Parco Lago Del Bosco, Toritto (BA)
Introduzione e report a cura di Francesco La Tegola
Foto di Silvia Minenna
Un Sole insolitamente mite saluta l’orda di metallari accorsi nei boschi di Toritto (Ba), dove per la nuova edizione del Total Metal Festival è stato allestito un vero e proprio villaggio medievale, con tanto di figuranti, ospedaletti, attività come tiro con l’arco, scherma medievale e persino una gogna. Bill ricco di realtà emergenti ed headliner di prim’ordine per l’edizione più ambiziosa della storia della manifestazione. Non è stato facile ottenere cifre ufficiali riguardo gli ingressi, perché nel corso della giornata il lavoro e gli imprevisti sono stati tali da impedire al personale ogni perdita di tempo, quindi stimiamo un’affluenza attorno ai millecinquecento paganti, forse qualcuno di più. Gli headliner sono di tutto rispetto e probabilmente, con qualche nome più robusto da inserire nel mezzo del bill, la qualità sarebbe potuta essere ulteriormente elevata. Un black out verificatosi prima del set dei Dark Funeral e durato all’incirca un’ora ha fatto temere ai più una soluzione simile a quella adottata solo un paio di settimane prima dagli organizzatori del Rock in IdRho, ma fortunatamente i tecnici sono stati in grado di risolvere l’inconveniente ed il concerto è potuto proseguire.
Per chi ha visto nascere e crescere il TMF, quest’edizione è stato un importante passo avanti che cancella definitivamente lo status di festival locale, sebbene per arrivare al Gotha dei festival internazionali ce n’è di strada da percorrere. Ma siamo fiduciosi.
WITH ALL THE RAGE
Una volta arrivati nel suggestivo Parco Storico, la prima band è già sul palco. Si tratta dei siciliani With All The Rage, che sfoderano un rabbioso deathcore pieno di riferimenti a Pantera ed Extrema. Performance breve ed intensa, peccato che ci fosse ancora poca gente a godersela.
YOUR TOMORROW ALONE
Davvero interessanti i salernitani Your Tomorrow Alone, che con rimandi ai vari Paradise Lost (gli ultimi), Anathema e Novembre hanno regalato un buon momento di riff melodici e delicati, con sapienti accostamenti a parti più toste e violente, un valido equilibrio tra growl e voce pulita. Ottima performance. Da tenere d’occhio.
SLEEPING SHOCK
Tocca al prog metal dei giovani Sleeping Shock, altra realtà emergente locale. I ragazzi sono molto bravi e nel loro sound si colgono citazioni a bizzeffe, dai Dream Theater ai Symphony X, ai Pain Of Salvation. Non fossero così plastici e derivativi, sia sul palco che nel songriting, di contro a una tecnica eccellente, sarebbero stati una delle band migliori del festival. Confidiamo nella naturale maturazione stilistica.
SYMBOLYC
Arriva il momento dei campani Symbolyc, uno dei nomi più interessanti del nostro undeground. Col loro death tecnico e potente, l’ottima presenza scenica e l’attitudine sincera possiamo dire che i ragazzi hanno fatto un’ottima impressione sia di fronte al pubblico che al sottoscritto.
SUBLIMINAL FEAR
Altra realtà di casa, i deathster Subliminal Fear, pesantemente influenzati dalla scena svedese, In Flames e At The Gates su tutti. Con un nuovo vocalist tosto e incisivo, anche se a nostro parere meno dotato del precedente, i ragazzi hanno suonato benino, con qualche sbavatura dovuta a problemi audio e un paio di errori. In ogni caso lo swedish-death dei Subliminal Fear funziona e vederli on-stage è sempre un piacere.
REAPTER
È la volta del thrash anni Ottanta dei Reapter, un’energica band capitolina molto influenzata dalla scuola americana, dagli Anthrax passando per i Whiplash, fino a giungere agli Overkill. I ragazzi hanno un sound tosto e piacevole, con influenze heavy, ma si tratta tutt’al più di un buon revival. In ogni caso i Reapter sono degli animali da palco, in grado di coinvolgere il pubblico e far cantare anche chi, come la maggior parte dei presenti, non conosceva i pezzi.
FAKE MORS
I Fake Mors non sono stati affatto male, considerando che si tratta di poco più che ragazzini, e sono dotati di un bagaglio tecnico non indifferente. Il punto, però, è che hanno avuto un sound fin troppo freddo e pulito, con brani dal minutaggio eccessivo e un songwriting talmente raffinato da risultare poco incisivo, almeno in sede live; insomma, un thrash-death molto melodico che guarda al passato con le melodie a là Metallica e al presente coi break arricchiti da una ritmica complessa e tosta, piena di tempi irregolari. Peccato anche per qualche problema audio che ha accompagnato gran parte della performance.
GOLEM
Arriva il momento per le celebrità locali, i Golem. Tornati recentemente all’attacco con un nuovo album che accantona in parte le influenze swedish-death iniziali, a favore di un sound più corposo e carico di influenze rock moderne. La performance è difatti ottima, raccoglie molta gente sotto al palco , gente che si vede scaricare addosso i brani dell’ultimo lavoro ‘One Bullet Left’. Prestazione sopra le righe, con un ottimo lavoro della chitarra solista, con assoli da capogiro, della ritmica e l’accostamento di growl e voce pulita. Una delle esibizioni migliori finora.
KENOS
Personalmente, il sottoscritto aveva grandi aspettative per la performance dei Kenos, band conosciuta anni fa tramite gli ultimi due album e l’ottimo mini “Nightmare To Samara”. E difatti i lombardi hanno letteralmente assalito il pubblico del TMF col proprio thrash-death violentissimo e moderno, dotato di un pesantissimo groove, di riff melodici affatto banali e passaggi techno-death da capogiro. Ovviamente il pubblico risponde, poga e la sensazione che serpeggia è che la qualità vada piano piano in crescendo.
SUBLIMINAL CRUSHER
Non hanno bisogno di presentazioni le bestie umbre Subliminal Crusher, che sfoderano subito un assalto thrash-death che spinge al pogo buona parte dei presenti, che alla fine faranno pure un wall of death. Il loro sound risente molto della scuola europea (The Haunted, Hatesphere, Darkane), ma l’attitudine è tipicamente americana, coi break e la violenza assurda. Sempre meglio.
METHEDRAS
Ancora meno presentazioni per i Methedras, realtà oramai consolidata nell’underground italiano. Autori pure loro di un thrash-death moderno e tostissimo, sul palco hanno dimostrato la meritata fama di macchina da guerra che si sono fatti nel corso della loro carriera. A metà strada tra death moderno e thrash classico, i lombardi hanno letteralmente attaccato il pubblico con la loro sana dose di violenza strabordante, chiudendo con l’immancabile “Free To Hate”. Clamorosi.
SCREAM BABY SCREAM
Make-up e sangue finto per i milanesi Scream Baby Scream, band schock-rock fautrice di un sound che chiama in causa Marilyn Manson, Misfits, Wednesday 13, Alien Sex Fiend. I ragazzi si presentano ‘bene’: il tastierista con una mini-tastierina inzaccherata di sangue e un microfono-flebo e il cantante che si muove con una grande teatralità. In tutta onestà, il sound non è originalissimo ma quantomeno è compatto e senza sbavature, senza contare che sul palco la band ci sa fare. Simpatica la chiusura affidata a una personale re-interpretazione di “Bad Romance” di Lady Gaga.
SADIST
Arriva il momento dei big, e chi meglio di Trevor dei Sadist può rendere l’idea? La band sfodera subito le sue armi migliori con brani presi dall’ultimo album e da “Tribe”, dimostrando che, nonostante gli anni, lo smalto fatica a venir via. Impressionante a dir poco la performance di Tommy Talamanca nel doppio ruolo di chitarrista e tastierista, spesso costretto a far entrambe le cose contemporaneamente. La band va dritta come un treno fino alle mitiche “Tearing Away” e “Sometimes They Come Back”, eseguite alla perfezione con tanto di ovazioni ed esplosione di entusiasmo. Perfetti, non c’è altro da dire.
DARK FUNERAL
Durante il cambio di palco tra Sadist e Dark Funeral accade l’imprevisto. Saltano tutte le luci di stand, mixer e palco, e cala una silenziosa oscurità sul villaggio, in cui regna lo sbigottimento generale. Lo staff si affanna per riparare il guasto, mentre l’organizzatore cerca di tranquilizzare il pubblico dal palco. Passa più di un’ora, i mormorii cominciano a diventare fischi e urla e la tensione è sempre più palpabile, fino a che il palco e gli stand si accendono all’unisono, come un albero di Natale, tra il sollievo generale. Dopo un veloce soundcheck, con scaletta leggermente ridotta per forza di cose, i Dark Funeral sono sul palco. Cominciamo dal nuovo vocalist Nachtagam: non possiede neanche lontanamente la teatralità di Emperor Magus Caligula, ma la voce e l’attitudine ci sono tutte. La band suona potente e decisa, non sbaglia un colpo, esegue le immancabili “The Arrival Of Satan’s Empire”, “Vobiscum Satanas” e la devastante “My Funeral”, brano che ha chiuso la performance infuocata degli svedesi. Devastanti e impressionanti nonostante la scaletta rimaneggiata e un’evidente stanchezza mascherata con grande professionalità.
TESTAMENT
Fervono i preparativi per i Testament, quando il sottoscritto assiste a una delle scene più belle di tanti anni di concerti: la band scherza nel backstage insieme a due bambine piccolissime che ‘nuotano’ in una T-shirt sbiadita autografata da tutti i componenti. Dopo questo simpatico siparietto, i californiani salgono sul palco e attaccano con “Rise Up”, direttamente dal nuovo album “Dark Roots Of Earth”. Si procede con “The New Order” e il classico devastante “Into The Pit”. La band è in forma smagliante, Chuck Billy saltella sul palco con una mini-asta luminosa con cui fa air-guitar, facendo il verso a un Alex Skolnick sopra le righe. Chiedete di Gene Hoglan? Volete sapere come se la cava lì dietro alle pelli? No, dico, scherziamo? Che domande sono? Intanto si procede con classiconi come “The Preacher”, “Practice What You Preach” e brani più recenti come “More Than Meets The Eye”, il nuovo singolo “Native Blood” e la title track del nuovo album, molto cadenzata e dal gusto Metallica-Black Album, suonata per la prima volta dal vivo. Arriva l’ora della devastazione con “Over The Wall”, che come potete immaginare ha scatenato un pogo infernale. Si chiude presto una performance devastante da parte di una band super-professionale, che ha molto ancora da dire e che continua ad emozionare metallari di ogni parte del mondo.