Pubblicato il 11/11/2010 da
Matteo Cereda
Report a cura di Matteo Cereda
La nuova calata italica dei Therion è un appuntamento imperdibile per gli amanti del metal epico e sinfonico, perchè la band scandinava rappresenta in questa categoria una delle realtà più continue e longeve di sempre. La formazione svedese ha passato ormai i vent’anni di attività e attorno al leader Christofer Johnsson si sono succeduti vari musicisti e cantanti; lo stile dei Therion si è sempre evoluto in maniera naturale, senza forzature dettate dalle mode e forse per questo non ci stupisce troppo constatare che al gruppo viene imposto il palco piccolo dell’Alcatraz milanese e l’affluenza di pubblico non è quella riservata ai grandi della scena. La recente pubblicazione di “Sitra Ahra” è solo una scusa per ammirare all’opera il combo svedese, per l’occasione accompagnato da due promesse della scena progressive estrema come i Loch Vostok e i Leprous, accomunati agli headliner dalla medesima voglia di sperimentare senza scendere a compromessi.
LOCH VOSTOK
Il sempre ostico compito di aprire la serata spetta ai Loch Vostok, che come prevedibile visto l’orario presto, possono contare su un numero ancora esiguo di fan sotto il palco. La band svedese propone un mix tra death melodico e metal progressivo che convince in più di un’occasione a dispetto della complessità della proposta. Non mancano numerosi cambi di tempo e d’atmosfera all’interno del sound, ma la buona struttura delle canzoni, alcune linee vocali ben assestate e il tappeto oscuro creato dalle tastiere permettono di apprezzare le tracce suonate nella mezzora a disposizione. Il corpulento leader Teddy Moller, oltre ad occuparsi della chitarra, si adopera per le voci principali con risultati per la verità altalenanti, a testimonianza di una maturità non ancora completamente raggiunta.
LEPROUS
I Leprous, come i colleghi sentiti in precedenza, si cimentano in un progressive metal dalle tinte estreme molto tecnico e sperimentale, ma altresì difficile da digerire per lo meno ad un primo ascolto. Le partiture sono intricate e penalizzate da linee vocali non sempre all’altezza della situazione, per di più interpretate in maniera discontinua dal singer e tastierista Einar Solberg. Le tastiere, rispetto ai Loch Vostok, vengono utilizzate in maniera più presente ed includono tendenze electro, così come all’interno delle canzoni emergono influenze alternative che aggiungono ulteriore, forse troppa, carne al fuoco alla proposta. A livello tecnico i musicisti norvegesi si rivelano di degno valore, mostrando qualità ben sopra la media soprattutto nella funambolica sezione ritmica composta dal batterista Tobias Ørnes Andersen e dal bassista Halvor Strand; ma dal punto di vista del songwriting c’è ancora da lavorare per evitare di risultare troppo auto-referenziali. C’è da dire che la giovanissima età è dalla loro ed anche l’esperienza maturata con questo tour e precedentemente grazie alla collaborazione con Ihsahn, potrebbero spianare la strada a questa talentuosa band scandinava in un futuro non troppo lontano.
THERION
Sulle note della titletrack del recentissimo “Sitra Ahra”, arriva l’atteso momento dei Therion, che si presentano al pubblico con una formazione semplice per i loro standard ma ben assortita. Ad affiancare un Christofer Johnsson elegantissimo e con taglio di capelli corto imbarazzante, ci sono Johan Koleberg alla batteria ed il neo acquisto Christian Vidal alla chitarra, mentre al basso troviamo il guru Waldemar Sorychta. Le parti orchestrali vengono campionate in toto e questo per motivi tecnici e di budget è più che comprensibile, anche se forse ci saremmo aspettati un tastierista di ruolo. Il punto di forza dei Therion sono le parti vocali variegate ed in costante evoluzione ed allora ecco che la band svedese si presenta con il carismatico Snowy Shaw, il nuovo ingresso Thomas Vikström (Candlemass), il soprano Lory Lewis e l’abbondante Katarina Lilja. Con questo alternarsi di voci dalle tonalità e sfumature differenti, lo spettacolo dei Therion diventa entusiasmante, anche perché i musicisti in questione risultano strepitosi dal punto di vista tecnico e l’emotività epica delle canzoni fa il resto. La band scandinava come scenografia si serve solo dell’artwork dell’ultimo disco sullo sfondo, ma con il viavai che si materializza sul palco, provocato dall’alternarsi dei cantanti, lo spettacolo è assicurato, anche perché Snowy Shaw si conferma singer magnetico. Vikström, oltre a cantare splendidamente, suona anche il flauto traverso e le due donzelle si inventano pose ed espressioni teatrali. Nella prima parte di spettacolo pezzi quali “Wine Of Aluqah” e "Typhon” si rivelano trascinanti, mentre l’esecuzione di “The Perennial Sophia” sarà uno dei momenti più intensi dell’intera serata. L’apice emotivo si registra probabilmente durante la performance dell’indimenticata “The Siren Of The Woods”, perla tratta dal capolavoro “Theli”, mentre la breve riproposizione del “Dies Irae” di Mozart in chiave metallica si rivela nient’altro che un simpatico siparietto atto a stemperare la tensione. I Therion incalzano lo spettacolo con pochissime pause e colloqui con il pubblico ridotti all’osso, riuscendo in questo modo a suonare una setlist sostanziosa che prende in considerazione tutte le recenti pubblicazioni della band. Spiccano gli ottimi responsi di “Ginnungagap”, dell’epicissima “The Blood Of Kingu" e della folkeggiante “Lemuria”, anche se l’apoteosi si verifica allorchè la band svedese rientra sul palco per i bis concedendo due magnifiche versioni di “The Rise Of Sodom And Gomorrah” e l’immancabile “To Mega Therion”. I presenti, visibilmente emozionati e soddisfatti per la grande performance del gruppo, hanno goduto uno spettacolo di alta qualità; chi ha avuto l’opportunità di vederli nelle rare esibizioni con l’orchestra sa che il potenziale della band è ancora più alto, ma anche così è un bell’accontentarsi.