Report a cura di William Crippa
Tornano in Italia dopo quattro anni i vampiri di Helsinki, i The 69 Eyes, dopo la release dell’ultimo, splendido, “Universal Monsters”, risalente allo scorso anno, per una serata completamente dedicata al dark più scuro che ci possa essere, visto che ad accompagnare Jyrki 69 e tenebrosa compagnia ci sono i berlinesi Vlad In Tears, che nell’ultima decade si sono guadagnati fama e gloria nei gothic club di tutta Europa, ed i pugliesi The Strigas, che nel 2014 fecero gioire di tristezza gli amanti delle sonorità più cupe. Variabile impazzita aggiunta a questa data i veronesi Superhorrorfuck (che a quanto pare ora si chiamano solamente Superhorror), ciurma di zombie variopinti, vera incognita per la serata. Un solo colore domina il locale, il nero, e la sensazione di essere stati catapultati indietro nel tempo in un dark club anni novanta è tangibile, complice una setlist particolarmente datata che arriva dagli speaker. Ma giunge presto il momento dell’inizio degli show (che da questo momento accumuleranno ritardo, fino a fare esibire gli headliner con oltre un’ora di ritardo) ed ecco arrivare sul palco i Superhorror.
SUPERHORROR
Il compito di aprire le danze è affidato agli shock rocker Superhorror, forse la band più fuoriluogo questa sera, con il loro trucco da zombie e le loro canzoni molto allegre ed ironiche. La loro proposta musicale è però irresistibile, capace di costringere chiunque nel locale a dimenarsi e ad improvvisare qualche passetto di danza; e straordinario intrattenitore si conferma il cantante Edward J. Freak, capace di calamitare su di sè l’attenzione del già folto pubblico, con movenze tra il Marilyn Manson d’epoca e il Justin Hawkins più istrionico. Divertenti e capaci di una performance strumentale assolutamente positiva, i cinque veneti a sorpresa, pur non centrando nulla con il leitmotiv della serata, si impongono scendendo dal palco dopo otto brani tra gli applausi della venue.
VLAD IN TEARS
Direttamente da Berlino, ma originari di Cassino, in provincia di Frosinone, i Vlad In Tears non sono certo una band nuova per il pubblico dark, visto che ormai hanno ben dieci anni di attività live e quattro album all’attivo, ma saranno ricordati principalmente come la band più sfortunata della serata, colpiti da inconvenienti tecnici sin dall’inizio della loro performance; inconvenienti che trasformano la loro proposta musicale in un caos di suoni quasi fastidiosi. Ed è un peccato, perchè Kris Vlad e compagni ce la mettono davvero tutta per farsi onore, ed hanno dalla loro presenza scenica e repertorio per riuscirci. Da notare che durante il loro show, Bazie, chitarrista dei The 69 Eyes, ha continuato ad andare avanti e indietro dal backstage passando con noncuranza davanti al batterista Cosmo e al bassista Dario. Da denuncia la cover di “Wicked Game”, stuprata letteralmente.
THE STRIGAS
Penultimi ad esibirsi prima degli headliner sono i The Strigas da Barletta, autori fino ad oggi di un solo album, “A Poisoned Kiss To Reality”, decisamente positivo ma ormai datato, uscito più di tre anni fa. La band è accolta in maniera molto calorosa dai presenti, che dimostrano di conoscere bene i brani tratti dal disco d’esordio, per questa occasione proposto quasi integralmente. Decadenti e lugubri, oscuri e tristi, con l’unica eccezione concessa alla bassista Liboria Tesoro che si presenta con i capelli turchini ed una mise rosso vivo decisamente stravagante, i pugliesi riescono a calamitare l’attenzione per tutta la durata del set, grazie a brani affascinanti ed emozionali che facilmente riescono a fare presa; particolarmente apprezzata è l’esecuzione del singolo “Falling Down”, cantato a gran voce dal pubblico. I The Strigas dopo otto grandi brani scendono dalle assi dell’Elyon tra gli applausi meritati.
THE 69 EYES
La mezzanotte è passata da almeno mezzora, con oltre un’ora di ritardo sul timing annunciato per l’inizio, quando i The 69 Eyes salgono on stage sulle note di “Framed In Blood”, accolta da un gran boato. Da subito colpisce il nuovo look di Jyrki 69, che ha messo finalmente da parte le parruccone che lo hanno caratterizzato fino ad oggi per apparire un poco più credibile e meno artefatto. “Miss Pastis” dal vivo è una vera bomba, energica e muscolosa, e non l’innocuo petardo che possiamo trovare nell’ultimo album “Universal Monsters”, e crea un grande contrasto con la sensuale “Betty Blue” a seguire. Anche “Jet Fighter Plane” guadagna molto in chiave live, seppur privata di molte delle melodie che la identificano. Decisamente freddi, molto più distaccati rispetto alle precedenti esibizioni in terra italica, i vampiri di Helsinki si limitano a lievi ammiccamenti nei confronti del pubblico delle prime file, senza preoccuparsi troppo di dare spettacolo e concentrati nel semplice suonare dietro ai loro occhiali da sole; certo, a livello visivo la band appare molto statica ma, parlando esclusivamente di ciò che si può percepire con le orecchie, siamo al cospetto di una grandiosa performance. I fan, contrariamente, mostrano grande carica e sostengono i finlandesi cantando a gran voce con Jyrki ogni singola parola e dimostrando di conoscere alla perfezione anche i brani tratti dall’ultimo album. “Tonight” riporta al grandioso “X”, prima di tornare addirittura al 2002 per “Forever More”; e da “Devils” ecco la sinistra “Sister Of Charity”, leggermente accelerata in versione live con la conseguente perdita di parte dell’atmosfera lugubre che il brano possiede. Un vero greatest hits dal vivo, visto che prima della nuova “Shallow Graves” arriva anche il turno di “Never Say Die”, al termine della quale incredibilmente Jyrki si leva gli occhiali da sole per guardare negli occhi i fan adoranti. La frase che introduce “Dolce Vita” dopo “The Chair” è quantomeno strana, visto che il cantante se ne esce con un ‘Buonasera Italia, Calimero tutto nero!’, che fa esplodere una gran risata dalla folla. “If You Love Me The Morning After” non possiede il giusto tiro, causando un momento di noia, ma per fortuna è “Dance D’Amour” a risollevare gli animi. È giunta quasi l’ora della pausa, che arriva con la classicissima “Brandon Lee” dopo la bellissima “Feel Berlin”. Il break è abbastanza lungo, caratterizzato dal suono del basso di Archzie (che se lo era portato a tracolla giù dal palco) che giochicchia sulle note di “Bela Lugosi’s Dead”; la ripresa è con la clamorosa “Wasting The Dawn”, cantata a gran voce da tutto il locale, al termine della quale una sorpresa, “Still Waters Run Deep”, non presente nelle setlist delle serate precedenti, e che prende alla sprovvista molti dei fan, visto che il brano non è così conosciuto. “Gothic Girl” e “Lost Boys”, clamorosi hit, chiudono a notte inoltrata un concerto gradevolissimo, non eccellente dal punto di vista squisitamente dell’intrattenimento ma suonato alla grande da una band in grande spolvero.