Live report a cura di Emilio Cortese
Lodevole iniziativa, quella attuata dall’Estragon di Bologna: a soli due giorni dalla performance dei Kataklism hanno lanciato un’offerta per coloro che volessero partecipare a entrambe le date, abbassando il costo del biglietto da 22 a 15 Euro. Purtroppo però la data non è stata delle più prolifiche, forse tra i tanti act presenti non vi erano veri e propri nomi di spicco, inoltre col passare della serata l’attenzione del pubblico è andata calando vista anche la diversità dei generi proposti da alcune delle band. Eccovi un riassunto di quello che è successo all’Estragon.
INGESTED
Gli inglesini Ingested iniziano il loro show davanti a poco più di una manciata di spettatori, un tipo di sorte, questa, sempre più comune tra le band che si trovano costrette ad aprire ai concerti, ma onestamente sarebbe un’abitudine da cambiare. Stasera poi, entrando soltanto al secondo loro pezzo, c’era più gente in fila alla cassa che dentro a godersi la performance del giovane e promettente quintetto. Ritardo probabilmente dovuto anche al fatto che la fila stasera era più lenta del solito, forse per via degli sconti previsti per i partecipanti alla data dei Kataklism? Non ci è dato saperlo, di fatto il combo di Manchester non si è dimostrato più di tanto intimorito ed ha tenuto alto il morale, accogliendo il pubblico entrante con bordate di slam death metal infarcito da vocals in pig squealing e rallentamenti degni dei Devourment più putrescenti. Assolutamente lodevole la riproposizione di “Skinned And Fucked” con queste sfuriate di doppia cassa a farla da padrone insieme alle ritmiche stoppate. Non inventano nulla ma fanno il loro dovere, applausi.
OBSCURA
Dopo un attento ed accurato sound check gli Obscura iniziano la loro performance a sorpresa, almeno per chi scrive, appena dopo gli Ingested. Onestamente si pensava ad una posizione lievemente più in alto nella scaletta dei gruppi, ma tant’è. Inizio al fulmicotone con “Anticosmic Overload” ad aprire le danze, legata senza troppi fronzoli e pause con “Choir Of Spirits”. Sono quasi dieci minuti di apnea in cui Thesseling, Muenzner, Grossmann e Kummerer sciorinano tutta la loro eleganza tecnica con ritmiche taglienti e precise, assoli in cui vengono esplorate tutte le tecniche velocistiche e non, e ovviamente linee di basso da brividi lungo la schiena. Un appunto prettamente di ordine tecnico a Kummerer però va fatto, in quanto talvolta arriva lungo alle parti vocali. A chiudere la corta scaletta del combo tedesco sono “Incarnated” e “Centric Flow”. In sede live gli Obscura sono davvero un gruppo godibile, che riesce a risultare dinamico e non estremamente perfettino senza apparire fine a se stesso, come possono sembrare su disco.
CARNIFEX
Lasciamo perdere l’eventuale polemica gratuita che si potrebbe fare commentando il fatto che un gruppetto come i Carnifex debba suonare dopo gente come Thesseling o Muenzner, lasciamo anche perdere la capigliatura “discutibile” di Scott Lewis, ma onestamente: che cos’hanno i Carnifex di diverso da altri milioni di gruppi? La risposta è una sola: nulla. Riff sentiti e risentiti, stacchi mosh al limite col cliché, soluzioni ritmiche talmente banali da risultare quasi grottesche. Poi abbiamo tra il pubblico quattro scalmanati che urlano e scalciano nel vano tentativo di suscitare un improbabile circle pit, o anche solo semplicemente di incitare gli astanti che invece per lo più assistono annoiati a questa performance che ben poco ha da dire. I Carnifex ripropongono, oltre a una decente “Lie To My Face”, anche il nuovo singolo: ”Hell Chose Me”, un becero scimmiottamento di riff, incollati tra di loro senza cognizione di causa alcuna in una canzone che è il preludio di un disco che ne promette delle belle…
THE FACELESS
Giusto una buona piadina alla salsiccia e una birra potevano tirarci su il morale dopo aver visto i Carnifex, anzi, in realtà a farci balzare il morale alle stelle sono proprio i The Faceless e il loro technical death sparato e schizoide. E’ la doppietta “Space Shifters” e “Coldy Calculated Design” ad aprire le danze e ad annichilire letteralmente il pubblico. Cerchiamo di non essere scontati, quindi evitiamo di esaltare oltremodo la perizia tecnica dei nostri, che comunque è sopra la media, ma non possiamo assolutamente soprassedere nel decantare il pathos e il trasporto emotivo di questo giovanissimo combo, capace di passare da atmosfere rarefatte e sognanti a frangenti abrasivi, intricati e cervellotici con il massimo della spontaneità e della fluidità. A proprio agio sul palco dell’Estragon, i The Faceless rapiscono con forza l’attenzione del pubblico fino a trasportarlo nell’esperienza multiforme e multicolore che è poi la doppietta di canzoni che conclude “Planetary Duality”, ovvero la stessa title track suddivisa in due parti. La riuscita è grandiosa, esaltante e rocciosa nei momenti più cadenzati, impietosa e tagliente nei momenti più veloci, affascinante e coinvolgente nei momenti più ricchi di pathos. Decisamente questo gruppo è il vincitore morale della serata e, raccogliendo emozioni tra il pubblico, varie persone continuavano a tenersi le mani tra i capelli, con sguardo vacuo a fissare il vuoto come a cercare di trattenere ancora le ultime emozioni dovute ad una performance assolutamente sopra le righe.
NECROPHOBIC
Quando i Necrophobic calcano il palco dell’Estragon (addobbato per l’occasione con catene e muri finti), bardati con borchie e trucco bianco in faccia, è subito evidente che con questo festival errante probabilmente i nostri si sentano un po’ dei pesci fuor d’acqua. Poco male comunque, sono decisamente il gruppo più esperto del lotto e possono attingere da vari album i brani che danno vita alla loro esibizione. Ovviamente come presenza scenica siamo ben lontani dagli atteggiamenti un po’ hardcore dei precedenti gruppi, gli svedesi infatti si concedono giusto il lusso di lasciarsi andare a lunghe squassate di chioma e a qualche sproloquio di un abbondantemente alticcio Tobias Sidegard, che, durante la riproposizione di “Revelation 666”, sfoggia anche un enorme bandierone (che fatica anche un po’ a tenere su) da sventolare durante l’assolo. La setlist è varia, come dicevamo vengono estratti un po’ di brani da vari album, dalla corrosiva “The Nocturnal Silence” alle due cavalcate “Into Armageddon” e “Isaz” da “The Third Antichrist”, fino alla melodica “For Those Who Stayed Satanic” estratta dalla loro ultima fatica “Death To All”. Obiettivamente nulla da imputare ai nostri, se non magari un’eccessiva staticità specialmente da parte di Sterner dietro le pelli, ma tutto sommato non ci si poteva aspettare un’entusiastica accoglienza da parte di questo tipo di pubblico per i Necrophobic, che comunque sono riusciti a raccogliere un po’ di consenso.
3 INCHES OF BLOOD
Se i Necrophobic ci erano parsi vagamente dei pesci fuor d’acqua, per i 3 Inches Of Blood togliamo pure il “vagamente”. Purtroppo per loro stasera l’attenzione del poco pubblico è decisamente ridotta ai minimi termini. I canadesi, capitanati dalla potentissima ugola di Cam Pipes, cercano di mantenere alta l’attenzione, ma di fatto la loro proposta musicale è talmente distante dai gruppi precedenti che se qualcuno era rimasto a vedere i Necrophobic magari per curiosità, ora l’Estragon è molto più che mezzo vuoto. Un vero peccato, peraltro, perché l’esibizione del gruppo è davvero meritevole, sia per la tecnica che per effettiva qualità di songwriting. Il loro heavy metal tutto sommato non è nulla di così originale, e non saranno di certo loro a cambiare le sorti della musica metal, ma non ne hanno nemmeno la pretesa, sono il classico gruppo da fan per i fan, ed è proprio in questo aspetto che risiede il problema della non esaltante partecipazione di pubblico: quanti saranno gli ascoltatori che hanno tra i loro scaffali i CD di Necrophobic e 3 Inches Of Blood contemporaneamente? Non lo sappiamo, ma di sicuro all’Estragon stasera si contavano sulle dita di una mano.
THE BLACK DAHLIA MURDER
Quindi siamo giunti al termine del carrozzone ambulante che prende il nome di Bonecrusher? No, mancano ancora i The Black Dahlia Murder. Onestamente ne avremo anche fatto a meno, specialmente data la noia soporifera che sprigionano i loro show. Già su disco la band del Michigan non brilla di certo per originalità sonora, ma dal vivo regalano emozioni diametralmente opposte allo show degli Obscura. Le canzoni sono tutte, ma proprio tutte quante impietosamente appiattite nella maniera più assoluta da un riffing squadrato e oltremodo abusato, da una voce decisamente poco incisiva e monocorde e soprattutto da una fase ritmica di una prevedibilità disarmante … La dinamicità nel legare i passaggi delle canzoni tra di loro, questi ragazzi non sanno nemmeno che cosa significhi e onestamente, con tutto il rispetto, non riusciamo proprio a capire come ci si possa esaltare per musicanti di questo tipo. Come se non bastasse, per poco non veniamo coinvolti in una rissa tra gente che forse gode fisicamente di troppo spazio per poter sbracciare, scalciare e spintonare. Ci avviciniamo alla fine del concerto e non possiamo fare a meno di constatare come nella seconda parte del festival l’attenzione del pubblico sia andata calando e, voltandosi all’indietro, la nostra teoria è rafforzata anche dal notare che il pubblico è diminuito notevolmente…E dire che una volta si andava ai festival per vedere gli headliner!