A cura di Lorenzo Mirani
La giornata più importante del festival prevedeva nel bill grossi nomi come quelli di Virgin Steele e Omen (prima apparizione in assoluto in Italia, per questi ultimi!), più una serie di band emergenti, più o meno conosciute, che facevano da supporto a questi nomi noti della scena heavy metal; per problemi organizzativi (nonché grazie ad una conferenza stampa coi Virgin Steele, che avrete modo di leggere al più presto su queste pagine!) non siamo giunti a Tradate in tempo per seguire tutto il festival, ma abbiamo raggiunto l’area concerti all’inizio dell’esibizione degli Hyades. Dunque, dopo aver ricordato ancora una volta l’efficienza organizzativa che vigeva all’interno dell’area adibita ad arena musicale, passiamo a raccontarvi passo per passo le esperienze più significative di questa indimenticabile giornata!
HYADES
Dopo lo show dei toscani Twilight Zone è il momento dei lombardi Hyades, ormai affermati nel circuito underground dopo l’ultimo demo (“No BUllshit… Just Metal”), che si presentano sul palco, come loro tradizione, con un look che farebbe invidia a qualsiasi thrasher figlio degli anni ’80 come il sottoscritto (una menzione d’obbligo va al chitarrista e ‘collega’ Lorenzo ‘Txt – look giusto’ Testa), e sparano su un pubblico già abbastanza gasato le loro cartucce migliori tratte dagli ultimi demo, con due chicche speciali in chiusura: la storica “Hyades”, dedicata ai veri aficionados della band, e la cover degli Exodus “Fabolous Disaster”, che non ha mancato l’obiettivo che si proponeva, e cioè quello di far scatenare tutti i presenti. Insomma, una band d’impatto e dal look sfavillante per una prestazione degna di menzione, anche se ci sono ancora degli angoli che andranno smussati in futuro.
DOOMSWORD
Dopo l’energico speed/thrash propinato dagli Hyades, sale sul palco la prima band che aprirà le danze al trionfo epic metal della serata: trattasi dei Doomsword, band nostrana già affermata con alle spalle tre dischi che si richiamano all’operato di Candlemass, Bathory e Omen, e che quest’oggi ha regalato al pubblico un’ottima prestazione, presentando soprattutto pezzi tratti dai recenti “Resound The Horn” e “Let Battle Commence”, e dedicando un pezzo in apertura ad uno dei maggiori ispiratori della loro musica, purtroppo deceduto soltanto poche settimane fa (stiamo ovviamente parlando di Quorthon, mastermind dei Bathory). Precisi a livello sonoro quanto d’effetto on stage (non sono mancati in scena corni vichinghi e abiti adatti all’occasione!), i Doomsword sono riusciti a conquistare la platea grazie al loro metallo lento e fiero d’importazione vichinga, ed hanno aperto nel migliore dei modi ai due pezzi grossi dell’epic metal che si sono presentati on stage dopo di loro.
OMEN
Ecco il motivo per cui molti si sono presentati a questo festival: la prima calata italica degli Omen che, nonostante una carriera ventennale, non avevano mai avuto modo di fare tappa nel Bel Paese; e c’è da dire che l’inizio non poteva essere dei migliori, perché la band capitanata da Kevin Goocher si presenta sul palco senza nessun fronzolo sparando sul pubblico alcune delle sue cartucce migliori, come la storicissima “Deathrider” e le altrettanto entusiasmanti “Ruby Eyes” e “Dragon’s Breath”, dimostrando tutto il suo carisma e la sua voglia di essere ancora qui per suonare un genere ormai sorpassato dalle tendenze moderne, quale è l’epic metal anni ’80. Dopo alcuni pezzi tratti dai due album della reunion (ci riferiamo agli scialbi “Reopening The Gates” ed “Eternal Black Dawn”), a dir la verità non molto apprezzati dal pubblico, è di nuovo tempo per i classici, ed allora ecco “Termination”, “Warning Of Danger” e la stupenda “Battle Cry”, prima di una chiusura affidata alla mitica “Teet Of The Hydra”, tratta da “The Curse”, terzo album della band. Niente compromessi, niente modernismi: questo è l’epic metal degli Omen, fatto solo di sangue, sudore e passione: prendere o lasciare, ma una cosa è certa: quest’oggi la band dell’ex-Savage Grace Kenny Powell ha dimostrato tutto il suo valore.
VIRGIN STEELE
Ecco il momento che tutti aspettavano: sembra ormai un’abitudine, poiché negli ultimi anni ogni estate ha visto una calata italica dei Virgin Steele, ma ogni concerto della band è sempre un evento imperdibile, e così sembra anche oggi, data la grande affluenza che ha registrato il contenuto impianto sportivo di Tradate. Sembra quasi impossibile da credere, eppure la band ha concesso a tutti i suoi beneamati fan italici ben tre ore piene di concerto, spaziando nella propria scaletta da vecchissimi classici ormai quasi dimenticati (su tutte la mitica “Guardians Of The Flame”) agli ultimi successi legati al nome dei due “House Of Atreus” (su tutte “Wings Of Vengeance” e “Kingdom Of The Fearless”). Un pubblico soddisfattissimo ha avuto modo di godersi veramente le mille sfaccettature attraverso le quali la band è passata nel corso degli anni, dalle primigenie “Noble Savage” ed “Angel Of Light” fino alle più recenti ma altrettanto coinvolgenti “Invictus”, “Gate Of Kings” e “Great Sword Of Flame” (contornata, come sempre, dal siparietto che vede David salire on stage con in mano una spada infuocata); soddisfazione ancora maggiore, se la consideriamo contornata da un’ottima prova di gruppo da parte dei quattro americani (eccetto qualche problema tecnico per Pursino su una canzone), che hanno dimostrato ancora una volta di saper conquistare, anima e corpo, tutti i metalhead del nostro paese, che non hanno esitato a ricambiare con delle grandi ovazioni. L’ennesima grande prova per una grande band, sia nel corpo che nello spirito: l’ultimo punto, infatti, doveroso da sottolineare, riguardala disponibilità tenuta dai Virgin Steele nei confronti di tutti i presenti, che sono stati intrattenuti da DeFeis e soci ad uno stand, e hanno visto realizzata la possibilità di ricevere autografi e farsi fotografare insieme ai propri beniamini.