A cura di Maurizio ‘morrizz’ Borghi
Foto di Francesco Castaldo
I Trivium tornano puntualmente dall’affezionato pubblico italiano, concludendo col concerto del 18 febbraio il tour europeo in compagnia di Battlecross (thrash certificato Metal Blade) e Miss May I (metalcore in ascesa su Rise): ventuno giorni intensi con diciassette concerti, che nel Regno Unito hanno visto la partecipazione nientemeno dei Killswitch Engage. Come se la caverà la band dopo “Vengeance Falls”, un disco da molti giudicato non all’altezza dei predecessori?
BATTLECROSS
I Battlecross, dal Michigan, si autodefiniscono “Blue-Collar Thrash Metal”, ovvero “Metal Operaio”. Una definizione onesta testimoniando a questa apertura, dove viene riversata verso il giovane pubblico la proposta più estrema della serata. C’è molta farina dal sacco degli Slayer nel preparato dei capelloni, con qualche accenno alle proposte più tecniche ed “europee” à la Children Of Bodom, eseguite in maniera magistrale e con l’assetto favorevole di una configurazione audio molto buona. La band è carica a mille e non vuol sprecare un minuto, giustificando la fiducia di Metal Blade nei loro confronti e dimostrando di godere della chance ottenuta. C’è poco in setlist oltre “Force Fed Lies”, “My Vaccine” e “Push Pull Destroy”, ma tra headbang sincronizzati e corna in aria i Battlecross verranno ricordati con piacere. Niente di nuovo per orecchie allenate, ma una proposta molto gradevole e potenzialmente rivelatoria per i molti giovani presenti.
MISS MAY I
Coi Miss May I si cambia decisamente registro: il contrasto tra loro sonorità più modaiole e l’attitudine positiva dei giovani dell’Ohio nei confronti dei precedenti thrasher è notevole, sia per impatto visivo che per le sonorità, forse un po’ più allenate ai gusti dei presenti a giudicare dal riscontro che la band riesce a riscuotere. L’opener “Relentless Chaos” mette tutti a contatto con il corposo utilizzo di melodie vocali, come sempre alternate a uno scream/growl e a soluzioni musicali totalmente in linea con l’universo metalcore. La band è in ascesa soprattutto per la prolificità, la loro proposta è senza dubbio gradevole e la tenuta del palco è irreprensibile, ma in tutta sincerità chi scrive non è rimasto particolarmente impressionato da questa “prima volta” live. Forse abbiamo fatto un pensierino sulla t-shirt con lo slogan “Stay Fucking Metal”, ma nulla di più. Niente di personale.
TRIVIUM
Dopo l’intermezzo al Rock Planet di Pinarella ad agosto 2013, i Trivium tornano al Live Club di Trezzo, dove li ricordiamo piacevolmente in quell’ottima prova corale con As I Lay Dying, Caliban e Upon A Burning Body. Heafy e soci battono spesso il suolo italiano, di conseguenza si sentiva fortemente il bisogno di novità, soprattutto dopo la prova incerta di “Vengeance Falls”, un album che non ha soddisfatto molti. In questo senso ci sentiamo di poter donare al concerto di stasera una valenza positiva: per la prima volta infatti la band di Orlando monta una vera e propria scenografia, che alle giganti “T” a lato palco abbina una formazione rocciosa (o di ghiaccio?) davanti alla batteria. Nulla di particolarmente spettacolare, ma è sempre un inizio. In secondo luogo viene spesso criticata la maniacale pulizia del suono e la generale posa impostata del gruppo, la cui ricerca della perfezione stride pesantemente con l’immagine del metallaro selvaggio. Ecco quindi che qualche svista di troppo da parte del fonico ce li mostra finalmente imperfetti, alle prese con qualche sforzo per migliorare la performance a livello tecnico e sonoro, in una parola più umani. Il grande risalto al materiale degli ultimi due album ha il risultato ambivalente di rinfrescare la setlist e allo stesso tempo di abbassare la qualità media dello show, rendendo evidente quanto i Trivium credano nella bontà di “In Waves” e “Vengeance Falls”, e quanto comunque la maggioranza dei presenti lo supporti caldamente. Lo spettacolo scorre comunque liscio dall’inizio alla fine, con pochissimi intermezzi e scambi col pubblico. Nonostante gli ingressi in leggera flessione, non ci sentiamo di suonare un campanello d’allarme nei riguardi dei Trivium, soprattutto dopo aver osservato nuovamente quanto fedele e dedicato è il loro pubblico, che ha impreziosito anche quello che non è stato il loro concerto migliore con energia e coinvolgimento, cantando le parole, cantando le parti di chitarra e incitando a più riprese con il calcistico “olè olè olè, olè Trivium”.