A cura di Luca Pessina e Valentina Spanna
Foto di Shelley Slater (http://www.evilshell.net/)
Il Summer Breeze, che si svolge ormai da cinque anni sulle verdi colline di Abtsgmund, alle porte di Stoccarda, è un ottimo festival open air che dimostra di aver ben messo a frutto l’esempio organizzativo del cugino anziano Wacken Open Air, sempre all’insegna del costante miglioramento. Ed è un piacere fare queste constatazioni, considerato il desiderio mai sopito del popolo metal di trovare manifestazioni ben congegnate dove poter finalmente vedere esibirsi le band seguite. E come non potevano i redattori di Metalitalia.com farvene un resoconto? Più che assonnati, la mattina del 21 agosto abbiamo preso il meraviglioso regionale Stuttgart-Aalen lasciandoci alle spalle la movimentata amichevole Germania-Italia e soprattutto gli Stoccardesi (?), ovvero un manipolo di bigotti eccellenti! Inaspettatamente, sul treno aromatizzato al burro rancido, vecchietti cattolici in gita si mescolavano a metallari più o meno truci! Giunti ad Aalen abbiamo preso il bus per Abtsgmund cominciando a socializzare con i tedeschi già ubriachi, impazientissimi di vedere i concerti. Ed è così che, nel pieno del ridente paesello, a due passi dalla suggestiva chiesa gotica, ogni anno si danno appuntamento metallari di tutta Europa (e oltre!). A livello di band la scelta del Summer Breeze privilegia i campi più estremi del metal e una buona dose di dark-gothic (che in Germania va sempre fortissimo!) rispetto al Wacken, tradizionalmente promotore anche di molte band classic metal e di un ventaglio di proposte in grado di accontentare davvero chiunque. L’area concerti, con alle spalle i boschi e e i campeggi (costo 10 euro a persona, puliti e con abbondanti servizi), è abbastanza ampia e vi trovano posto numerosi stand di merchandising e punti di ristoro… e naturalmente i due palchi, dove i gruppi si alternano da mezzogiorno a notte. Il Pain stage fa da contraltare all’imponente Main stage, unico appunto: raggiungerli non è sempre stato semplicissimo a causa dell’imponente flusso di persone che in certi punti rimaneva strozzato senza quasi potersi muovere. In futuro una migliore sistemazione dell’area potrà ovviare all’inconveniente. In particolare l’edizione 2003 del Summer Breeze si è distinta per l’ottima performance di alcune band come Amorphis e Naglfar, ma anche per alcune defezioni, sempre annunciate per tempo e motivate con serietà. Eravamo rimasti, prima di partire, con il rammarico di non poter vedere esibirsi Katatonia, Darkane e Borknagar (impegnati nelle recording session della prossima release), a cui si è aggiunta la notizia (per noi terribile) che nemmeno i Meshuggah avrebbero suonato (Tomas, curati ‘sta tendinite! Ci hai frantumato… le illusioni!). Infine, a festival iniziato, hanno dato forfait il geniale Vintersorg (motivo Borknagar), degnamente sostituito dai Disbelief e, spiacevolmente, I Primordial. Ci scusiamo anticipatamente se nel report non troverete recensite tutte le band (abbiamo visto più che altro i gruppi inerenti a ciò che trattiamo). Nel caso di Krokus e J.B.O., headliner della prima e della terza giornata, non ci siamo sentiti di scrivere un commento data la scarsa conoscenza che abbiamo di questi gruppi. Possiamo solo dirvi che ci è parso che abbiano suonato bene! Nonostante sia stato funestato dalla mancanza di parecchi gruppi di spessore il Summer Breeze ha saputo reggere benissimo e non esageriamo decretandone il successo. E’ sicuramente una manifestazione che merita di essere seguita e supportata sia per la qualità delle proposte che per la professionalità dell’organizzazione. Dunque, se non volete sprecare i vostri soldi, sapete dove andare: da Abtsgmund dritti all’inferno!
Un ringraziamento speciale va a Jones e a tutti i ragazzi del Badia Rocks festival, senza i quali non saremmo mai potuti tornare a casa!!!
NAPALM DEATH
Il primo vero highlight della giornata di giovedì è stato rappresentato dallo show dei Napalm Death che, come al solito, hanno dato vita ad un concerto esplosivo che non ha risparmiato niente e nessuno! Presentatisi inspiegabilmente senza Jesse Pintado, i Napalm Death non hanno comunque risentito dell’assenza di una chitarra e hanno sciorinato la solita vagonata di classici che tutti attendevamo. “Suffer The Children”, “From Enslavement To Obliteration” o “Greed Killing” sono state accolte a gran voce praticamente da tutti i presenti ma per scrive l’apice del concerto lo si è raggiunto durante l’esecuzione di “Siege Of Power” e della recente “Continuing War On Stupidity”, dedicata da Barney al terrorista George W. Bush! Precisissima come sempre e carica di un odio fuori dal comune, la band non si è persa d’animo neanche quando un violento acquazzone ha indotto molti fan a correre lontano dal main stage per ripararsi, facendo buon viso a cattiva sorte e tirando fuori dal cilindro un graditissimo medley di brani tratti dal seminale “Scum”. Peccato che per circa la metà della durata dello show i suoni non siano stati all’altezza ma i Napalm Death, anziché farsi problemi, l’hanno buttata sul fisico e, tanto per cambiare, hanno avuto ragione loro. Sempre grandissimi.
RAGE
Dopo essersi ripresi dallo shock di vedere il buon vecchio Peavy Wagner completamente rasato a zero, non si è potuto far altro che lasciarsi trascinare dall’ennesimo show impeccabile della lunga storia della band. “Don’t Fear The Winter”, “Sent By The Devil” e “From The Cradle To The Grave” sono solo alcuni dei classici che hanno infiammato il pubblico, continuamente incitato a cantare dagli irresistibili e ormai famosissimi ritornelli della band. Peccato che il chitarrista Victor Smolski sul palco continui a far la figura del pesce fuor d’acqua, il suo atteggiamento così distaccato infatti mal si sposa con la carica dei pezzi proposti e con l’attitudine spensierata e divertita del drummer Mike Terrana e dello stesso Peavy ma, a parte ciò, il concerto si è rivelato senz’altro uno dei più coinvolgenti dell’intero festival. Parlando poi ancora di musica, il terzetto ha proposto anche la nuovissima (e bellissima) “War Of Worlds”, canzone che apparirà sull’atteso “Soundchaser”, lavoro che suppongo sarà già nei negozi quando avrete modo di leggere queste pagine!
PUNGENT STENCH
Chiamati all’ultimissimo momento per tappare il buco causato dalla defezione degli attesissimi Meshuggah (maledetti!!!) i Pungent Stench sono apparsi comunque in buona forma e hanno ben presto catturato l’attenzione di un gran numero di persone che intanto stavano attendendo lo show dei Krokus sul main stage. Con il loro death metal senza compromessi e con le solite deliranti trovate sceniche la band avrà senz’altro guadagnato tanti nuovi fan dopo questo concerto, era infatti numerosissima la folla assiepata sotto il Pain Stage, tanto che gli stessi membri del gruppo sembravano alquanto stupiti! I nostri hanno proposto una sorta di best of show e le ovazioni maggiori si sono registrate durante l’esecuzione dei pezzi tratti dai primissimi lavori: “For God Your Soul… For Me Your Flesh” e “Been Caught Buttering”. Un gran concerto, ma vedere i Meshuggah avrebbe rappresentato ben altra cosa…
THE KOVENANT
Ai The Kovenant spetta il compito di mettere la parola fine alla giornata d’apertura, per la gioia dei numerosissimi fan pronti al bagno di polvere del pain stage. E la band non si fa pregare, mettendo a ferro e fuoco il palco senza esitazioni di sorta. Si presentano dal vivo con un nuovo drummer, sostituto del dimissionario Hellhammer, ma è Lex Icona dominare la scena senza risparmiarsi, dando profondità alle lyrics con la sua esecuzione, ammonendo ed incitando il pubblico nel viaggio verso l’ignoto della loro musica. Del malato balck metal delle origini non è rimasto quasi nulla, ma i The Kovenant rimangono sempre un’entità indescrivibile: Psy Coma descrive trame oniriche e carnali con la sua chitarra mentre tutto è dominato da ritmiche ossessive ed improvvise dilatazioni. E’ quasi una trance che infine esplode in cosmico splendore quando il gruppo ci regala la virulenta “Chariots Of Thunder” da “Nexus Polaris”.
THUNDERSTORM
I Thunderstorm, insieme ai Graveworm, hanno avuto l’onore di rappresentare l’Italia a questa edizione del Summer Breeze. Il terzetto, artefice di un heavy-doom dalla grande carica emotiva, è considerato un gruppo di culto in terra germanica e può vantare uno zoccolo duro di fan fedelissimi tanto che, negli ultimi anni, è stato più volte convocato a presenziare ad alcuni festival e a tenere concerti. Purtroppo il Summer Breeze non è certo il festival più consono ad ospitare una band del loro genere, e infatti il loro concerto è stato seguito da un ristretto numero di persone, ma la loro prova è stata ugualmente molto positiva e si sono sprecati gli applausi tra un brano e l’altro. Spero vivamente di rivederli in un altro contesto!
HYPNOS
Ero molto curioso di vedere all’opera questo terzetto, avevo letto e sentito solo pareri positivi sul loro death metal e dopo averli finalmente ammirati on stage devo proprio ammettere che gli ex Krabathor sanno proprio il fatto loro! Gli Hypnos hanno infatti svolto un ottimo lavoro nella mezz’ora a loro disposizione, proponendo il loro ultra classico death metal con una furia ed una precisione che davvero non mi aspettavo. Onestamente non capisco per quale motivo un gruppo come quello in questione sia ancora così poco conosciuto ed underground: se una band quale quella dei Vader, brava ma certamente non trascendentale, ha successo non vedo perché non debbano riscuoterlo gli Hypnos. Caldamente consigliati!
GRAVEWORM
La band nostrana, ormai veterana dei palchi tedeschi, si è presentata in quel di Abtsgmund per promuovere “Engraved In Black”, ultimo suo album uscito per la potentissima Nuclear Blast. Era la prima volta che avevo modo di vedere i Graveworm in sede live (mi sono infatti perso il loro show a Wacken una ventina di giorni prima) e devo dire che il sestetto non è riuscito nel compito di impressionarmi favorevolmente. Su disco i nostri non mi dispiacciono affatto ma in quest’occasione mi sono parsi incapaci di riprodurre per il meglio le loro composizioni. E’ mancata forse un po’ di presenza scenica, o forse sarà stata colpa dei volumi delle chitarre, in effetti un po’ bassi, ma il loro show mi è sembrato statico e freddo, non trasmettendomi quasi nulla. Ad essere onesti però le prime file sembravano letteralmente impazzite, soprattutto durante i pezzi di “As The Angels Reach The Beauty”, il loro disco più amato, segno che la band in tutti questi anni è riuscita a crearsi un seguito fedele e adorante anche e soprattutto oltre confine. Almeno per questo complimenti a loro, in attesa di rivederli a Milano in occasione del X-Mass festival.
DISBELIEF
Praticamente dei veterani del Summer Breeze, i tedeschi Disbelief sono stati chiamati all’ultimo momento per sostituire Vintersorg, impossibilitato a venire poiché i Borknagar, band di cui è il cantante, hanno accumulato parecchio ritardo nelle registrazioni del loro nuovo album. Il quintetto tedesco ha comunque colto l’occasione per riprendere confidenza con il palco dopo alcuni mesi di pausa trascorsi a preparare “Spreading The Rage”, il loro nuovo album che dovrebbe vedere la luce in autunno. La band ha tra l’altro presentato un nuovo brano al numeroso pubblico accorso davanti al pain stage, brano che si è rivelato sullo stile dell’ultimo “Shine”, ovvero un’interessantissima miscela di Voivod, Neurosis ed Hypocrisy! Non sono ovviamente mancati pezzi come “Misery” e “No Control”, in pratica gli inni della band, e il pubblico si è lasciato coinvolgere dall’inizio alla fine del loro (purtroppo) breve show. Una garanzia.
AMON AMARTH
Gli Amon Amarth sono una delle band più affezionate a questo festival: è infatti il terzo anno consecutivo che danno fuoco alle polveri sul palco principale. E anche quest’anno sono stati davvero molti i ragazzi che non vedevano l’ora di assistere alla loro esibizione. Così, nel pieno di un caldissimo sabato pomeriggio, il vichingo Johan Hegg e i suoi compagni hanno piegato l’audience sotto i colpi del loro possente, trionfale, sanguinoso death metal. Ogni prestazione live degli svedesi si caratterizza per il marcato approccio fisicamente massiccio dell’esecuzione, specialmente da parte del singer, un vero titano della scena, statuario e costantemente posseduto dalla potenza della musica, compreso perfettamente nel suo furioso ruolo. Questa volta però gli Amon Amarth hanno un po’ esagerato (e chi scrive lo dice con una punta di dispiacere, dato che si tratta di uno dei gruppi che adora!). Infatti sin dai primi brani la volontà manifesta di ‘spaccare’ deve aver indotto i nostri a mettere alla batteria volumi allucinanti! Così, se i loro epici midtempo hanno avuto il vantaggio di risultare all’ascolto ancora più granitici e potentemente cadenzati, i loro brani più veloci erano completamente coperti dall’incedere del drummer. Era impossibile addirittura sentire la voce di Hegg mentre si perdevano le melodie di chitarra, fondamentali in molte song e assolutamente insacrificabili alla batteria. Un discorso a parte va però fatto per la setlist, come sempre esaltante, con i brani ormai storici di “The Avenger” e “The Crusher” e i pezzi del recente “Versus The World”. In più gli Amon Amarth decidono di regalarci due gemme di indiscutibile bellezza: l’anthemica “Frineds Of The Suncross”, dal primo indimenticabile cd, e la splendida “Sorrow Throughout The Nine Worlds”, dall’omonimo mini cd d’esordio. Ovviamente aspettiamo di vederli, con suoni migliori, confermare tutta la loro bravura dal vivo.
NAGLFAR
Concerto semplicemente favoloso quello offertoci dagli sfigatissimi Naglfar, una band da sempre tormentata da mille problemi e che mai è riuscita a guadagnare ciò che realmente meritava! I death-black metaller svedesi non partecipavano ad un festival open air dal Wacken del 2001 (e allora la situazione era la stessa!) ed erano visibilmente emozionati e vogliosi di offire al numerosissimo pubblico appostato davanti al pain stage uno show memorabile. Jens Ryden e soci ce l’hanno fatta alla grande, facendosi segnalare come uno dei complessi migliori accorsi ad esibirsi a questa edizione. Scaldando prima gli animi con gli episodi più diretti del nuovo “Sheol”, il quintetto ha poi dato largo spazio al materiale di “Vittra”, il loro album più riuscito nonché quello più venduto e amato! “As The Twilight Gave Birth To The Night” e “Emerging From Her Weepings” hanno scatenato un pogo furioso (e se pensate che in Germania questo non accade quasi mai potete ben farvi un’idea di quanto la gente fosse esaltata) fino all’arrivo delle micidiali “Blades” e “12th Rising”, entrambe estratte da “Diabolical” e su le cui note il pubblico, letteralmente stremato dal caldo e dalla ferocia dei nostri, non ha potuto far altro che cantare ogni singola parola insieme a Ryden. Immensi.
CHILDREN OF BODOM
Presentatisi sul palco con più di mezz’ora di ritardo, i Children Of Bodom sono stati uno dei gruppi che hanno avuto maggior seguito di pubblico durante il concerto. I finlandesi stanno promuovendo con successo il loro ultimo cd “Hate Crew Deathroll”, così la setlist ne prevedeva parecchi brani, accompagnati da incursioni nei precedenti “Follow The Reaper” e “Hatebreeder”. La qualità dell’esecuzione è stata come sempre molto buona, niente cadute di tono né di tensione, ma uno spettacolo omogeneo e coinvolgente. La band è sembrata molto motivata e anche il nuovo chitarrista proveniente dai Sinergy di Kimberly Goss si è inserito senza problemi, dimostrando la giusta aggressività con il suo strumento. Uno scatenatissimo Alexi Lahio ha tenuto banco per tutta l’ora e mezza concessa al suo gruppo, sfoderando con la chitarra le consuete pose tamarre che hanno mandato letteralmente in visibilio i fan. Dal punto di vista musicale niente di nuovo sotto il sole: i Children Of Bodom si confermano una realtà ormai di un certo peso, considerato il loro abile modo di commistionare tastiere, riff power-thrash e voci sporche in un ibrido sempre capace di catturare il pubblico. Unico appunto le inutili e noiosissime sequele di ‘fuck’ e ‘fuckin’ sparate a raffica dal singer… se ne potrebbe fare tranquillamente a meno!
AMORPHIS
Pur esibendosi sul Pain stage dopo gli acclamatissimi Children Of Bodom, il pubblico del Summer Breeze non è mancato nel tributare il meritato entusiasmo alla favolosa prestazione degli Amorphis. Già, perché i nostri hanno incendiato la notte sulle colline di Abtsgmund, rendendola indimenticabile con la loro musica. Davvero in gran forma, sono entrati in scena regalando subito alcuni dei loro brani migliori, tra cui la storica “Against Widows” da “Elegy”. Peccato solo che il chitarrista Tomi Koivusaari abbia rinunciato a cantare, anche se il singer Pasi si è impegnato a dovere per non far rimpiangere il suo growl. Il concerto si è subito caratterizzato per il ritmo serratissimo, con l’ottimo Esa Holopainen a guidare il gruppo nei loro celebri ed unici intrecci melodici folk ed aggressivi. La scelta dei brani in scaletta sembrava proporre un viaggio attraverso l’evoluzione del suono Amorphis. Infatti, hanno trovato spazio le sonorità settantiane di “Tuonela” con “Divinity”, la triste “Alone” da “Am Universum” e due tracce dal nuovo “Far From The Sun”: “Day Of Your Belief” e “Evil Inside”. Ed è un piacere constatare quanto le canzoni del nuovo full length abbiano conservato il loro impatto e la loro magia anche dal vivo, trasmettendo quella disperazione amplificata che solo gli Amorphis sanno creare, in questa serata di ritorni, di suoni ritrovati, la band ci ha sorpreso (molto piacevolmente) eseguendo “Grails Mysteries” da “The Karelian Isthmus”! Cosa si sarebbe potuto sperare di più? Ovviamente di sognare sulle note di “My Kantele”, sulle note di atmosfere lontane riportate alla luce magicamente dai sei finlandesi. La chiusura dello show è affidata ad una delle loro migliori song di sempre, l’emblematica “Black Winter Day”, che non fa altro che ribadire l’ottimo stato di salute della band, motivatissima nel coinvolgere l’audience nel suo universo acquatico di paesaggi mitici, di solitudini e di rimpianto, dove ogni umanità svanisce. Per gli Amorphis, nonostante il sole sia lontano, c’è un futuro luminoso.
IN EXTREMO
Headliner del Main Stage nella giornata di venerdì, gli In Extremo, si sono presentati come al solito con uno show altamente spettacolare e pirotecnico. La band in Germania riscuote da sempre un successo incredibile e questo permette loro di avere un budget notevole per realizzare spettacoli di qualità altissima. Tra fuochi d’artificio e fiammate, gli In Extremo hanno coinvolto in balli sfrenati migliaia di persone, sia quando a tenere banco erano le loro immancabili cornamuse sia quando invece i nostri si affidavano ad una sequela di riff heavy e marziali, a volte abbastanza simili a quelli degli altri idoli tedeschi Rammstein. In Italia una band del genere non potrebbe mai avere questo successo e qui si resta letteralmente stupiti alla vista di una così vasta schiera di persone, la cui età va dai dieci/undici anni sino almeno ai sessanta, che dimostra di divertirsi e di apprezzare il concept pseudo medioevale dei nostri e la loro proposta così energica! La Germania a volte, per noi italiani, sembra proprio un altro pianeta!
FINNTROLL
Tocca ai simpatci Finntroll chiudere in bellezza sul Pain Stage un lungo venerdì davanti ai mai troppo esausti metallari accorsi. Così, nessuna delusione e uno show senza cedimenti, che spazia tra i brani più movimentati della band a cui il pubblico risponde a colpi di headbanging e danze. Tastiere a pioggia e ritmiche concitate annientano il freddo e la stanchezza per farci calare in questa dimensione folk trattata con sana ironia e con lecito divertimento. Commovente il ricordo di Somnium, loro compagno prematuramente scomparso alcuni mesi fa, alla cui memoria il gruppo ha dedicato la bella esibizione.
DARKSEED
Chiamato a promuovere il loro nuovo “Astral Adventures”, il sestetto tedesco ha faticato un bel po’ a coinvolgere il discreto pubblico accorso a vederli a causa di suoni un po’ confusi, ma soprattutto per il fatto che il loro concerto si stava svolgendo alle due del pomeriggio, sotto un sole micidiale che certamente non ha aiutato il gruppo a ricreare l’atmosfera presente sui loro dischi. Inoltre la scaletta, incentrata prevalentemente sulla fatica più recente (che a quanto pare non tutti conoscevano) non è stata a mio avviso molto indovinata, la band avrebbe potuto puntare un po’ di più sui vecchi cavalli di battaglia anziché dedicare gran parte del tempo a sua disposizione alla presentazione del nuovo album. “Astral Adventures” infatti non è esattamente un capolavoro e, purtroppo per la band, buona parte dei presenti sembravano pensarla come il sottoscritto. Alla prossima.
DESASTER
Permettete a chi scrive di considerare i Desaster un vero e proprio caso. E’ vero, siamo in Germania, non bisogna sorprendersi di nulla, ma non è da tutti richiamare una folla osannante e incondizionatamente partecipe alle 14:30 di un pomeriggio d’agosto! Figli del thrash metal old school di Sodom e Kreator e del black metal primordiale di Venom e Celtic Frost, i Desaster sono fautori di una musica senza compromessi. Letteralmente scatenati, assalgono l’audience con il loro grezzume incontrollato, venato ossessivamente di suoni macabri e granitici, generando – e non esagero – vere e proprie esplosioni di approvazione tra i teutonici sostenitori. Ruvidissimi, ultra blasfemi, ci riportano ai fasti di sonorità mai morte che continuano tuttora ad entusiasmare i fan della vecchia guardia. I Desaster sono la prova di quanto una band possa dimostrare di dare tutto on stage: rabbia e voglia di spaccare. Anche se non siete estimatori del genere, consigliati dal vivo per un ritorno all’amore per il metal suonato senza mezze misure!
CALLENISH CIRCLE
Buon concerto per gli olandesi Callenish Circle, band sempre più tra le grazie degli amanti di thrash-death moderno e di qualità. L’ultimo “My Passion // Your Pain” ha confermato le ottime capacità dei nostri e la Metal Blade sta spingendo molto affinché il disco venga promosso con una nutrita serie di esibizioni live: oltre a questa serie di apparizioni in festival estivi, il quintetto ha infatti in programma un lungo tour europeo con Exodus ed Agent Steel. Venendo allo show di oggi, la band ha fatto un’ottima impressione, lasciando da parte il suo lato più atmosferico e proponendo i brani più tirati degli ultimi due dischi più una ben riuscita cover di “Out Of The Body” dei mitici Pestilence. In particolar modo quelli della fatica più recente, senza dubbio i più aggressivi mai composti dalla band, hanno riscosso un notevole successo, coinvolgendo molti dei fan in un incessante headbanging. Un gruppo definitivamente in ascesa!
GOD DETHRONED
I God Dethroned di Henry Sattler sono stati protagonisti di uno show decisamente convincente, uno dei migliori di questa edizione! Erano molti coloro che attendevano la band di fronte al Main Stage e certamente nessuno sarà rimasto scontento dal loro concerto. Sfido infatti chiunque a rimanere impassibile all’ascolto di bordate quali le magnifiche “Boiling Blood”, “Villa Vampiria”, “The Warcult” o delle più cadenzate “The Tombstone” e “Into The Lungs Of Hell”, quest’ultima una lenta marcia funebre in cui il quartetto ha coinvolto centinaia di persone col suo ossessivo ritornello. Peccato che all’inizio dello show i suoni non siano stati ottimali, cosa che ha un pochino minato la riuscita di qualche brano, ma nel complesso la band credo possa dirsi soddisfatta di questa esibizione: il pubblico è parso estremamente felice e ai miei occhi i God Dethroned non hanno affatto sfigurato di fronte alle altre death-thrash metal band della giornata! Appuntamento ora al “Bonded My Metal Over Europe”, tour che li vedrà supportare gli Exodus in tutta Europa!
SINNER
Un altro dei pochi gruppi classic/power chiamati a presenziare a questa edizione del Summer Breeze è stato quello dei Sinner di quel vecchio volpone di Mat Sinner. Approfittando dell’opportunità offerta loro dall’organizzazione, la band ha presentato qualche brano estratto dal recente “There Will Be Execution” e da “The End Of Sanctuary” per poi gettarsi a capofitto nel proprio passato, passando in rassegna tutte le composizioni più note del loro repertorio che, giudicando dall’accoglienza tributata, in Germania è ben conosciuto anche dai più truci black metaller! Mat Sinner e compagni hanno ben svolto il loro compito e, pur essendo qui totalmente fuori contesto, hanno regalato una piacevolissima quarantina di minuti a qualche centinaio di persone.
WITHIN TEMPTATION
Qui al Summer Breeze gli organizzatori hanno proprio deciso di non farsi (e non farci) mancare nulla! E’ così che, nella luce soffusa di un già di per sé coreografico tramonto, si esibiscono gli olandesi Within Temptation, band che vanta il secondo tour consecutivo per il full length “Mother Earth” dopo l’approdo su major. Sul palco sono disposte colonne greche e al centro un portale affiancato ai lati da due statue di angeli che ricordano la copertina del suddetto album. Qui in Germania ed in tutto il nord Europa i Within Temptation hanno un seguito di fan davvero ragguardevole il che permette loro di organizzare show di grande effetto non solo dal punto di vista musicale. Sulle note dolcissime di “Deceiver Of Fools” i musicisti arrivano on stage mentre all’esplosione sinfonica dopo il crescendo della song è affidata l’entrata della singer Sharon, un’apparizione di bianco vestita. Il concerto concede pochi ritorni al recente passato e chi scrive aggiunge fortunatamente, in quanto il chitarrista non è sembrato affatto in forma nella riproposizione delle sue parti in growl! E’ comunque mia opinione che il gruppo abbia tutto da guadagnare sfruttando Sharon come solista e caratterizzandosi per questo suono da loro stessi definito “bombastic”. Ciò contribuisce a renderli un gruppo unico e solare all’interno del panorama delle band con donne alla voce. La resa di brani quali “Caged”, “Mother Earth” o “Ice Queen”, nel trionfo di fuoco in chiusura, è infatti impeccabile e coinvolgente anche in sede live. Una menzione speciale per la singer che, come al solito, ha dato prova del suo talento giocando in modo quasi disarmante con la sua voce. E ottima è stata anche la sua capacità di tenere il palco e di guadagnare l’attenzione del pubblico, tra danze, headbanging e sorrisi. Promossi a pieni voti.
HOLLENTHON
Gli Hollenthon erano uno dei gruppi che quest’anno più attendevo di vedere all’opera. Ero estremamente curioso di vedere quanto la band sarebbe stata in grado di riproporre sul palco di un festival le proprie complicate sonorità (accostabili a quelle di mostri sacri quali Therion e Dimmu Borgir) ma oggi posso affermare tranquillamente che il loro show sia riuscito pienamente. Le composizioni di “Domus Mundi” e “With Vilest Of Worms To Dwell”, i due album per ora pubblicati, nella dimensione live sono apparsi ovviamente più potenti e diretti ma il gruppo è stato però abile a non far perdere loro la componente drammatica ed orchestrale grazie ad un efficace lavoro di tastiere e samples che, per loro fortuna, è stato anche valorizzato da dei suoni eccellenti. E’ un vero peccato che gli Hollenthon siano ancora così poco conosciuti, la loro proposta, così curata e particolare, merita davvero di essere riscoperta. Non fermatevi sempre ai grossi nomi, scavate nell’underground, spesso ne vale la pena!
THE CROWN
Con gli svedesi The Crown ci ritroviamo qui dopo la grande performance al Wacken Open Air, su di un Pain Stage che, per la caratura e per la qualità delle band che vi si sono esibite, dovrebbe come minimo cambiare nome! I nostri si confermano una piacevolissima realtà del panorama death metal, fornendo un brillante show e la stessa, distruttiva setlist di wackeniana memoria. Si susseguono brani degli ultimi album, sparati in faccia al pubblico con la velocità e la violenza consuete, mentre il singer Johan Lindstrand dà una prova di esaltante ruvidezza e la band non perde un colpo, nemmeno quando si tratta di giocare coi midtempo. Sempre buona la resa del nuovo brano, presentato in anteprima e presente sulla loro imminente release “Possessed 13” che, salvo inconvenienti, sarà disponibile dalla seconda metà di ottobre. E di sicura presa è poi il finale a cui i the Crown ci hanno abituati ultimamente: la letale sequenza di “1999 Revolution 666”, “Total Satan” e “Death Metal Holocaust”. Spettacolare e cafonissimo Lindstrand del presentare “Total Satan”: “This song is about the first word we learn when we’re young, this word is not mom, is not dad… this word is Satan!”. Più cafoni di così…
IN FLAMES
Secondo appuntamento estivo con la band svedese dopo l’esibizione al Wacken Open Air. L’attesa dei fan è sempre molto accesa tanto che, quando gli In Flames hanno calcato il palco, sono stati accolti da una vera ovazione. Il loro seguito di sostenitori è enormemente cresciuto dopo l’ultima fatica in studio! Ma chi si aspettava che la band bissasse il successo della buona prova in quel di Wacken è rimasto deluso. Infatti lo show di Anders & co. di buono questa volta ha avuto solo gli effetti coreografico-spettacolari utilizzati a piene mani. Tutto questo dispendio di luci e fuochi non è servito comunque a distogliere dalle pecche (alcune al limite del grottesco) che hanno condizionato l’intera performance. Il gruppo, eccezion fatta solo per il singer, si è dimostrato oltremodo distaccato, quasi annoiato, per tutta la durata del concerto. Anders ha avuto un bel gridare: “I can’t hear you, this is a metal show, not a pop show!”… ha cantato con al fianco quattro mummie! La setlist è rimasta pressoché invariata rispetto a quella wackeniana, annoverando dunque brani in prevalenza da “Reroute To Remain”, “Clayman” e “Colony”. L’esecuzione è stata però svogliata e talora è scaduta in errori grossolani. A funestare il tutto sono arrivate poi quelle che Anders ha definito sorprese, ma che in realtà hanno fatto raccapricciare chi scrive e non solo. Un pallida versione, in alcuni punti addirittura INVENTATA, di “Behind Space” e uno stupro bello e buono di “Clad In Shadows”, suonata davvero malissimo. Un modo discutibile di voler per forza accontentare i vecchi fan. Quello del Summer Breeze è stato un concerto incolore senza un minimo di motivazione da parte della band. Ma dove sono finiti gli In Flames? Probabilmente a fare a botte nella neve con i Soilwork…