Report a cura di Matteo Cereda
Serata di grande prog all’Alcatraz di Milano in cui vanno in scena i Transatlantic. La super band che annovera tra le sue file membri di Dream Theater, Marillion, Flower Kings, più l’ex Spock’s Beard Neal Morse e il tuttofare Daniel Gildenlow (Pain Of Salvation) come guest, è reduce dalla pubblicazione del nuovo album “Whirlwind”, che aggiunge il terzo tassello discografico dopo una pausa durata cinque anni. L’attesa per vedere all’opera questi straordinari musicisti è dunque avvalorata dalla pubblicazione di questo ottimo disco e giustifica il locale milanese gremito seppur in versione ridotta.
TRANSATLANTIC
Accompagnati dal grande incitamento del numeroso pubblico presente, i cinque fenomeni si presentano sul palco e danno subito vita all’esecuzione della titletrack e unica traccia dell’ultimo lavoro in studio. Una suite di oltre un’ora suddivisa in varie tracce, che i Transatlantic interpretano con massima fedeltà e l’immancabile perizia tecnica di sempre. Al microfono si alternano Neal Morse (anche alle tastiere) e Roine Stolt (principalmente alla chitarra), aiutati dall’ottimo impianto corale imbastito dalla band al completo con Daniel Gildenlow (prevalentemente alla seconda chitarra) protagonista. La resa sonora è buona, anche se in alcune zone del locale i bassi paiono fin troppo insistenti, ma nel complesso non ci si può proprio lamentare dal momento che parliamo di un sound complesso e ricco di sfumature… ciò nonostante, si riescono a percepire tutti i virtuosismi dei vari strumenti. Al termine dell’interminabile prima canzone, la band si ritira per una pausa di dieci minuti utile anche al pubblico per staccare un attimo la spina prima della seconda parte di concerto, dedicata ai due dischi precedenti l’ultimo, ovvero il debutto “SMPT” e “Bridge Across Forever”. Il rientro in scena prevede l’esecuzione di “All Of The Above”, altra traccia molto complessa e dal minutaggio elevato, mentre per spezzare nuovamente la tensione Neal Morse ci regala una grande interpretazione emotiva nel lento d’autore “We All Need Some Light”, prima dell’ottima “Duel With The Devil”, contraddistinta dalle partiture più heavy ed oscure che la band abbia mai scritto. Dopo una nuova breve pausa è il momento dei bis finali richiesti a gran voce dalla folla. Inizialmente entrano Morse e Stolt che danno vita ad una toccante versione di “Bridge Across Forever”, titletrack del secondo lavoro in studio, poi i Transatlantic al completo irrompono nuovamente sul palco e subito Daniel Gildenlow catalizza su di sé l’attenzione dei presenti indossando una maglietta dell’Inter di Samuel Eto’o per festeggiare lo scudetto appena vinto. Nel finale lo spettacolo diventa ancor più avvincente, con i vari musicisti che si scambiano gli strumenti: Neal Morse passa alla batteria, Portnoy al basso e Trewavas alle tastiere, mentre Stolt e Gildenlow mantengono i propri ruoli; con questa formazione rinnovata, la multinazionale del prog incomincia ad improvvisare e arriva l’omaggio all’indimenticato cantante dei Black Sabbath, Rainbow e solista, Ronnie James Dio, con degli accenni di “Heaven And Hell” e “Holy Diver”, cantate rispettivamente da Portnoy e Gildenlow. Prima di salutare definitivamente il pubblico italiano, i Transatlantic ricompongono la formazione classica per eseguire “Stranger In Your Soul”, ideale chiusura di un bellissimo spettacolo per qualità e quantità (quasi tre ore di show), in cui si sono alternati momenti di grande emozione, di grande perizia tecnica e di grande divertimento. Se l’ascolto di un intero disco dei Transatlantic può sembrare un po’ pesante, lo spettacolo dal vivo offerto da Portnoy e soci si è dimostrato di gran lunga più vivace e coinvolgente.