01/06/2023 - TESTAMENT + VOIVOD + FLESHGOD APOCALYPSE @ Live Music Club - Trezzo Sull'Adda (MI)

Pubblicato il 03/06/2023 da

Report di Dario Onofrio
Foto di Simona Luchini

Passerà alla storia come una delle date più funestate dagli eventi dei concerti italiani, quella dei Testament al Live Club di Trezzo dell’1 giugno 2023 con il loro “Titans of Creation Tour 2023” in compagnia dei Voivod. In soli pochi giorni ci sono stati prima il forfait degli Exodus per i problemi medici che hanno riguardato il fratello di Gary Holt (ben conosciuti, e da cui gli auguriamo di rimettersi presto), poi Alex Skolnick che anche lui con vicissitudini familiari in corso ha dovuto abbandonare il tour europeo, sostituito all’ultimo minuto dall’ex Machine Head Phil Demmel.
Recuperati, grazie all’efficienza inattaccabile dell’organizzazione, i Fleshgod Apocalypse per l’opener della serata e dato il secondo slot ai canadesi Voivod (compagni dei Testament in questo tour), sembrava che la data fosse destinata a registrare un mezzo forno: invece il pubblico è accorso a Trezzo Sull’Adda costringendo i ragazzi del locale ad aprire anche la balconata, segno del calore e dell’aspettativa che la calata di questo tour, nonostante tutte le sfortune, ha avuto sulla nostra vecchia guardia concertistica.
Una gran bella festa thrash metal che ha inaugurato per molti dei presenti la stagione concertistica estiva: a voi il resoconto della serata!

Se almeno ai FLESHGOD APOCALYPSE sembrava andare tutto per il meglio, nonostante l’essersi dovuti preparare pressoché una settimana prima per questo concerto, purtroppo c’è l’assenza di Paolo Rossi, storico bassista della formazione romana, che ha costretto il buon Francesco Paoli a prendere in mano la quattro corde al posto della sua classica posizione come chitarra ritmica.
Nonostante quest’ulteriore tegola, i Fleshgod affrontano il Live Club, abbastanza gremito sin dall’inizio della serata, con la loro solita inossidabile grinta e la loro teatralità: nei quaranta minuti di scaletta che come al solito alterna pezzi nuovi a qualcuno più datato, i Nostri riescono comunque a tenere in piedi tutto quanto, anche quando Francesco dice al microfono “So che molti si aspettavano gli Exodus, ed è una rosicata, si!” ringraziando il pubblico presente per il calore espresso, tant’è che sulla conclusiva “The Forsaking” si crea pure un piccolo wall of death.
Insomma: professionisti veri, pur sapendo il macigno immane da portare sulle spalle sostituendo di fatto la grande band di San Francisco. I Fleshgod Apocalypse ormai sono una band di portata internazionale e hanno meritato ampiamente lo scroscio di applausi finale: come si direbbe all’opera, “bravo!”!
A questo punto il secondo slot è occupato dai canadesi VOIVOD, tornati in Europa qualche mese dopo il tour invernale che li aveva visti headliner al Bloom di Mezzago. Eravamo un po’ titubanti a pensare di vedere la band di Away e Snake su un palco così grosso: di solito le atmosfere opprimenti, sci-fi e post-apocalittiche del quartetto funzionano meglio nei piccoli club. Invece un boato accoglie l’ingresso dei musicisti sul palco, segno che l’amore e il culto alieno non sono mai spenti, anche nei ‘concertoni’.
Si parte subito come se fossimo nella Nostromo inseguiti dall’Alieno, grazie anche a un parco luci che stavolta riesce a caratterizzare il concerto dei Voivod in maniera superba: “Killing Technology” irrompe come una astronave in picchiata su un pianeta tribale, pronta a contaminare i nativi con la sua psichedelia.
Il quartetto è in formissima: lo dimostrano anche Chewy e Rocky, che come sempre riescono a tenere in mano la situazione e a scatenarsi in quella maniera punk-fantascientifica che solo i Voivod sanno mettere in piedi.
Il concerto è insomma di quelli belli: il quartetto assorbe le energie del pubblico e sprigiona protoni da tutti i pori, supportata da un impianto acustico che valorizza benissimo la chitarra di Chewy e la batteria di Away, mentre Snake si muove come sempre come un forsennato a cui hanno appena piantato un microchip in testa.
Ampio spazio viene ovviamente dato a “Synchro Anarchy”, l’ultimo parto del quartetto, dal quale vengono estratte la title-track, “Holographic Thinking” e “Sleeves Off”, tutte accolte con molta attenzione dai presenti, che a un certo punto iniziano anche a chiamare il mai troppo compianto Piggy facendo commuovere i quattro sul palcoscenico.
C’è poco tempo per pogare, a meno che non si sia dei Terminator in incognito: il pubblico viene rapito e portato in altre dimensioni sconosciute un pezzo alla volta, con “Macrosolutions To Megaproblems”, dal capolavoro “Dimension Hatröss” e persino una “Rise” dal bistrattato “Phobos”. Dato lo slot che permette alla band di suonare qualcosa in più, il regalo che ci viene fatto si chiama “Fix My Heart” e viene da “The Outer Limits”, anche se il Live Club da’ il meglio di sé ovviamente su “Pre-Ignition” e sulla conclusiva “Voivod”.
Ci sarebbero centinaia di frasi fatte che si potrebbero dire sui Voivod e sulla loro carriera, ma noi continuiamo ad essere parte del culto e sappiamo che meriterebbero il doppio della notorietà e dell’affetto che gli vengono dimostrati dal mondo del metal moderno: silenziosamente, l’esperimento continua.
Il Live Club a questo punto è stracolmo: una mezz’ora di pausa e viene svelato l’immenso palco dei Testament. L’aria si fa subito tesa non appena si sentono nell’aria le note di “Catacombs”, intro della serata, per poi rilasciare una scarica di adrenalina in tutto il pubblico non appena inizia “Rise Up”.
È vero: non ci sono né Dave Lombardo né Alex Skolnick, ma Chuck Billy, Eric Peterson e Steve DiGiorgio dimostrano subito di aver creato un’ottima chimica con Phil Demmel e il giovanissimo batterista Chris Dovas.
Ci si accorge sin da subito dei volumi allucinanti a cui è stato preparato il concerto, marchio di fabbrica di casa Testament, cosa che a tratti renderà difficile ascoltare i pezzi, ma non inficerà del tutto sulla performance della band, comunque professionale come sempre: la doppietta devastante che arriva subito dopo è come un pugno in piena faccia: “The New Order” e “The Preacher” vengono affrontate dalla band con il loro solito approccio orizzontale e un Chuck che se la cava ancora discretamente nonostante le sessantun candeline in dirittura d’arrivo.
È una scaletta super classica quella che i californiani portano sul palco del Live, un classico dietro l’altro, inframezzata anche dai più recenti successi in studio come “Children Of The Next Level” dall’ultimo “Titans Of Creation” o “The Pale King” da “Brotherhood Of The Snake”, tatticamente piazzate con in mezzo la devastante “Practice What You Preach”.
Come sempre, l’obiettivo dei Testament è quello di pestare come dei fabbri ferrai direttamente sui timpani dei presenti, con il buon Chuck che inframezza le bordate con un po’ di chiacchiere di rito e uno Steve DiGiorgio che fino all’ultimo resiste senza la sua classica bandana sulla fronte.
Mano a mano che il concerto va avanti, tra bestemmie urlate al microfono e mosh chiamati dal palco, l’atmosfera si scalda sempre di più: a metà del concerto arriva l’immancabile “D.N.R.”, alla quale fa subito seguito anche “3 Days In Darkness”, giusto tributo a quel “The Gathering” uscito ormai ventiquattro anni fa.
Ma è superato questo momento che ci si cala nel passato remoto con “The Haunting” e si paga obolo all’ultimo lavoro della band con “Night Of The Witch”, per poi passare a “The Formation Of Damnation” con “More Than Meets The Eye” e la title-track (suonata, ad onor del vero, a qualche BPM in più!), sulla quale Chuck Billy chiama direttamente un bel wall of death che divide gran parte del Live in due per poi scatenare l’inferno sotto al palco.
Qua e là c’è stata, secondo noi, qualche steccatina di poco conto durante gli ultimi pezzi, situazione perdonabile vista l’emergenza di Skolnick assente: Demmet ce la mette tutta per sostituire lo storico membro della band, lanciandosi anche più volte insieme a Peterson sulla pedana apposta davanti al microfono per far vedere agli astanti la sua abilità con gli assoli, mentre Steve DiGiorgio, beh, è Steve DiGiorgio. Infine, impeccabile Dovas: una macchina da guerra affamata di doppia cassa vista anche la giovanissima età, al suo secondo tour con i Testament e ormai tranquillo e sicuro dietro alle pelli.
La nostra condanna viene emessa con gli ultimi tre pezzi: prima una “Over The Wall” direttamente dal debut della band, e infine altri due pezzi da “The New Order”, cioè “Into The Pit” e la conclusiva “Disciples Of The Watch”, sulla quale il pubblico va in visibilio, inclusi quelli nelle retrovie.
La sensazione è quella che si sia comunque trattato del classico concerto dei Testament: parliamo infatti di una band che comunque è sempre passata spesso nel nostro paese fra festival e date secche, quindi una gioia per chi non li ha mai visti in azione e un sorriso per chi non li vedeva da prima della pandemia.
Nonostante tutte le sfortune, inclusa quella per i timpani di chi era sotto al palco, possiamo dire che è stata comunque una bella serata che ha definitivamente aperto la stagione concertistica estiva di questo 2023.

Setlist:
Catacombs (intro)
Rise Up
The New Order
The Preacher
Children of the Next Level
Practice What You Preach
The Pale King
D.N.R. (Do Not Resuscitate)
3 Days in Darkness
The Haunting
Night of the Witch
More Than Meets the Eye
The Formation of Damnation
Over the Wall
Into the Pit
Disciples of the Watch

 

FLESHGOD APOCALYPSE

VOIVOD

TESTAMENT

 

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