Un ordinario venerdì sera di heavy metal underground: così si potrebbe definire la serata in programma presso lo Slaughter Club di Paderno Dugnano (alla periferia di Milano), che vede come protagonista la sempre ispirata e inossidabile realtà britannica che risponde al nome dei Tygers Of Pan Tang, accompagnati per l’occasione dai toscani Angel Martyr e dai romani Sons Of Thunder. L’affluenza non è propriamente eccelsa, ma il buon livello di partecipazione rende comunque una parvenza di giustizia al ruolo storico ricoperto dagli headliner della serata, i quali possono tra l’altro vantare una abbondante presenza italiana tra le loro fila – ma ne parleremo meglio più avanti, dopo che ci sarà passato il mal di testa provocato dal sound della prima band di stasera. Buona lettura!
SONS OF THUNDER
Poca varietà, originalità pressoché nulla, ma tanta capacità di intrattenimento e, soprattutto, tanto rock’n’roll. Queste sono le caratteristiche alla base della proposta di questi giovani rocker nostrani, il cui sound può ricordare una versione relativamente incazzata degli Ac/Dc o dei primi Accept, con risultati sicuramente encomiabili sul versante del fomento generale, pur senza fornire particolari guizzi stilistici. Il vero problema dello show dei Sons Of Thunder, come da noi accennato anche nel paragrafo introduttivo, sono i volumi da emicrania e orecchie sanguinanti, al limite dell’illegalità, che di fatto costringono alcuni presenti ad uscire dalla location o, comunque, ad allontanarsi dal palco, onde evitare un acufene che comunque non tarderà a palesarsi. Non ci sono chiari i motivi esatti che hanno portato a cotanta esagerazione, ma in ogni caso ci duole ammettere che ciò non ha giovato alla resa di una band il cui compito è palesemente divertire l’ascoltatore, possibilmente senza traumatizzargli il timpano. In ogni caso, seppur con un po’ di mal di testa, lo show di questi ragazzi è da promuovere, in attesa di poterli vedere nuovamente con dei suoni più adeguati.
ANGEL MARTYR
Fortunatamente i volumi vengono aggiustati prima dell’ingresso on stage di questo trittico di defender toscani, guidati dal frontman Tiziano Sbaragli. La loro setlist prende un po’ da entrambi i loro full-length attualmente all’attivo, e fa piacere notare che la band non si risparmia al momento di porre i propri omaggi ad alcuni illustri maestri scomparsi, tra cui il mitico Mark Shelton, leader storico dei Manilla Road. A livello di sound ed esecuzione la resa appare grezza e forse un po’ sporca, ma comunque molto funzionale e, soprattutto, ricca di cuore e genuinità: potremmo definirlo il suono dell’underground, che pur avendo qualche limite, fornisce un risultato davvero autentico e pregno di ciò che il metallo urlante proveniente dal sottobosco ha rappresentato e rappresenta ancora oggi. A livello vocale poi non abbiamo critiche da fare, in quando il buon Tiziano fornisce la sua miglior prova proprio in quel dipartimento, senza contare l’attitudine, elemento in cui tutti e tre i musicisti eccellono senza alcun ripensamento.
TYGERS OF PAN TANG
Una storica formazione britannica, che però in tempi recenti si è avvalsa della presenza di ben due membri di provenienza italiana – e ci riferiamo naturalmente al bravissimo chitarrista Francesco Marras, già membro attivo dei più che validi Screaming Shadows, e a quel gran cantante che risponde al nome di Jacopo Meille, la cui elegante e rockeggiante presenza arricchisce anche il comparto puramente scenico, oltre a quello musicale. La band capitanata da Robb Weir stasera sciorina una selezione di pezzi che definiremmo ‘flawless’, andando quindi buona parte della discografia, senza lesinare su classici come “Love Don’t Say”, “Gangland”, “Suzie Smiled” e l’obbligatoria “Hellbound”, ma anche proponendo estratti più moderni come “Keeping Me Alive”, “Only The Brave” e la recentissima “A New Heartbeat”. L’esecuzione generale è davvero ottima, impreziosita anche da degli assoli più tecnici e ricchi di sfoggi rispetto a quanto ricordavamo, proposti ovviamente dal giovane chitarrista sardo menzionato poco sopra. Buona anche la prova del recente ingresso al basso Huw Holding, ex membro di Blitzkrieg e Avenger.
Crea sempre un certo dispiacere notare un pubblico non foltissimo, ma la situazione purtroppo è spesso questa quando si parla di underground old-school; l’importante è che i presenti forniscano tutti gli omaggi e il feedback necessari per portare a casa un’esibizione colma di coinvolgimento generale, in quanto alla band si possono fare ben poche critiche su quel versante. D’altra parte, ancora pochi filoni musicali riescono a mandare in palpitazione il nostro cuore metallico ai livelli del caro e vecchio heavy metal.
Setlist:
Fireclown
Love Don’t Say
Destiny
Keeping Me Alive
White Lines
Gangland
Only The Brave
Raised On Rock
Don’t Stop By
Do It Good
Slave For Freedom
Damn You!
A New Heartbeat
Suzie Smiled
Hellbound
Don’t Touch Me There
Love Potion No.9 (The Clovers cover)

