14/08/2019 - SUMMER BREEZE OPEN AIR 2019 – 1° giorno @ Dinkelsbuhl - Dinkelsbuhl (Germania)

Pubblicato il 12/10/2019 da

A cura di Roberto Guerra

Dopo avervi raccontato, anche se un po’ in ritardo, di quanto potuto ammirare in quel di Wacken, è giunto ora il momento di parlarvi di un altro importante evento in terra tedesca, il cui appuntamento giunge regolare appena un paio di settimane dopo il sopracitato ‘fratellone maggiore’. La formula è quella che tutti coloro che hanno avuto almeno una volta modo di presenziare conoscono, ovvero un bill variegato e volto ad accontentare tutti i possibili palati potenzialmente interessati a gustarsi un evento di questo tipo, con un occhio di riguardo strizzato al metal più o meno moderno, ma senza dimenticare anche i filoni vecchia scuola, che comunque avranno modo di dire la propria in quattro giorni che si alterneranno tra un discreto caldo durante il giorno e un freddo piuttosto pungente dopo il tramonto, con in più qualche scarica di pioggia in un paio di giornate. La prima trafila prevede un alternarsi di band sui due palchi secondari del Summer Breeze, ovvero il T-Stage e il Wera Tool Rebel Stage (nome di uno degli sponsor), dal momento che il Main Stage rotante verrà inaugurato solo a partire dal giovedì, e vedrà in una sana dose di mazzate di varia natura l’elemento predominante. Buona lettura!

 


DEATH ANGEL

Potevamo forse richiedere un inizio migliore per la nostra edizione 2019 del Summer Breeze Open Air? Decisamente no, dato che non capita spesso di godersi una giornata in totale relax e spensieratezza, all’insegna di birra e shopping, per poi rompere la calma trovata sulle grintosissime note di “Thrown To The Wolves”, anche se con dei primissimi secondi caratterizzati da un sound leggermente sotto il livello ottimale. Mark Osegueda sfodera tutto il proprio carattere ferale ringhiando come un lupo, destreggiandosi in un breve susseguirsi di brani tra i migliori del post-2000, comprese “Claws In So Deep”, “The Dream Calls For Blood” e “The Moth”, con in più due parentesi risalenti al primissimo capolavoro “The Ultra-Violence”, tra cui un medley tra la title-track di quest’ultimo e “The Pack”. Rob Cavestany e Ted Aguilar graffiano come sciacalli affamati a colpi di riff e assoli, mentre il primo moshpit del festival prende forma dinnanzi a loro, con l’immancabile polverone che prontamente inizia ad alzarsi e a impregnare capelli e pelle di tutti i presenti; anche se il livello massimo di tale fenomeno si raggiungerà solo durante la giornata di venerdì in occasione di un altro concerto… In ogni caso, dopo una chiusura ancora piuttosto fresca con la recentissima “Humanicide”, title-track dell’ultimo disco omonimo, possiamo affermare con entusiasmo non solo che i Death Angel sono sempre una garanzia, ma anche che le danze sono ufficialmente aperte; e siamo solo al primissimo gradino di questa scala metallica di stampo teutonico.

Setlist:
Thrown To The Wolves
Claws In So Deep
Voracious Souls
The Moth
The Dream Calls For Blood
The Ultra-Violence/The Pack
Humanicide


SOILWORK

E’ il secondo anno di fila che il buon Bjorn Strid si rende parte integrante della giornata di riscaldamento del Summer Breeze Open Air; la volta scorsa come frontman della band AOR The Night Flight Orchestra, e in quest’occasione con la sua band più nota ed iconica. Memori dello show più che convincente tenuto insieme agli Amorphis in quel di Trezzo, siamo discretamente felici di avere la possibilità di fare il bis in una circostanza così differente; e l’apertura con “Arrival” e “Like The Average Stalker” lascia ben presagire, anche se il vero boato da parte del pubblico si manifesta solo in concomitanza della successiva e popolarissima “Nerve”. Il sopracitato vocalist si presenta decisamente in forma, così come l’intera band che lo affianca: in particolar modo la coppia di axemen Sylvain Coudret e Simon Johansson fornisce una prova esemplare, tra assoli, ritmiche e partecipazione alle parti vocali. Pur trattandosi di una formazione molto diversa, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo decisamente più marcato delle melodie di stampo moderno, il concetto di violenza raffinata permane per ambe due le prime formazioni con cui abbiamo scelto di deliziarci, e per quanto il retrogusto simil-metalcore dei Soilwork possa a volte risultare lievemente stucchevole, bisogna ammettere che con la dose attuale possiamo tranquillamente unirci all’entusiasmo generale durante le varie “The Ride Majestic”, “Stabbing The Drama” e la conclusiva “Stalfagel”; pur continuando a lamentarci per la quasi totale assenza di estratti risalenti al loro primissimo periodo. Ciò nonostante, l’oretta in compagnia degli svedesi é trascorsa più che piacevolmente. Ora pausa cena, poi si ricomincia a menare fendenti, senza più interruzioni!

Setlist:

Arrival
Like The Average Stalker
Nerve
Full Moan Shoals
The Living Infinite I
The Nurturing Glance
The Akuma Afterglow
Drowning With Silence
The Phantom
The Ride Majestic
Stabbing The Drama
Stalfagel


HYPOCRISY

E qui invece si parla di un bis ben più atteso e ambito, al punto tale da rappresentare una delle ragioni principali per la nostra scelta di presenziare a quest’edizione del festival cui ci troviamo. Gli svedesi Hypocrisy, in occasione dell’evento chiamato Infernal Forces, tenutosi sempre in quel di Trezzo sull’Adda, erano riusciti a conquistarci e a guadagnarsi il titolo di esibizione più micidiale e coinvolgente dell’intero bill; e anche in questa cornice pare che l’andazzo non sarà poi così diverso, a partire dal malinconico inizio sulle struggenti note di “Fractured Millennium”, che tuttavia fungono quasi da intro, prima di quella bastonata nucleare che risponde al titolo di “Valley Of The Damned”, la quale potrebbe soddisfare benissimo da sola il nostro desiderio di violenza e fomento. Tuttavia, siamo appena all’inizio e quel frontman folle e allucinato che è ancora oggi Peter Tagtgren ci trascina con sé nell’oblio a colpi di chitarroni pesanti e sfuriate vocali, grazie alle successive “End Of Disclosure” e “Adjusting The Sun”; anche se è il ritornello di “Eraser” a mandare in fiamme le ugole di tutti i presenti, che comunque dovrebbero preservare almeno un pochino la propria voce in vista del peculiare medley dedicato ai primi due malvagi e grezzissimi album. Tomas Elofsson alla chitarra tiene testa con professionalità al suo visionario leader, ma la vera menzione di merito va al biondissimo drummer Reidar Horghagen (conoscete per caso il nomignolo Horgh?), che riesce a passare dall’essere una vera e propria macchina da massacro ed headbanging su “Carved Up” e “War-Path”, ad una sorta di pendolo della morte cadenzato e inesorabile su “Fire In The Sky” e “The Final Chapter”. Anche la conclusione a base di “Roswell 47” sortisce l’effetto sperato, al punto tale che il cielo nero della notte sembra quasi aver preso delle sfumature rosse, di derivazione cosmica e maligna, quando la band decide di congedarsi. Gli Hypocrisy hanno grinta, follia e classe da vendere, e continuano a dimostrarlo a ben ventotto anni dalla fondazione, portandoci sempre e comunque a corrompere la nostra anima per il tempo necessario ad assistere all’inizio e alla conclusione dello show; ancora una volta, nemmeno a dirlo, la miglior esibizione della giornata.

Setlist:

Fractured Millennium
Valley Of The Damned
End Of Disclosure
Adjusting The Sun
Eraser
Pleasure Of Molestation / Osculum Obscenum / Penetralia
Apocalypse / The Fourth Dimension
Carved Up
Fire In The Sky
War-Path
The Final Chapter
Roswell 47


MIDNIGHT

Ancora violenza dalle tinte oscure, ma stavolta proveniente da Oltreoceano e con un gusto decisamente meno raffinato e più orientato verso gli stilemi più tipici dello speed metal più nero, pur con diverse contaminazioni di matrice squisitamente rock’n roll di chiara ispirazione motorheadiana. I Midnight rappresentano di fatto una delle formazioni più divertenti in assoluto da vedere dal vivo, per via di quella vena caciarona, ma comunque aggressiva e colma di cattiveria, che da sempre incontra la gioia di noi fottutissimi metallari da strapazzo. Vedere tre ceffi incappucciati e mascherati, armati di tutto punto e intenti a pestare i loro strumenti a ritmo di sciabolate come la iniziale “Penetratal Ecstasy”, la emblematica “Black Rock’n Roll” o la ancor più assassina “Evil Like A Knife”, è un vero piacere; riproposizioni dalle quali traspare comunque un forte gusto melodico e tanta coscienza di se stessi e di ciò che si sta suonando, anche se titoli come “Satanic Royalty”, “Lust Filth And Sleaze” e “Who Gives A Fuck?” farebbero pensare sostanzialmente a un trio di sciroccati decadenti. Sarebbe un errore etichettare in questo modo i Midnight, che comunque danno ogni volta dimostrazione di essere una formazione di carattere e con la testa molto più sulle spalle di quanto si potrebbe pensare; anche la loro presenza scenica, schizzata ma comunque ragionata, ne è un chiaro segnale, così come l’esecuzione limpidissima e impeccabile di ogni singolo brano presente in scaletta. Il buon Jamie ‘Athenar’ Walters è un leader coi contro-cosiddetti, e riesce perfettamente nel proprio intento di proporre uno show essenziale ma comunque adrenalinico, rivolto a tutti coloro che non ne hanno ancora avuto abbastanza di tirare capocciate al vento e spallate ai propri amici a ritmo di tanto sano black’n roll, se vogliamo chiamarlo così. Con “Unholy And Rotten” i Midnight ci salutano, casualmente appena una ventina di minuti prima di mezzanotte, permettendoci di darci una calmata in attesa dello show degli Enslaved. Ne approfittiamo per darvi un consiglio: se amate il divertimento, il metallo vecchia scuola e un po’ di sana malvagità senza pretese para-filosofiche, fate vostra tutta la discografia dei Midnight e rimanete in attesa di una potenziale data in territorio italiano.

Setlist:

Penetratal Ecstasy
Poison Trash
Black Rock’n Roll
Evil Like A Knife
No Mercy For Mayhem
All Hail Hell
Satanic Royalty
Lust Filth And Sleaze
Endless Slut
You Can’t Stop Steel
Who Gives A Fuck?
Unholy And Rotten


ENSLAVED

Saliamo ora su un drakkar diretto nelle fredde terre norvegesi, per dedicare un po’ del nostro tempo a una delle formazioni più intelligenti e musicalmente complesse dell’intero panorama viking/black; anche se gli Enslaved hanno già da tempo preso in parte le distanze da quest’etichetta, preferendo orientarsi in direzione di una proposta più progressiva ed elaborata, con risultati che definire sorprendenti sarebbe davvero poco. I soli tre quarti d’ora a disposizione impediscono alla band di prodursi in scalette lunghe ed articolate, tenendo anche conto della durata importante dei brani, costringendo Grutle Kjellson e compagni d’armi a limitarsi a pochi estratti tra i migliori degli ultimi anni, con in più due chicche immortali e belligeranti come “Havenless” e “Allfáðr Oðinn”, sulla quale gli Enslaved tirano nuovamente fuori quella furia al limite del sanguinario che li contraddistingueva all’inizio della loro proficua carriera. Anche molti dei presenti si lasciano andare a una sorta di canto vichingo tra un headbanging e l’altro, concedendo così una risposta più che calorosa nonostante il freddo che ha da tempo iniziato a farsi sentire; anche se per una formazione norvegese tutto ciò difficilmente può rappresentare un fastidio. A prescindere dai gusti, gli Enslaved hanno classe e stile da vendere e lo dimostrano ogni volta indipendentemente dagli estratti collocati in scaletta, siano essi più orientati sul black degli esordi o sul progressive della seconda metà della loro carriera.

Setlist:

Ethica Odini
Roots Of The Mountain
Sacred Horse
Havenless
Allfáðr Oðinn


EVIL INVADERS

Un po’ di metallo alla vecchia maniera era quello che ci voleva per portare a termine la trafila di riscaldamento di quest’edizione del Summer Breeze Open Air; e in questo caso parliamo di una giovane e popolare formazione, e soprattutto parliamo di speed metal! I belgi Evil Invaders hanno già dimostrato che con loro c’è ben poco da scherzare, e con l’opener “As Life Slowly Fades” iniziano a volare proiettili e coltelli in ogni direzione come se non ci fosse un domani, con quattro pazzoidi intenti a macinare metallo su metallo ad un ritmo al limite del tritaossa. Con “Pulses Of Pleasure” e “Mental Penitenciary” si prosegue un massacro che ci vuole coinvolgere tutti, nonostante molti dei presenti non si dimostrino propriamente inseriti in un contesto old school come quello evocato dagli Evil Invaders, che man mano stanno trovando sempre di più la propria maturità musicale; e questo si può notare dalla grinta assoluta e dalla totale sicurezza in se stessi di cui fanno sfoggio sul palco in concomitanza di ogni passaggio. Da “Broken Dreams In Isolation” e “Feed Me Violence” fino ad “Oblivion” e “Raising Hell”, i nostri quattro armaioli assatanati non sbagliano un colpo, e nonostante la stanchezza che ci portiamo dietro da un po’ non riusciamo a trattenere l’entusiasmo quando si parla di grande heavy metal proposto da formazioni recenti; soprattutto se taglienti e brutali come gli Evil Invaders qui presenti. Con la conclusiva “Victim Of Sacrifice” la band si congeda, e noi insieme a loro, poiché il festival è appena iniziato e si ha bisogno di riposare in attesa di ciò che attende nelle tre giornate successive. Ma non prima di aver fatto un ultimo brindisi all’heavy metal che ancora resiste e vince!

Setlist:

As Life Slowly Fades
Pulses Of Pleasure
Mental Penitenciary
Broken Dreams In Isolation
Feed Me Violence
Oblivion
Raising Hell
Victim Of Sacrifice

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