Report di Alessandro Elli
Foto di Simona Luchini
In queste grigie e piovose giornate di inizio novembre sembra quasi naturale assistere ad un concerto come quello di stasera: The Sisters Of Mercy, infatti, sono tra coloro che le sonorità più tenebrose e gotiche le hanno inventate e, nonostante da ormai trent’anni non producano nuova musica, le loro rare esibizioni sono ancor oggi rituali oscuri.
La band negli anni ha subito un numero elevato di cambi di formazione e, nell’incarnazione attuale, il solo Andrew Eldritch può vantare di aver contribuito alla nascita del gruppo nel lontano 1980, eppure il fascino di The Sisters Of Mercy rimane ancora intatto, a giudicare dalla partecipazione del pubblico, numeroso nonostante gli inglesi siano passati da queste parti poco più di un anno fa.
Ad aprire la serata The Virginmarys, duo britannico che si muove tra punk ed alternative rock e che, seppure non conosciuto dalle nostre parti, ha una certa fama di live band con diversi concerti in apertura di nomi importanti alle spalle.
Vediamo come è andata.
THE VIRGINMARYS salgono sul palco del club quando il numero dei presenti è solamente di qualche decina di unità; quasi nessuno li conosce, ma si intuisce subito come i due siano un concentrato di energia: il cantante/chitarrista si dimena urlando come un forsennato mentre, alla sua destra, il batterista pesta come un fabbro.
La proposta dei britannici è abbastanza semplice, un alternative rock scanzonato e con qualche accenno di punk, sulla scia di band come i Foo Fighters, ma il vigore con cui suonano è sufficiente a conquistare i pochi spettatori e a farci capire perché artisti come Slash e Queens Of The Stone Age li abbiano scelti in passato come band di supporto. Magari su disco non saranno allo stesso livello, ma dal vivo convincono e ci regalano quaranta minuti piacevoli.
Dopo una lunga attesa, sottolineata da suoni inquietanti provenienti dal mixer e atti a creare un’atmosfera carica di suspense, finalmente THE SISTERS OF MERCY entrano in scena. Il pubblico è consistente, anche se la sala non è piena, e si nota una netta predominanza del nero tra vestiti e trucchi, così come sul palco: i quattro musicisti inglesi si presentano nel loro look consueto, con tanto di occhiali da sole, ed attaccano con il medley “Doctor Jeep/Detonation Boulevard”, tratto dal terzo album “Vision Thing”.
La scenografia appare piuttosto semplice, con uno sfondo, ovviamente nero, sul quale vengono proiettate luci monocromatiche, che cambiano colore di canzone in canzone fornendo un impatto visivo notevole. Ciò che si nota fin da subito è che non c’è molto di realmente suonato: le basi, che comprendono anche basso e batteria, sono ad un volume altissimo, che spesso copre le due chitarre. Discorso a parte per la voce di Andrew Eldritch, che non è più cupa e stentorea come era un tempo e per questo viene mascherata da effetti, perdendo in parte l’originale potenza ma con un risultato tutto sommato discreto.
Si continua con “Don’t Drive On Ice” e con una scaletta (nota fin dall’inizio in quanto in gran parte è la stessa delle date precedenti del tour) che riserverà diverse sorprese, con la rischiosa – seppur lodevole – scelta di proporre brani non proprio di primo piano della loro discografia, escludendo dei classici; sicuramente le reazioni più entusiastiche si sono avute con le canzoni tratte dai tre fondamentali album registrati tra il 1985 ed il 1990, come “Marian” o “Dominion/Mother Russia” ma, considerando l’età media piuttosto alta dell’audience che probabilmente ha assistito a diverse esibizioni dei Sisters Of Mercy in passato, pezzi proposti più raramente ma validi come “On The Beach” o “I Am On Fire” possono rappresentare un valore aggiunto.
Come si sarà intuito, non tutto funziona alla perfezione, e probabilmente ciò è anche congenito in uno spettacolo di questo tipo, portato in giro a più di trent’anni dall’ultima uscita in studio e con musicisti che, a quei tempi, erano ancora dei ragazzini: anche se la resa è tutt’altro che da buttare, a tratti si ha la sensazione di essere di fronte ad uno sbiadito revival.
Questi pensieri passano però in fretta, poiché ci si rende conto di essere di fronte ad un personaggio che ha fatto la storia, e la tripletta che chiude il concerto, costituita da tre assi quali “Lucretia My Reflection”, “Temple Of Love” e una “This Corrosion” sulla quale partono danze scatenate, ci fa scordare tutti quei difetti che solo qualche minuto prima sembravano impietosi.
Setlist:
Doctor Jeep/Detonation Boulevard
Don’t Drive On Ice
Ribbons
Alice
Summer
Dominion/Mother Russia
I Will Call You
Marian
Eyes Of Caligula
We Are The Same, Susanne
More
I Was Wrong
Here
Crash And Burn
On The Beach
When I’m On Fire
Lucretia My Reflection
Temple Of Love
This Corrosion
THE VIRGINMARYS
THE SISTERS OF MERCY