Report a cura di Marco Gallarati
Sabato di Pasqua in trasferta per gli inviati di Metalitalia.com: c’è chi se ne va al mare a vedere i redivivi (Hed)Pe, c’è chi opta per il lago e i più plumbei The Ocean. Lago, oddio…per la precisione, l’accogliente Lonato del Garda in realtà è ancora piuttosto lontana dalle sponde del Garda (appunto), ed inoltre, considerato il gelo al di fuori e al di dentro dell’Olden Live Club, il locale-capannone adibito a venue dell’evento, l’atmosfera pasquale e vacanziera non è proprio di quelle memorabili. Comunque sia, questa sera vanno in scena i The Ocean, il collettivo tedesco che ha tanto ben impressionato con “Aeolian” prima e “Precambrian” poi e che si appresta a pubblicare in questi giorni il nuovissimo “Heliocentric”. Di supporto ai Deutsch, ecco un terzetto di band nostrane eterogeneo ma piuttosto valido: i milanesi Lifend, i romani di origine pugliese Adimiron e i bresciani Sunpocrisy. In un Olden in parte rinnovato e più accogliente rispetto alla data di fine novembre che vide protagonisti gli Ahab, ci prepariamo a seguire con attenzione le performance dei support-acts, nonostante il pubblico non sia numeroso e nonostante il ritardo sulla tabella di marcia, un leit-motiv assodato dei concerti da queste parti…
SUNPOCRISY
Già visti all’opera proprio a fine novembre in occasione del Kolony Metal Fest, è davvero un piacere avere l’occasione di rivedere dal vivo i Sunpocrisy, fra l’altro recenti detentori della posizione Top Demo di Metalitalia.com. In tutta sincerità, chi scrive si aspettava una prestazione ricalcante al 100% il concerto tenuto per la data succitata, invece il quartetto progressive-death ci ha stupito un’altra volta, proponendo solo due pezzi in poco più di mezzora di setlist: la grandiosa “Aeon’s Samsara”, undici minuti e mezzo di saliscendi emozionali, e l’ancora inedita e dal titolo provvisorio “Samaroid-Dioramas”, epica suite dalle mille sfaccettature ma in realtà, come ci ha rivelato la band stessa, la concatenazione di tre pezzi che andranno a comparire sul prossimo lavoro, evidentemente in fase di scrittura. Difficile descrivere a parole venti minuti di musica (chi ha detto “Black Rose Immortal” degli Opeth?), ma fatto è che ci siamo gustati la canzone rapiti ed in religioso silenzio. Suoni e presenza scenica richiedono ancora migliorie, ma davanti all’alta qualità della proposta dei Sunpocrisy questi aspetti passano decisamente in secondo piano. Lo ripetiamo di nuovo: cercateli!
ADIMIRON
Il tempo di un rapido cambio di palco ed ecco che salgono on stage gli Adimiron, per una repentina mutazione di approccio metallico nello svolgersi della serata: attacco deciso e frontale per la band romana, che parte con “Mindoll”, un bell’estratto dall’ultimo “When Reality Wakes Up”, disco che ha visto il gruppo inaugurare il nuovo songwriting, più volto verso Oltreoceano, più maturo e più accattivante rispetto al passato. Si vede che i ragazzi hanno buona esperienza dal vivo, sanno come stare e come muoversi sul palco, lasciando al vocalist Andrea Spinelli il compito di girovagare a piacere per lo stage. Con i suoni ci siamo, nonostante l’acustica non certo favorevole dell’Olden Live Club, che però non rende deficitaria la prova degli Adimiron, proseguente con “Unchangeable”, tratta dal mai uscito EP “Choose A New Direction”, e con “Das Experiment”. Il techno-thrash complesso del gruppo non è facile da apprezzare immediatamente dal vivo, soprattutto per chi magari è presente solo per i The Ocean, ma l’impatto sullo sparuto pubblico pare dare qualche buon frutto, soprattutto all’altezza della cover di “Disciple” degli Slayer. Chiude i giochi “Posacenere Universale”, epilogo di una prestazione intensa e piacevole, portata a termine da una band che merita di certo attenzione.
LIFEND
Altro cambio di palco piuttosto veloce e rieccoci, giusto dopo esserci sfamati con un discreto hamburger, sotto il palco per i Lifend, band che seguiamo da diversi anni e che abbiamo imparato ad apprezzare nelle sue diverse e continuamente cangianti incarnazioni. Abbandonata ormai (quasi) del tutto l’attitudine avantgarde-death metal, i milanesi paiono più che convinti nel volgere verso influenze moderne il loro songwriting e, soprattutto, la presenza scenica. Si spiega a tal proposito la scelta di un vocalist, tale Cisco, peraltro dotato di ottima potenza, di chiara estrazione hardcore. I ragazzi si stanno preparando a registrare il nuovo disco e quindi ci fanno gradita sorpresa proponendo ben tre pezzi inediti, che confermano il modernismo dei Lifend attuali ma che altrettanto richiamano alla consueta non-banalità delle composizioni del gruppo. “The Dying End”, “Demultiplexing Complexity” e “9th Crisma” sono i titoli dei nuovi brani, mentre dall’ottimo “DeviHate” vengono estratti gli episodi migliori, ovvero “Silent Winds”, “Fail Better (Die!)” e l’eccezionale “Purify Me”, piccolo cavallo di battaglia della band. L’intesa on stage è parsa buona, ma certamente può migliorare col tempo. Ora li aspettiamo al varco del prossimo lavoro.
THE OCEAN
Abituato agli orari da galline in cui finiscono i concerti a Milano e già con mezzo pensiero al pranzo pasquale dell’indomani, chi scrive si appresta a seguire gli headliner The Ocean con qualche sintomo di stanchezza di troppo, ma fortunatamente bastano poche note della performance dei tedeschi – che a detta loro stanno abbandonando il concetto di collettivo per sminuirsi alla semplice idea di band – per ripigliarsi prontamente. In formazione a cinque, quella che a tutti gli effetti è la line-up ufficiale – Robin Staps e Jonathan Nido alle chitarre, Luc Hess alla batteria, Louis Jucker al basso ed il nuovo vocalist nella persona di Loic Rossetti – i berlinesi hanno dato in pasto alla manciata di persone presenti uno show professionale e vigoroso, bilanciato tra momenti catatonici e riflessivi, groove cupamente poderosi e lancinanti sezioni al vetriolo che, pur senza creare alcun cenno di pogo, hanno fatto sfogare per bene la cinquantina di diehard fans. Potenti, sinuosi, nervosi ed intimisti come la musica che vanno a rappresentare, i The Ocean hanno anche presentato alcuni brani che saranno presenti nell’imminente “Heliocentric”, dando però altrettanto spazio alle tracce di “Aeolian” e “Precambrian”, i dischi che hanno portato allo scoperto il nome del gruppo. “Queen Of The Food-Chain” è stata cantata da Rossetti – davvero notevole sia in versione pulita che screaming – con l’aiuto di Cisco dei Lifend, ma è stato il gran finale dei bis ad esaltare di più il pubblico, con “Hadean” e la monumentale “Orosirian” eseguite una dopo l’altra. Luci e led speciali, atmosfere stranianti ed il ringraziamento di Staps per le ‘lasagne più buone che io abbia mai mangiato’ hanno completato uno spettacolo per pochi intimi, ma del tutto appagante e positivo. Davvero una band fuori dal comune, per tanti motivi.