Live report a cura di Raffaele Salomoni
Foto di Milena Simonato
Non ci è mai capitato di entrare in un Alcatraz così vuoto, dopo tutti questi anni di concerti. Ma oggi, in occasione della data italiana del tour per il ventesimo anniversario degli olandesi The Gathering, sembra che quasi nessuno sia interessato alla proposta della band. Giungiamo alla venue circa mezz’ora prima dell’inizio del concerto degli opener Autumn, e la situazione è tra l’imbarazzante e il grottesco: un locale quasi completamente vuoto. Non ci resta che attendere l’inizio delle danze, sperando che la situazione migliori…
AUTUMN
La gente lentamente confluisce nel locale, ma è tangibile l’imbarazzo degli Autumn, costretti a suonare il proprio gothic rock davanti a poche decine di spettatori. Nonostante tutto, la band sembra concentrarsi sui die hard fans, rigorosamente in prima fila, che tributano alla band la giusta dose di energia, dimostrando di conoscere a menadito ogni pezzo. Su tutti a colpire noi ascoltatori è la brava Marjan Welman, vocalmente in linea con le già celebri cantanti gothic (Anneke e Simone Simons su tutte), ma dotata di un quid in più, una sorta di vellutata potenza che lascia piacevolmente il segno. La band ce la mette tutta per stupirci, e alla fine del breve ma sentito concerto possiamo dirci soddisfatti della performance, e della gioia sprigionata dai sei ragazzi olandesi.
THE GATHERING
E’ giunto il momento per i The Gathering di uscire allo scoperto. Non sono stati pochi coloro i quali hanno avuto un moto di tristezza nel momento in cui Anneke Van Giersbergen ha deciso di abbandonare la band. Un sacco di interrogativi si erano concentrati sui superstiti: cosa fare, ma soprattutto che tipo di cantante cercare? La band ha preferito rischiare ben poco, avvalendosi della brava ex-Octavia Sperati Silje Wergeland, abile ugola ma pericolosamente simile vocalmente alla già citata Anneke. Una somiglianza solo apparente, che palesa più di una insicurezza in occasione dei pezzi della vecchia guardia, dove è impossibile non fare confronti e soprattutto lasciarsi infastidire da limiti vocali una volta impensabili. Ne è un esempio “On Most Surfaces (Inuit)”, dove la tecnica di Silje arriva a sopperire ad alcune lacune più prettamente interpretative, così come in occasione di “In Motion #1” e “Leaves”. La band svolge il suo lavoro in modo egregio, come di consuetudine, ed il pubblico (numericamente più adatto allo Zoe, il locale che originariamente doveva ospitare la band) sembra comunque apprezzare il concerto. Anche gli estratti dall’ultimo, più che buono, “The West Pole” vengono accolti calorosamente, dando modo alla band di mostrare le sue molteplici anime. Però, per chi scrive, la sensazione di tedio generale è stata insopprimibile, specialmente ripensando al meraviglioso concerto al Transilvania Live di Milano del 2003, di supporto all’altrettando meraviglioso album “Souvenirs”. Ma quelli, evidentemente, erano altri tempi…