SANCTITY
Per essere il primo gruppo della serata, e per essere le otto in punto, il locale è già popolato e la gente è già calda. Non importa se si comincia a provare fastidio per la mancanza di ossigeno, i ragazzi del North Carolina dimostrano di voler spaccare: è da subito puro headbangin’ l’assalto dei Sanctity, band che deve tutto agli headliner di stasera, in quanto proprio Matt Heafy li ha scovati e li ha consegnati nelle mani di Monte Conner (A&R della Roadrunner). Incredibile notare come i presenti rispondano con grande partecipazione a Jared, frontman magnetico che colpisce con la chioma rosso fuoco, battezzando il gruppo in maniera assolutamente degna sul suolo italico. Certo la formazione stava veramente stretta sul palco dimezzato dalla enorme batteria dei Trivium, ma non l’hanno fatto assolutamente notare regalando una prova convincente e movimentata. “Zeppo” e “Beneath The Machine” sono gli highlight di una prestazione davvero buona.
ANNIHILATOR
Dopo la mezz’ora dei Sanctity è già impossibile restare all’interno di un Rainbow senza aria condizionata, spiragli o finestre, infatti quasi tutti i presenti sono costretti ad uscire dal locale per respirare. I leggendari Annihilator sono tornati e chiedono attenzione per il nuovo “Metal”, album energico e zeppo di collaborazioni importanti. Ovvio che per importanza storica al gruppo di Jeff Waters si deve rispetto di Sanctity e Trivium messi assieme, ma oggi come oggi chi vende di più diventa headliner, così è Corey Beaulieu a presentare “One of the greatest bands of all time” (esagerato, ndR) ai metalhead che riempivano il locale. La formazione si impegna e i classici “Never, Neverland” e “Alison Hell” rendono ancora bene dal vivo, ma la performance zoppica, soprattutto per il caldo asfissiante che comincia a mietere vittime: la grande maggioranza del pubblico è immobile e frastornata, qualcuno si rifugia sotto uno dei pochi ventilatori, e la band è evidentemente più spompata che su disco. Corey Dei Trivium e Jared dei Sanctity saltano sul palco per dare il loro contributo, mentre Dave Padden dimostra di essere un buon cantante, ma è chiaro che la maggior parte dei presenti sta aspettando gli headliner…
TRIVIUM
Chiaccheratissimi, giovanissimi, amati dal pubblico, odiati dagli addetti ai lavori, i Trivium sono un gruppo che catalizza l’attenzione nel bene e nel male. Non è un mistero che in inghilterra siano enormi (vedi report), la Dean Guitar gli ha messo in mano le nuove chitarre Dime Razorback con la benedizione della vedova Darrell, il batterista Travis Smith ha le sue bacchette firmate… in Italia però il gruppo è ancora di medie dimensioni, confinato al Rainbow senza nemmeno il completo sold-out: l’infuocato club meneghino si prospetta una bella prova per i giovani retro-metaller con ambizioni da rockstar. Eppure lo spettacolo è stato estremamente godibile. Introdotti da “One Winged Angel” (tratta dal videogioco Final Fantasy) i quattro saltano sul palco e non si fanno problemi a dare il massimo con “Entrance of the Conflagration”, che anima un pubblico davvero inossidabile date le critiche condizioni termiche. Il set pende naturalmente verso l’ultimo “The Crusade”, reso in maniera anche più energica che su disco, complici le vocals imbastardite di Heafy (in controtendenza rispetto all’Heineken dell’anno scorso) e il contributo di Beaulieu al microfono, che si occupa quasi interamente dei growl: il duo è dinamico e affiatato, come quando si tratta di frustare le spettacolari Dean per cavalcate e assoli con headbangin’ incorporato. Trovano spazio, nella setlist di ottanta minuti, anche dei pezzi dal debutto su Lifeforce “Ember to Inferno”, che si allineano nell’esecuzione alle hit del gruppo. “To The Rats”, “We Are The Fire”, “Like Light to the Flies”,”Detonation” sono compattissime, quanto “A Gunshot to the Head of Trepidation” e la conclusiva “Pull Harder on the Strings of Your Martyr”. Matt interrompe una canzone a metà per permettere ai soccorsi di raggiungere una ragazza svenuta, e continua a ripetere di non schiacciare i presenti delle prime file: un frontman premuroso e oggettivamente carico, che ha sopportato in scioltezza la temperatura infernale e ha regalato una prova piacevole. Certo la strada da percorrere è lunga prima che i Trivium si meritino grandi appellativi e soprattutto, scesi dal palco, i ragazzi potrebbero comportarsi molto meglio, ma per certi interrogativi solo il tempo avrà una risposta. Per ora i Trivium sono stati protagonisti di un concerto convincente: siamo finalmente vicini a una rinascita del thrash?