26/04/2014 - TO KILL – Farewell show @ Traffic Live Club - Roma

Pubblicato il 29/04/2014 da

To kill is to die. “Time is a flat circle”, avrebbe detto Rusty Cohle di True Detective. “Everything we’ve ever done or will do, we’re gonna do over and over and over again” e quindi eccoli qui i To Kill, ancora una volta sul palco. Questa volta però li ritroviamo per celebrare il loro ‘de profundis clamavi’, che arriva inesorabile e che da domani ce li restituirà come gruppo ancora più di culto rispetto a prima. La storia dei To Kill è la storia di Giacomo, Camilla, Jai, Ugo e Fausto, cinque persone che consacrano un’amicizia e una visione comune del mondo su temi importanti fondando la band, disegnando a Roma il primo punto del cerchio della loro esistenza musicale. E gli ultimi due punti del cerchio, i più lontani ma anche i più vicini, si toccano a Roma per una serata commovente, una rimpatriata con amici da tutto il mondo per rendere meno amaro il dolore della separazione, perché all’indomani i To Kill non esisteranno più. Ad accompagnare i cinque ci sono i Jet Market, altro gruppo non più in attività che ha raccolto l’invito degli amici di sempre ad accompagnarli in quest’ultimo giro sulla giostra, gli Strength Approach, combo romano ancora solidamente in attività, e gli Hierophant (che ci siamo persi). Vi raccontiamo di seguito una serata quindi storica per l’hardcore italiano, una serata che ha radunato chi era della scena vent’anni fa, chi lo era recentemente e chi lo è adesso, fra musicisti, fan provenienti da tutto il pianeta che hanno dirottato i taxi romani ai bordi di periferia, e tanto altro. Mentre al centro di Roma si celebrano i santi, fuori, sulla Prenestina, si celebra l’Hard To The Core. Giusto così, no?

 

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Foto di S. Marotta. Guarda il set su Flickr.

STRENGTH APPROACH – JET MARKET
Non essendo pieni conoscitori della scena hardcore non ci avventuriamo in descrizioni che potrebbero non essere perfettamente rispondenti alle prove di queste due band. Fra i due gruppi preferiamo gli Strength Approach, dall’approccio più metal, autori di un set pieno di brani rapidi e potenti. Il loro è un hardcore senza fronzoli che aizza la folla al marasma totale. Ringraziano i To Kill per averli scelti e ripagano la fiducia con una mezz’ora di hardcore sfrenato che il pubblico gradisce; d’altronde loro sono dei veterani in zona. Dopo di loro i Jet Market: la loro musica si colloca nel filone hardcore melodico californiano, quell’hardcore melodico con le chitarre che filano via leggere e tante voci pulite. Oltretutto la batteria e le clean vocals sovrastano il resto degli strumenti e quindi il risultato finale non è ottimale. Il pubblico però gradisce. È una festa, una rimpatriata e quindi bene così. Ora To Kill, però.

TO KILL
Lo show d’addio dei To Kill è un funerale con i toni del matrimonio.  Gli avventori del Traffic sono la scena hardcore di Roma. Il locale è stracolmo. All’interno c’è il banco dell’associazione Sea Shepherd, ci sono larghe visiere di cappelli da basket, maglie con scritte simil-tazebao, qualche giovane emo di ritorno, molti papà di famiglia e un clima caldo che rende agevole raggiungere il bancone per una birra come assalire una diligenza nel vecchio West. L’atmosfera è rovente ancor prima che inizi lo show, mentre i cinque controllano la strumentazione e già il pubblico rumoreggia impazientemente, non riuscendo a contenere l’entusiasmo. Luci basse, poi alte, i due chitarristi sul palco che fanno ronzare le sei corde e gli altri tre che prendono posto, e via: deflagrazione! La tensione sale palpabilmente col ritmo dei colpi incessanti di Jai, mentre la forza in circolo trova il suo naturale sfogo con i fan che se scelgono di rimanere con i piedi per terra si contorcono e dimenano guidati dal ritmo nel pit, spintonando tutto quello che capita a tiro. Oppure, se scelgono di volare, salgono sul palco e si lanciano sul muro umano accalcato sotto al palco. On stage il cantante Josh fa la stessa cosa: è emozionato, visibilmente. Non si ferma un attimo, solcando sulle assi del Traffic un’ellisse perfetta col suo continuo andirivieni. Chi suona è davanti, mentre i membri degli altri gruppi sono sul palco a godersi lo show con il pubblico di fronte. È una festa fra pari, pubblico, artisti e musicisti. Il frontman vuole tutti partecipi, vuole tutti gli astanti a sé, li richiama e porge loro spesso il microfono. Man mano che si susseguono le varie “Dust”, “No Voice”, “Commit Suicide“ e una fenomenale “To Live and To Die in Vain”, giusto per fare qualche nome, il palco diviene un trampolino di lancio con pose plastiche. Scrosciano gli applausi, speciali come solo i concerti d’addio possono essere. Sono quegli show dove gli applausi escono sinceri e dove si protraggono non per inerzia, ma per convinzione. Batti le mani perché vuoi far sentire il tuo amore per quella band sul palco, band che in quel momento ha stretto un contatto con te, usa i tuoi sensi per avvolgerti nell’aura magica della serata. Tu non desideri altro che il tempo non sia circolare come sostiene Cohle, ma che sia una retta tendente all’infinito, senza fine. La canonizzazione dei To Kill si compie sulle note di “Hollow”, con il coro ‘I’m not afraid today, I  won’t be afraid tomorrow’ che viene intonato a gran voce dal pubblico anche quando i musicisti hanno staccato gli strumenti e stanno lasciando velocemente il palco. Le emozioni sono incontrollabili per tutti i presenti, fan e musicisti, e anche per i genitori dei singoli membri del gruppo che da parte, al riparo dalla furia delle prime fila, guardano i loro figli salutare per sempre i sogni di gioventù. Hanno già voltato pagina, da domani c’è anche la lapide su questi sogni. In eredità lasciano ricordi indelebili e tanta buona musica. Amen.

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