06/02/2020 - THE DARKNESS + DZ DEATHRAYS – Milano @ Alcatraz - Milano

Pubblicato il 10/02/2020 da

Report a cura di Simone Vavalà
Fotografie di Matteo Musazzi

La band dei fratelli Hawkins era passata dalle parti di Milano appena una manciata di mesi fa, ma i fan non hanno rinunciato a rivederli e a riempire, alle soglie del sold out, l’Alcatraz di Milano. C’era del resto anche la curiosità di sentire dal vivo i brani del recente “Easter Is Cancelled”, che oltre a essere uscito dopo la data del Carroponte della scorsa estate, non ha propriamente entusiasmato il pubblico dei The Darkness. In apertura di serata, gli australiani DZ Deathrays, della cui esibizione sentiamo parlare più che dignitosamente; purtroppo, la combo tra inizio ‘svizzero’, mezz’ora spaccata di show e i rigidi controlli dell’Alcatraz ci hanno permesso di entrare esattamente al calare delle luci…

Passiamo quindi direttamente a parlare del main act della serata, introdotto come da tradizione da una selezione di classici hard rock che quasi varrebbe da sola il prezzo del biglietto. Mancano nella selezione registrata solo i Queen e i Van Halen, praticamente, per rimarcare a caratteri cubitali il mondo musicale da cui arrivano i quattro inglesi, ottimi figli degli anni Settanta più energici e scanzonati sotto ogni aspetto. Il concerto si apre, come l’ultimo disco, con “Rock And Roll Deserves To Die”, un brano particolare, sospeso tra pulsioni à la Who e la teatralità comica dei Tenacious D, comunque ben in grado di coinvolgere il pubblico come un vero inno. A seguire, ci rendiamo presto conto che l’intero primo set verte sulla presentazione della loro ultima fatica; una scelta per certi versi coraggiosa, ma che secondo noi paga: i ben dieci estratti dimostrano un tiro che si faticava a percepire su disco. Brani come “Heart Explodes”, la bellissima titletrack o “We Are The Guitar Men” dimostrano che i The Darkness sanno ancora sintetizzare a meraviglia glam e potenza, non solo nei loro abiti succinti e pacchiani. “Deck Chair” è l’apice del loro eterno richiamo ai Queen, una sorta di “Save Me” più ridotta all’osso, che però fa la sua bella figura; e ci piace sottolineare come Rufus Taylor – inutile dire chi sia suo padre – sia stato un elemento fondamentale per dare nuova linfa alla band. Divertente il momento in cui tutti i membri si scambiano gli strumenti, prima di passare al set dedicato ai classici, introdotto da Frankie Poullain alla cow bell… e ovviamente stiamo parlando di “One Way Ticket”, un brano che non necessita di presentazione, e dopo il quale vengono snocciolati pezzi da novanta come “Growing On Me”, “Love Is Only A Feeling” e “Givin’ Up”, che fa letteralmente esplodere l’Alcatraz. Tutti cantano il ritornello e Justin dimostra di aver pochi rivali quando è in forma; scritto che tutta la band, in questa occasione, è assolutamente sugli scudi, la sua prova vocale è eccellente, e per l’ennesima volta non è solo il falsetto il suo punto di forza. C’è spazio per una curiosa cover in chiave speed di “Street Spirit” dei Radiohead, su cui viene innestato il bridge di “While My Guitar Gently Weeps”, prima della chiusura affidata alla spensierata “Get Your Hands Off My Woman”. Ma naturalmente il bis è scontato, roboante e sottolinea ancora una volta che di pezzi indimenticabili i The Darkness ce ne hanno offerti tanti, fin dagli esordi: parliamo ovviamente di “I Believe In A Thing Called Love”, di cui basta il riff iniziale per far esaltare nuovamente tutti e augurare una buonanotte, con solo un gran entusiasmo sulle facce dei presenti.

 

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