11/11/2023 - SWANS + NORMAN WESTBERG @ Conservatorio Giuseppe Verdi - Milano

Pubblicato il 14/11/2023 da

Report di Simone Vavalà

A sei anni dall’ultima calata in Italia e circa sei mesi dall’uscita dell’ultimo “The Beggar”, gli Swans tornano sui palchi per una serie di concerti molto selezionati, che prevedono prevalentemente teatri come location. E che teatri, visto che per le due date italiane tocca all’Auditorium San Domenico di Foligno e al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, quest’ultima considerata una delle sale da concerti con l’acustica migliore d’Europa.
Certo, la proposta degli Swans, al di là delle camicie e dei completi eleganti sfoggiati dai membri della band, non è proprio la più tipica per il luogo scelto, come confermato dalla sparuta presenza di astanti attempati che, presenti evidentemente per caso e per fedeltà al Conservatorio, non si spiegano la corsa di molti allorché Michael Gira invita il pubblico a lasciare i posti a sedere e assieparsi sotto palco. E forse non si sono ancora fatti una ragione dopo ore, o giorni, della proposta musicale della band, anche se – come ben confermato nel corso della serata – le loro mostruose stratificazioni ricevono la massima resa dalla conformazione del luogo. Siete pronti a farvi assordare?

Per la prima volta assistiamo a un concerto degli Swans che non prevede in formazione NORMAN WESTBERG, ma l’allampanato chitarrista sta comunque seguendo in tour l’eterno amico Michael Gira come cosiddetto supporting act. La sua mezz’ora abbondante di esibizione è quasi perfetta per delineare in un crescendo la progressiva trasformazione del Conservatorio in una sala per musica decisamente più sperimentale rispetto ai canoni consueti, dato che si tratta di una lunga improvvisazione per chitarra ed effetti molto ben calibrata; si passa da momenti elegiaci a e-bow quasi assordanti, con un momento molto intenso in cui, sfruttando diversi chorus e riverberi, trasforma un breve riff in una traccia percussiva, che ci accompagna quasi fino alla fine, allorché i feedback superano quasi la soglia di tolleranza.
Volendo, tenuto conto che Norman ha condiviso l’esistenza degli Swans fin dai tempi di “Filth”, potremmo considerare il suo set come un brano a sé stante, ma perfettamente integrato, del concerto della band principale.
Dato che Westberg si è limitato a ‘incastrarsi’ tra la batteria e il tavolino su cui hanno trovato posto le sue attrezzatture, il cambio palco è molto breve e gli SWANS prendono posto alla spicciolata tra gli strumenti canonici (basso, batteria e lap steel guitar) e la mole di macchine elettroniche di cui si occuperanno nel corso del concerto Larry Mullins e la new entry Dana Schechter. L’ultimo a entrare, ovviamente, è Michael Gira, questa sera senza cappello da cowboy, anche se, come detto, si occupa subito di chiamarci a lui come del bestiame al pascolo… o un officiante laico, sensazione che ci pervade spesso nel corso della serata.
L’avvio non potrebbe essere più programmatico di così, con la restituzione delle varie parti di “The Beggar” per un totale di cinquantotto minuti di durata del primo brano: sicuramente chi si è trovato qui per caso ha colto l’occasione per andarsene, mentre per chi sa cosa aspettarsi dagli Swans si tratta di un’ora strepitosa, in cui Gira la fa da mattatore, ma solo grazie alla perfetta coesione con i suoi sodali. Musicalmente, anzi, il leader della band si limita quasi a suonare le corde a vuoto e qualche ossessivo riff bicorde, ma gestisce come un direttore d’orchestra le battute, anche nei momenti di esplosione. Christopher Pravdica al basso è il vero motore, uno schiacciasassi a seconda dei momenti struggente o dilaniante, in perfetta sintonia con Phil Puleo dietro le pelli – e saranno del resto loro due le principali ‘vittime’ delle indicazioni di Gira. Kristof Hahn fa cantare la sua lap steel con voci e tonalità che spesso sostituiscono la voce di Gira stesso, e già lui è sufficientemente variegato. Il resto del concerto si muove su coordinate costanti, tra violenza, ossessività e scampoli pastorali, che richiamano quasi il krautrock più mistico dei Popol Vuh, e del resto si notava anche in certi momenti di “The Beggar”.
I pochi brani estratti provengono dal nuovo disco e dai due precedenti, pur con evidenti divagazioni, come inevitabile quando ogni passaggio diventa un mantra autosufficiente. I musicisti si dedicano qua e là anche ad altri strumenti: Pravdica alle tastiere, Puleo a vari esotismi, Mullins a una seconda batteria, Schechter a un secondo basso, e potete immaginare la potenza di fuoco quando l’intera sezione ritmica è raddoppiata.
Il finale, dopo la delicata “No More Of This”, offre il secondo momento più lungo e intenso della serata, con la nuova “Birthing” fusa insieme a “Cloud Of Unknowing” per un ulteriore, annichilente viaggio di oltre mezz’ora. Al solito, un’esperienza non facile, che rischia di essere estenuante; ma se ci si lascia trasportare nei loro mondi mistici e oscuri, gli Swans sanno sempre ripagare lo sforzo.

Setlist:
The Beggar
The Hanging Man
The Memorious
Cathedrals of Heaven
No More of This
Cloud of Unknowing/Birthing

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