirsi davanti al pubblico del Circolo Magnolia e probabilmente per molti, come per noi, è il primo incontro dal vivo con i Sumac. Il passato più popolare di Turner è sicuramente quello con gli Isis, ma tuttavia sembra chiaro che anche i suoi progetti più recenti risultino interessanti a tutti coloro che seguono la scena post-metal. Subito veniamo risucchiati all’interno del locale sull’intro di “Blackout”, dall’ultimo “What One Becomes”, album attorno al quale si articolerà la performance del trio. L’impatto è immediato, denso, intenso. I suoni, sino dai primi feedback degli ampli, si presentano feroci, energici, neri, dall’inizio dello spettacolo fino all’ultimo riff. I tre musicisti sul palco non necessitano di ulteriori presentazioni: Aaron Turner si distingue per la sua presenza totalizzante e magnetica, sempre in simbiosi perfetta con Nick Yacyshyn; il primo canta con un ruggito forte e straziante, il secondo oscura l’atmosfera con un drumming furioso, con rullate e fill potenti e precisi. Lega ed incornicia tutto il basso frenetico di Joe Preston, e la combinazione delle singolari peculiarità di ciascuno dei tre artisti si risolve in uno spettacolo estremamente selvaggio, un ininterrotto assalto violento al nutrito gruppo di spettatori sotto il palco, che vengono presi a schiaffi da un metal insano ed abrasivo, contaminato da passaggi psichedelici ed intervalli noise che ripartono con bordate all’unisono. Nonostante i pezzi proposti siano tutti piuttosto lunghi, non sembra mai di trovarsi davanti ad un’esecuzione inconcludente. L’esibizione si conclude in maniera un po’ brusca, la band lascia il palco senza troppe cerimonie, con un invito alla pace e all’amore che un po’ stride con il messaggio sonoro aggressivo che è stato costantemente scagliato nell’atmosfera. Comunque, a giudicare dalle espressioni dei presenti, Turner e compagni hanno ampiamente esaudito le aspettative.

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