19/07/2022 - TESTAMENT + EXODUS + DEATH ANGEL + HEATHEN @ Ippodromo Capannelle - Roma

Pubblicato il 26/07/2022 da

Report a cura di Andrea Intacchi
Foto di Benedetta Gaiani

Se gli Heathen hanno acceso la miccia, i Death Angel hanno dato fuoco, gli Exodus hanno fatto saltare tutto in aria e i Testament, per concludere, hanno livellato (con tanto di fumogeni) ciò che è rimasto in piedi dopo lo show dinamitardo di Gary Holt e compagni. Questa la sintesi estrema di un normalissimo, e caldissimo, martedì capitolino. Lo scorso 19 luglio, infatti, la manifestazione estiva Rock In Roma ha preso una piega decisamente più pesante, accogliendo a corna alzate quattro autentiche leggende della Bay Area. Testament, Exodus ed Heathen, direttamente dal Luppolo in Rock di Cremona, ai quali si sono aggregati i Death Angel, reduci da una data nelle vesti di headliner in territorio ligure.
E’ tardo pomeriggio quando il solleone si adagia con parsimonia sull’asfalto di fronte all’entrata dell’Ippodromo delle Capannelle, in attesa degli ‘eterni’ apertura-dei-cancelli, i quali si fanno attendere più del dovuto prima di lasciare che il flusso di metallari (scarsino, a dir la verità) faccia il suo ingresso nella struttura. Alla fine, per chiudere subito la questione numeri, il contattore sfiorerà le duemila persone. Va bene il giorno infrasettimanale, va bene anche le precedenti date favorevoli ai thrasher del nord, ma francamente ci si aspettava una maggiore affluenza vista anche l’assenza della scena live in questi ultimi due anni. Ma torniamo a noi. Superato l’ingresso contati minuziosamente i token-plettro, ci dirigiamo nella zona dedicata all’evento: il telone degli Heathen e una sorridente area (non ancora polverosa) ci attendono per il primo dei quattro concerti previsti.

HEATHEN
Mentre Dave White e compagni si danno la carica a bordo palco con un sorso di Jagermeister, sono le note di “This Rotthing Sphere”, ad accogliere il quintetto americano per quello che, purtroppo, sarà solo un piccolo assaggio delle qualità compositive ed esecutive degli Heathen. Mezz’oretta, davvero poca, per un totale di cinque brani, giusto il tempo di proporre almeno un estratto da ognuno dei lavori rilasciati in carriera. E allora si parte subito con “The Blight”, singolo apripista dell’ultimo “Empire Of The Blind”: poca la gente assiepata tra le prime file, ma la risposta è comunque buona. C’è curiosità nel vedere all’opera Kyle Edissi, sostituto alle sei corde del defezionario Lee Altus, assente durante tutto il tour sia con gli Heathen sia, ovviamente, con gli Exodus, e non si rimane delusi: prestazione ordinaria ma precisa, quella del giovane chitarrista canadese. Un aperitivo thrash, utile ad allenare la colonna vertebrale, la quale verrà messa a dura prova nei set a venire. E nel frattempo qualche granello di polvere inizia a farsi largo. I ritmi si appesantiscono con “Arrows Of Agony” e la storica “Goblin’s Blade” prima che “Sun In My Hand” mostri la faccia più melodica della band statunitense. Difficile tracciare un report più esauriente e dettagliato di quanto proposto dagli Heathen visto che con “Hypnotized” mettono già la parola fine alla loro esibizione. Peccato! Un set breve portato comunque a termine con rispetto e professionalità dall’impeccabile Kragen Lum, al poderoso Jim DeMaria, dal godereccio Jason Mirza al ‘nuovo’ Kyle Edissi sino allo stesso David White, sempre pronto ad incitare la folla prima della meritata foto di gruppo.

Setlist
The Blight
Arrows Of Agony
Goblin’s Blade
Sun In My Hand
Hypnotized

DEATH ANGEL
Dopo aver dignitosamente risciacquato la gola (birra a sei euro, per gli amanti dell’economia metallara) eccoci di nuovo in zona transenna. E’ il turno dei Death Angel. Ora, detto che Exodus e Testament hanno sicuramente un tasso superiore rispetto alla band di Rob Cavestany, in pochi possono vantare di avere tra le proprie file un frontman come Mark Osegueda, capace di pompare a dismisura quel senso di unione (o fratellanza per utilizzare un termine ‘manowariano’) del popolo metal: il suo continuo incitamento alla causa thrash sarà uno dei tratti fondamentali dello show dei Death Angel. Pronti via e sono i micidiali accordi di “The Ultra-Violence” ad aprire i battenti lasciando il passo alla tradizionale “Mistress Of Pain” e ad un altro pezzo da novanta (“Voracious Souls”), le quali mettono subito in risalto lo stato di forma del cantante di origini filippine, microfono da una parte e gin dall’altra. Aumenta la gente, aumenta il movimento nella zona pit, Osegueda se ne accorge e allora ecco l’ennesimo sprone “Grazie Rock in Roma, thank you to be here in Roma to celebrate life, to celebrate music, to celebrate metal with Death Angel“. È quindi “The Dreams Call For Bloods” a dare un’ulteriore scossa all’ippodromo scatenando i primi veri moshpit e la conseguente nebbia polverosa. Atmosfera che si surriscalda grazie ai solidi riff scatenati dalla coppia Cavestany-Aguilar, pogo in serie e accenni di crowd-surfing che colgono, almeno inizialmente, alla sprovvista gli addetti alla sicurezza quasi sorpresi/infastiditi nel dover acchiappare i metallari di turno intenti a volare aldilà della transenna. Gestione che, fortunatamente, prenderà una certa normalità nel corso della serata. I “thrash in Romaaa” non si contano più e con l’accoppiata “The Moth”, “Humanicide” si arriva alle battute finali di un’ora gaudiosamente energetica, confermata dall’ondata sudorifera riversata da Osegueda e compagnia, compreso il fisicato Damien Sisson, decisamente a suo agio nel frasi trafiggere dagli scatti fotografici effettuati dagli addetti ai lavori. E dopo aver promesso ai presenti che i Death Angel “will be fucking back” è “Thrown To The Wolves” ad incastonare nel cemento (di fronte ad un David White visibilmente divertito nell’osservare i compagni di avventura dal back-stage) la prestazione più che buona del combo di San Francisco. Altra pausa a questo punto, respirando a pieni polmoni aria più fresca. Ci si prepara, il bello deve ancora venire.

Setlist
The Ultra-Violence / Mistress Of Pain
Voracious Souls
Seemingly Endless Time
The Dream Calls For Blood
The Moth
Humanicide
Thrown To The Wolves

EXODUS
Breve inciso: i Testament sono stati gli headliner della serata, l’attesa e l’hype per rivedere Dave Lombardo erano ovviamente alti ma crediamo di non offendere alcun fan di Chuck Billy and company se scriviamo che lo show degli Exodus è stato un gradino superiore di quello messo in scena dai loro colleghi di Bay Area. E se a livello qualitativo alcune critiche alla nostra considerazione potrebbero anche trovare delle giustificazioni, dal punto di vista della potenza/violenza sonora la band di Gary Holt ha lasciato solo le briciole una volta depositate le proprie armi musicali. Si comincia, e notiamo subito una simpatica nota estetica: Gary, sempre attento ad una certa definizioni di outfit ricercato (non lo sappiamo, ma ci piace pensarlo) si presenta con un terzetto mimetico (chitarra, calzoncini e scarpe) che fa subito presagire la furia sonora in arrivo sul pubblico. La scaletta segue quella proposta nella data lombarda e quindi sottolineiamo subito, con matitona rossa, la dominante prova di Tom Hunting: folle in alcuni momenti (“Lesson in Violence” e “Clickbait” su tutte, nella prima parte della setlist) la potenza con cui ha devastato il proprio drumkit. Uno spettacolo non solo ai nostri occhi, in grado di richiamare l’attenzione anche di Dave Lombardo, spuntato all’improvviso insieme a Rob Cavestany alla sinistra del palco, intento a filmare l’operato di Hunting. Una distruzione che supera a tratti il moshpit venutosi a creare poco dietro di noi, incapace di mantenere l’intensità imposta dal quintetto californiano. Formazione, come già scritto nel report degli Heathen, orfana di Lee Altus, sostituto in questo caso da Brandon Ellis dei The Black Dahlia Murder. Ottima la sua performance, confermata dallo stesso Steve Souza il quale, dopo aver ricordato l’amico Altus mandandogli un saluto d’oltreoceano, ha reso omaggio a Trevor Strnad, singer della band di Detroit, tragicamente scomparso lo scorso maggio. A proposito, Steve? Beh, diciamo tranquillamente che tutte le riserve sollevate in occasione dell’ultimo album pubblicato dagli Exodus, sono state messe in soffitta: l’ugola dei primi Legacy (poi Testament, dopo la sua uscita) dal vivo riesce ancora a mantenere una linea di scream dignitosa, senza incappare in quel ‘gracchiare’ che aveva appunto caratterizzato alcuni episodi di “Persona Non Grata”. Con tanto di t-shirt “Frisco Choppers” si esalta ed esalta i presenti, che ruggiscono in un boato, mentre arriva una “Deathamphetamine” da paura, giusto per gradire, con Gary Holt sornione nel far ripartire il riff portante del pezzo, in attesa che i corpi nel pit riprendano ad ammassarsi. Una lezione di violenza che termina, come da programma, con l’eterna “Toxic Waltz” (introdotta da un simpatico accenno di “South Of Heaven” da parte dello stesso Holt) celebrata da continui circle-pit e da “Strike Of The Beast”, bollata da un cordiale wall of death, utile ad alzare ancor di più il polverone; i fazzoletti hanno ringraziato. Saliti zitti zitti, così escono di scena, non prima di averci regalato la cover di “Beating Around The Bush” degli AC/DC, quasi ad allentare la tensione. Anche la terza cartuccia è stata esplosa, all’appello ne manca ancora una.

Setlist
The Beatings Will Continue (Until Morale Improves)
A Lesson In Violence
Blood In, Blood Out
The Years Of Death And Dying
Clickbait
And Then There Were None
Deathamphetamine
Blacklist
Only Death Decides
Prescribing Horror
Bonded By Blood
The Toxic Waltz
Strike Of The Beast
Beating Around the Bush

TESTAMENT
Andiamo per immagini. La prima che ricordiamo è quella di un ragazzino biondo, sugli undici anni, in spalla al proprio babbo, mentre si gode lo show della truppa comandata da Chuck Billy, e siamo lieti di vedere la ‘new generation’ presenziare ad un concerto di una band che proprio quest’anno andrà a spegnere le sue personalissime trentacinque candeline. La seconda è quella di un fumogeno rosa/fucsia che ha illuminato la tellurica “Into The Pit” e i partecipanti all’ennesimo circle-pit, rendendo ancor più speciale l’esecuzione del pezzo. La terza invece riguarda i volti dei due axemen: da una parte il solito ‘incazzato’ Eric Peterson, intento a sparare riff a raffica, dall’altra un leggiadro Alex Skolnick, divertito e propenso a sorrisoni anche durante i brani più duri. Skolnick che non ha mancato (come se ce ne fosse bisogno) di mostrare il suo vasto repertorio chitarristico, salendo di un piano per offrire i vari assoli inseriti tra i vari brani. Un’altra immagine colorita riguarda invece l’intervento di Steve DeGiorgio, poco prima del canonico assolo (poteva avere miglior risultato) e l’avvio di “Souls Of Black”. “Ciao ragazzi, vi amo Italia, ora ripetere con me” e giù bestemmie, il tutto ovviamente a ritmo di basso, per la gioia immensa del pubblico. Quattro scatti a corollario di un concerto completo, monolitico, inutile negarlo, ma che, oggettivamente poteva andare molto meglio. Un senso di ‘timbratura del cartellino’ ha infatti pervaso talvolta l’intero concerto, tanto che lo stesso Chuck (dal growl sempre inossidabile, bisogna ammetterlo) ci ha messo qualche pezzo per ingranare (complice un problemino al microfono), annunciando, tra le altre, la nuova “Children Of The Next Level” come “Pale King”, appena terminata di cantare, gaffe rimediata al volo dall’intervento dello stesso Skolnick. E veniamo infine a Lombardo: a metà dello show è stato ufficialmente presentato da capo Chuck, ricordando che nel ’99 entrò nella band proprio insieme a DeGiorgio e che una delle primissime cose realizzate da loro fu…”D.N.R.”, pezzo disarmante in cui Dave ha testimoniato la sua estrema facilità chirurgica nel giocare con il suo strumento. Una passione penalizzata purtroppo dai volumi non ottimali; è stato questo a ‘rallentare’ l’entusiasmo e l’impatto dello show dei Testament: bene (anche troppo) i livelli audio per il basso di DeGiorgio, buoni quelli delle due chitarre, non sempre all’altezza come detto quelli di Chuck, diremmo ‘lontani’ infine quelli di Lombardo, inficiando così la sua prestazione. Setlist che ha ricalcato quella del resto tour, proponendo pertanto alcuni estratti dall’ultimo “Titans Of Creation”, oltre ai grandi classici: da “The New Order” a “Over The Wall”, da “Alone In The Dark” a “First Strike Of Death”, con l’aggiunta di brani più recenti, vedi la tritaossa “The Formation Of Damnation” o l’anthemica “Rise Up”. Sedici bombe fatte esplodere con sin troppa professionalità, andando a ricoprire quell’etichetta di super-gruppo che vuole così distanziarsi dal concetto più unito di band. La piallatura è andata comunque a termine, il versante thrash del Rock in Roma ha contribuito a riscaldare un tranquillo martedì di luglio capitolino.

Setlist
Catacombs
Rise Up
The New Order
The Pale King
Children Of The Next Level
Practice What You Preach
True Believer
WWIII
D.N.R. (Do Not Resuscitate)
Night Of The Witch
The Formation Of Damnation
Bass Solo
Souls Of Black
First Strike Is Deadly
Over The Wall
Into The Pit
Alone In The Dark

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