07/06/2014 - TRAGEDY + RISE ABOVE DEAD + ROGUE STATE @ Ligera Club - Milano

Pubblicato il 15/06/2014 da

A cura di Giovanni Mascherpa

Tragedy è un’idea. Tragedy è un percorso di vita. Tragedy è una lotta senza quartiere e senza sosta contro le tirannie e i distruttori del mondo. Tragedy è un polo d’attrazione per chi cerca lo strumento migliore per sfogare la propria rabbia, le proprie frustrazioni e il dissenso profondo verso il silente girotondo attorno al nulla perpetrato dalle masse. Assistere a un concerto dei quattro di Portland non è impresa facile: le date che tengono sono poche, e non le strombazzano ai quattro venti. I Tragedy non hanno un sito, non si promuovono, aborrono qualsiasi dichiarazione che non passi attraverso la musica. Si fatica persino a trovare immagini della band nel mare magnum di internet. Questo atteggiamento e la caratura sopraffina della musica, un crust/punk/d-beat rutilante, negativo e visionario come pochi, se non nessuno, ha creato un culto di ardua spiegazione se non si è bene addentro alle logiche DIY e all’ambiente anarco-punk da cui la band proviene. Il trittico di date italiane è stato presentato sommessamente, tramite scarni comunicati, senza supporti organizzativi se non quelli di amici e conoscenti stretti del gruppo, che sono riusciti a portarli a suonare in location forse poco rinomate, ma ideali ai personaggi in questione e all’atmosfera che avvolge i concerti degli autori di “Vengeance”. Eccoci allora tra gli stretti spazi del Circolo Ligera, nell’angusta cantina che costituisce la zona inferiore del locale di Via Padova 133 a Milano, a celebrare e rinfocolare una leggenda. Una nutrita porzione dell’Italia nazionalpopolare, nel frattempo, sta intonando le solite quattro canzonette allo stadio di San Siro, sdilinquendosi per il decotto Liga. Coincidenza grottesca…

Tragedy - immagine concerti Ligera - 2014

ROGUE STATE
La torrida serata milanese, nel primo giorno realmente estivo di quest’anno, ci fa pensare che cento-centocinquanta persone sotto una volta alta poco più di due metri e senza finestre possano creare un effetto sauna in pochi minuti. Ci sono tre ventilatori su un lato del sotterraneo adibito a sala concerti, ma vedremo che basteranno a poco quando il luogo sarà gremito… Almeno per i primi due gruppi, invece, si riesce ancora a respirare e a non sudare eccessivamente. Aprono i Rogue State, neonata compagine punk vecchia maniera che vede alla batteria Vita degli Ufomammut. I quattro sono al primo concerto e devono ancora registrare i primi inediti, e stasera hanno l’atteggiamento di chi sta suonando in sala prove davanti agli amici, senza stare a prendersi troppo sul serio. Vita è infastidito dalle luci sparategli direttamente in faccia, un po’ lo accecano, un po’ aumentano il bagno di sudore e lo costringono ad alcune pause tra un pezzo e l’altro. Notiamo con piacere che si sente più che dignitosamente, visto l’impianto presente ci saremmo aspettati un sonoro fuori controllo e invece livelli e nitidezza sono fin dal principio assolutamente soddisfacenti. I brani dei Rogue State sono brevi e piuttosto semplici, anche se qualche filler fuori dagli schemi salta fuori dalla sezione ritmica, che fa valere l’esperienza in stilemi ben diversi da quelli punk. Senza darci chissà quale scossone, i Nostri tengono viva l’attenzione con una musica d’altri tempi, in cui si mescolano l’hardcore punk di scuola americana, inglese e italiana, mantenendo un certo distacco da partiture troppo violente e trovando infine una vaga similitudine con gli Indigesti, vuoi soprattutto per una voce leggermente lontana e non invasiva rispetto agli altri strumenti. Un discreto antipasto.

RISE ABOVE DEAD
La presenza dei Rise Above Dead si giustifica con il background della band e con il mood apocalittico dell’attuale veste sonora del combo, che potrebbe ricordare in qualche modo la densità ammorbante dell’ultimo disco dei Tragedy. Da tempo approdati a una dimensione meramente strumentale, i ragazzi tessono arazzi di note mutevoli, ma con parsimonia, rinunciando a cambi di atmosfera bruschi e trancianti per far crescere, assimilare e infine scomparire, in una nuova immagine e in un differente contesto, quanto prima costruito. I Rise Above Dead prendono un andamento, un riff, un pattern ritmico, e lo lavorano allo sfinimento, come fosse un disegno a cui aggiungere un po’ alla volta nuove pennellate, nuovi colori, lineamenti prima solo abbozzati. Volgarmente parlando, quella che sentiamo è una buona rilettura dei Neurosis e degli Isis più delicati, con qualche annerimento di metal tout-court e, sul versante più addolcito, del post-rock meno esile. Rispetto alla maggioranza degli ensemble strumentali i Rise Above Dead fanno leva su durezza di intenti e dinamiche irruente, azzerando ogni possibile onanismo strumentale. Traspare qua e là l’ossessività degli Amenra, altro aggancio a una realtà di valore che contribuisce a dare sostanza all’intera performance. Di fronte a un pubblico di estrazione crust non è semplice farsi benvolere con una proposta d’atmosfera come questa, però i presenti reagiscono bene, sia numericamente che per attenzione mostrata alla band. Chi scrive avrebbe gradito qualche parte più focosa e maggiori spigolosità in alcuni passaggi, ma rimane questa una prospettiva molto personale, che non intende assolutamente sminuire un’esibizione all’altezza del contesto in cui i Nostri sono stati inseriti oggi.

TRAGEDY
Belli accaldati e attraversati da adrenalina pompante, ci assiepiamo dalle parti del piccolo e basso palco del Ligera. C’è da prendere la scossa da quanta elettricità è presente nell’aria, la fame di Tragedy è percettibilmente alta, gli occhi degli astanti brillano per la bramosia e la voglia di scatenarsi. Accanto ai crust/punkers di lunghi e perigliosi vissuti troviamo molti ragazzi giovani, in lotta per accaparrarsi le prime posizioni per il macello. Finalmente ci siamo, le luci si abbassano – all’inizio quasi scompaiono, i Tragedy avevano chiesto di attutirle perché troppo forti e dirette negli occhi – e la rivolta, la lucida strategia di abbattimento dei poteri costituiti, tramite un intelligente attacco alle fondamenta del potere, può travolgerci. E sono gran granate quelle che scoppiano addosso, molotov di note che innescano centrifughe di corpi che di caldo e spazi stretti se ne fregano e si abbattono gli uni sugli altri, scivolando su un pavimento diventato pista di pattinaggio dopo pochissimi minuti. Nuotiamo nell’umidità e tra persone elevate al soffitto dai vicini, portate avanti e indietro sopra la folla. I suoni sono clamorosamente perfetti, all’impianto del Ligera non avevamo dato molte chance di mantenere intatte ferocia, nitidezza e compattezza del Tragedy-sound, e invece ci godiamo ogni piccolo dettaglio come se i pezzi stessero prorompendo dalle casse dello stereo domestico, ovviamente centuplicati negli effetti dirompenti. Il doppio rauco vociare di Todd Burdette e Billy Davis è quello che chiunque vorrebbe sentire uscire dalla propria gola quando deve, o semplicemente vuole, scagliarsi contro qualcosa o qualcuno e devastarlo con le proprie espressioni più livorose. Le chitarre emanano l’epica drammaticità di un’umanità votata al suicidio, ancora capace di scuotersi e di lottare ma prossima al ridursi in polvere. Sono inni di disperata opposizione a regole assurde e comportamenti tirannici quelli che sentiamo, e non possiamo fare altro che unirci alla band e urlare, disunirci e ricomporci nella nostra vitalità finalmente libera di esprimersi, fuori dagli intorpidenti contesti sociali assuefatti alla routine lobotomizzante. Inutile aspettarsi grandi discorsi, proclami, facezie al di fuori dell’incendiaria musica sparataci addosso, non sarebbe giusto e non gliene fregherebbe nulla a nessuno. Il clima – inteso a livello umano, dell’afa equatoriale abbiamo detto – è obiettivamente da sballo, abituati a tanti concerti underground con un pubblico abbastanza fermo, assistere al delirio e all’allentamento dei freni inibitori di questa sera è uno spettacolo a cui valeva la pena assistere. Il bombardamento, incessante, ha le sue munizioni più letali nel materiale di “Vengeance”, padrone della scena nonostante il disco più recente della formazione sia un altro, “Darker Days Ahead”, comunque rappresentato sulle assi del Ligera. Dalla pietra miliare del 2002 arriva di tutto e di più: siamo inondati da “Beginning Of The End”, “Call To Arms”, “Conflicting Ideas” e altro ancora. I Tragedy sono la quintessenza del crust/d-beat, riassumono ogni peculiarità di questo stile di musica e di vita, e ciò appare ancora più evidente dal vivo. La brutalità ferale dei loro inni è infettata nel midollo da melodie pessimiste, grigie e spesse come quelle del doom più mortuario, ma portate a eccitare gli animi invece che ad abbatterli. Pugni alzati, occhi iniettati di sangue, tendini tesi come bestie incatenate che stanno per scardinare il giogo che li tiene legati, musicisti e paganti – si fa per dire, 7 euro per un gruppo del genere vanno considerati un’offerta votiva – sono lanciati in un unico abbraccio di carni e sentimenti. Si entra e si esce dal pogo fradici di sudore, si urla senza posa, ci si delizia di una droga mentale benefica e bastonante. La band è perfetta, non le si può chiedere nulla di più di quello che offre, perché è il massimo possibile: trovarle un difetto significa semplicemente aver sbagliato concerto per il critico di turno. Alla fine, quello che resta sono magliette inzuppate, un pavimento e un palco allagati e una diffusa soddisfazione. Giri lo sguardo a destra e a manca, e vedi solo contentezza. Mi sa che ci ricorderemo a lungo di una notte del genere…

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