A dispetto delle previsioni, uno dei tour più attesi di questa primavera ha preso il via senza intoppi, facendo inoltre registrare una grande affluenza in ognuna delle date svoltesi sinora. Parliamo del sodalizio tra The Ruins Of Beverast, Grave Miasma e Fuoco Fatuo, illustri esponenti e cosiddetta crema del panorama death/doom contemporaneo, tutti reduci dalla pubblicazione di album estremamente acclamati da pubblico e critica. Il breve itinerario in Europa centro-settentrionale che vede protagonista il trio fa tappa a Londra in una serata infrasettimanale, ma l’affluenza, come prevedibile da queste parti, è degna di un weekend. Il recentemente ristrutturato Electrowerkz fa da cornice all’appuntamento, dimostrandosi location funzionale sia in termini di atmosfera che di acustica…
Vista la caratura delle band in tour e la volontà di offrire qualcosa di più di un semplice show di routine, non vi sono gruppi locali ad aprire la serata. Ogni band ha a disposizione almeno tre quarti d’ora e i FUOCO FATUO, prima formazione a salire sul palco, sfruttano al meglio questo lasso di tempo, imbastendo il loro consueto set soffocante, pervaso di drammaticità funeral doom, ma anche del fascino sinuoso di influenze non lontane dal primigenio post hardcore di marca Neurosis. Come al solito, la performance del quartetto lombardo parte in punta di piedi per poi colorarsi di intensità sia nei suoni che nella presenza scenica. Nelle composizioni del recente “Obsidian Katabasis” trovano sintesi brillante le varie sfumature della proposta del gruppo, su una sezione ritmica che dal vivo si fa ancora più vibrante e potente, diventando base ideale su cui sviluppare con inventiva i funesti temi cari ai ragazzi. Anche se il sound può essere a dir poco ostico, il pubblico apprezza, rimanendo visibilmente colpito dalla verve dei musicisti, che anche in questa occasione dimostrano di avere poco a che fare con la flemma di certi colleghi dello stesso filone.
Ci si mantiene su registri esaltanti, anche se le sonorità si fanno più tradizionalmente death metal, con l’arrivo dei GRAVE MIASMA. Praticamente degli idoli di casa, i londinesi non sono nuovi a questo palco e il riscaldamento effettuato nelle prime date del tour in corso ce li consegna al massimo della forma. Assieme ai Fuoco Fatuo, Yoni Ben-Haim e compagni sono stati tra i protagonisti dell’ultimo Kill-Town Death Fest di Copenhagen, ma allora la pausa forzata causata dal Covid era ancora percepibile in alcuni aspetti della loro performance. Questa sera invece siamo al cospetto dei ‘veri’ Grave Miasma, quelli in grado di evocare la bellezza frammentaria e tenebrosa di un passato death metal che sembrava perduto sino a qualche anno fa, e di rielaborarla e attualizzarla con una personalità indomita. Il loro set è impetuoso e famelico, quasi uno sfogo dopo mesi di tentennamenti, e l’approccio più sciolto e old school del recente “Abyss of Wrathful Deities” aiuta parecchio nel trasmettere questo sentore. Molta foga nell’esibizione del quartetto britannico, ma anche una indubbia padronanza strumentale, cosa che rende il concerto davvero speciale per i molti fan accorsi questa sera, i quali si esaltano sia sulle note della nuova “Rogyapa”, così come su hit di una volta come “Arisen Through the Grave Miasma” o “Seven Coils”.
Chiudere la serata e fare bella figura dopo due concerti di grande spessore come quelli di Fuoco Fatuo e Grave Miasma non è impresa da poco, ma i THE RUINS OF BEVERAST non sono certo gli ultimi arrivati. I tedeschi vanno ‘all in’ con uno show di circa un’ora e venti minuti, confermando anche sul palco tutte le loro doti di visionari death/black/doom immersi in un ribollente calderone di influenze incrociate. Partendo dal recente “The Thule Grimoires”, la band di Alexander von Meilenwald – in questo tour accompagnato da membri di Drowned e Secrets Of The Moon, tra gli altri – si producono in un cosiddetto tour de force dalla grande complessità armonico-ritmica, con brani lunghissimi che sanno sempre rinnovarsi, cambiare volto e pelle, senza tuttavia mai perdere una propria coerenza di fondo. Il gruppo viene aiutato anche da dei suoni ben calibrati, ma rispetto a qualche tempo fa è evidente come i The Ruins Of Beverast siano diventati una realtà invidiabile anche dal vivo, maturando esperienza e una indubbia coesione; lo si intuisce dalla cura degli intrecci vocali growl/pulito, a cui partecipano tre quarti della line-up, ma, più in generale, dalla disinvoltura con cui vengono riproposte composizioni intricate come “Daemon” o “Polar Hiss Hysteria”. Insomma, von Meilenwald e soci hanno alzato ulteriormente l’asticella, diventando un gruppo che sa giocarsi le proprie carte al meglio anche dal vivo. Dopo due esibizioni più che notevoli, non poteva esserci epilogo migliore di quello offerto dalla formazione teutonica.